Il presidente di Panama è in una posizione non facile
José Raúl Mulino non può inimicarsi gli Stati Uniti, tra i principali alleati del paese, ma neanche cedere alle pressioni di Donald Trump sul controllo del canale di Panama

Giovedì il presidente di Panama, José Raúl Mulino, ha accusato il governo degli Stati Uniti di avere diffuso «menzogne e falsità» sostenendo che le proprie navi militari non avrebbero più dovuto pagare un pedaggio per passare nel canale di Panama. Il giorno prima il dipartimento di Stato statunitense aveva dato la cosa per fatta, parlando di un accordo che in realtà non esisteva ed è poi stato smentito anche dal segretario di Stato Marco Rubio (l’equivalente del ministro degli Esteri). Negli ultimi mesi il presidente statunitense Donald Trump ha minacciato più volte di riprendere il controllo del canale, che da 25 anni è gestito da Panama.
Questa situazione ha messo in una posizione difficile Mulino, che è un alleato degli Stati Uniti e governa un paese che dipende da loro per l’economia e la sicurezza. È nell’interesse di Mulino mantenere buoni rapporti con Trump, ma al tempo stesso deve difendere l’autonomia di Panama: per questo ha usato toni più netti rispetto al passato. Venerdì alle 15:30 ora locale (le 21:30 in Italia) i due dovrebbero parlare al telefono.
Fin da subito l’annuncio del dipartimento di Stato sull’eliminazione dei pedaggi era stato contraddetto da un comunicato dell’Autoridad del Canal de Panamá, l’agenzia panamense che gestisce il canale. Giovedì Mulino si è detto sorpreso e ha definito «intollerabile» il fatto che il governo degli Stati Uniti avesse fatto una comunicazione istituzionale falsa.
Inoltre Mulino ha ricordato che i pedaggi per navi militari e sottomarini costano al governo statunitense tra i 6 e i 7 milioni di dollari (meno di 7 milioni di euro) all’anno, una cifra relativamente contenuta («Non è che stiano devastando l’economia degli Stati Uniti», ha detto Mulino). Dal 1998 in poi questi passaggi sono stati 994, lo 0,3 per cento del traffico del canale nello stesso periodo, e in tutto hanno comportato pedaggi per 25,4 milioni di dollari (24,5 milioni di euro). Peraltro le navi e i sottomarini statunitensi hanno già il diritto a saltare la coda delle navi mercantili.
Quando Rubio ha riconosciuto che non c’era un accordo, ha comunque ribadito che l’obiettivo del governo era ottenere quelle condizioni. La ritrattazione, insomma, non ha risolto i problemi di Mulino. Panama è assai esposta a eventuali ritorsioni statunitensi: il paese usa il dollaro come valuta e il 70 per cento del traffico nel canale parte o è diretto verso gli Stati Uniti. Complessivamente il canale offre entrate allo stato per 2,5 miliardi di dollari (2,4 miliardi di euro) ogni anno.
Per questa stessa ragione, finora Mulino era stato molto accomodante con Trump. Subito dopo essere entrato in carica, lo scorso maggio, annunciò che Panama avrebbe espulso tutte le persone migranti che entravano nel paese lungo la rotta che dall’America meridionale e centrale porta verso gli Stati Uniti. Inoltre il suo governo ha aumentato la collaborazione con le agenzie statunitensi nella lotta al narcotraffico, una delle priorità di politica estera e interna di Trump.

L’ingresso del canale di Panama, il 4 febbraio (AP Photo/Matias Delacroix)
Dopo una visita di Rubio, in questi giorni Mulino ha accontentato un’altra richiesta degli Stati Uniti, annunciando il ritiro di Panama dalla Belt and Road Initiative, nota anche come “Nuova Via della Seta”, il progetto promosso dalla Cina che prevede grandi investimenti su infrastrutture in tutto il mondo. Panama era stato il primo paese dell’America Latina ad aderire al progetto nel 2018. La Cina è centrale nelle preoccupazioni del governo degli Stati Uniti sul canale: Trump sostiene che oggi il canale sia in qualche modo controllato dalla Cina, e in questo modo giustifica la necessità per gli Stati Uniti di riappropriarsene.
Il governo di Panama ha sempre detto di avere il completo controllo dell’infrastruttura, anche se due porti su cinque sono affidati a una società (la Panama Ports Company) posseduta da un gruppo di Hong Kong (la CK Hutchison Holdings). La concessione di questi due porti risale al 1997 ed è stata rinnovata nel 2021 per 25 anni, ma la loro gestione non consente di influire sul traffico del canale, che è regolato dal governo panamense. Nei porti avvengono i rifornimenti di carburante, vengono caricate e scaricate le navi portacontainer, ma la navigazione nel canale viene poi gestita da personale panamense.
– Leggi anche: La storia del canale di Panama, e della sua restituzione
Recentemente Vincent Clerc, l’amministratore delegato dell’azienda di trasporto merci danese Maersk (la seconda più grande al mondo), ha detto alla CNN che finora il traffico nel canale «è stato più influenzato dalla carenza di pioggia che dai cinesi», riferendosi al periodo di grave siccità che nel 2023 aveva costretto le portacontainer a trasportare meno merci o limitare il loro peso.
Negli ultimi anni la Cina ha provato ad aumentare la sua influenza a Panama anche all’infuori del canale: dal 2018 a oggi i due governi hanno firmato una ventina di accordi per collaborazioni in ambito commerciale, bancario e turistico, oltre a vari progetti infrastrutturali inseriti nella “Nuova Via della Seta” (da cui come detto Mulino ha annunciato l’intenzione di ritirarsi).



