La Fiat Duna ebbe sfortuna
Non era poi così male e in Sudamerica andò benissimo, ma in Italia diventò oggetto di grandi ironie e sinonimo di auto brutta

Nel dicembre del 1992 Cuore, un popolare settimanale satirico di quel decennio, distribuì come allegato un calendario che gli appassionati di motori ricordano con una certa nostalgia ancora oggi, e che tuttora fa capolino in qualche occasione sui siti di compravendita online. Era composto da 12 foto che riproponevano gli stessi soggetti, un’automobile dal design squadrato e una donna in là con gli anni ritratta in pose goliardiche e volutamente esagerate, immortalati in scenari diversi e suggestivi: un sentiero di montagna alberato, una strada nel mezzo della campagna, la piazza vuota di una città e così via.
Il calendario si chiamava “Duna è…” e, come suggeriva il nome, era dedicato alla Fiat Duna, un famoso e disgraziato modello d’auto che la Fiat produsse tra gli anni Ottanta e Novanta, ricordato ancora oggi per le molte critiche che ricevette nel periodo in cui fu in commercio.
Ogni foto era accompagnata da una didascalia che enfatizzava le presunte “qualità” dell’auto (“Duna è comodità”, Duna è prestigio”, eccetera), e che contrastavano con le espressioni facciali enfatiche e divertite dell’attrice. Era uno dei tanti modi con cui venivano prese in giro le caratteristiche estetiche della Duna, che in quel periodo fu bersaglio di diffusissime ironie da parte di appassionati e addetti ai lavori, diventando l’archetipo dell’auto brutta per definizione, un ruolo che dieci anni più tardi fu rilevato dalla Fiat Multipla.

Il calendario “Duna è…”
Insieme ad altri modelli storicamente poco apprezzati dal punto di vista estetico, come la Pontiac Aztek, la SsangYong Rodius e l’Alfa Romeo Arna, la Fiat Duna è una presenza fissa nelle classifiche dedicate alle “auto più brutte di sempre” che vengono pubblicate periodicamente dalle riviste di settore, e negli anni è diventata anche la protagonista di alcune leggende metropolitane.
Secondo una delle più famose, una volta a Roma un tale Maurizio provò a metterne in vendita una con un chilometraggio piuttosto alto (98mila chilometri), precisando ai potenziali acquirenti di chiamare agli orari dei pasti. Inserì questa avvertenza anche sul cartello di vendita, su cui qualcuno poi scrisse con un pennarello: «magna pure tranquillo».

Una Fiat Duna Weekend, al centro, tra altri due modelli di Duna (Fiat Duna Club Italia)
Anche se fu venduta in Italia soltanto a partire dal 1987, in realtà la Duna era stata costruita due anni prima a Betim, in Brasile, dove la Fiat aveva aperto uno stabilimento. Fondamentalmente si trattava della versione “a tre volumi” (ossia suddivisa in tre ambienti, motore, abitacolo e bagagliaio) di un modello riuscitissimo: la Fiat Uno, una delle auto italiane più apprezzate e vendute nel mondo, realizzata nel 1983 e progettata dal rispettato designer italiano Giorgetto Giugiaro.
L’idea era realizzare un’auto destinata al mercato sudamericano che potesse sostituire la Fiat 147, la versione della Fiat 127 prodotta per il mercato brasiliano nel 1976, e che pur comparendo pochissimo nei listini ufficiali italiani fu venduta moltissimo in paesi come Brasile e Argentina.
Per farlo la Fiat scelse di preservare le forme della Uno, adattandole però alle esigenze delle famiglie grazie al bagagliaio più ampio e alla maggiore comodità assicurata ai passeggeri che sedevano nella parte posteriore; anche per questo motivo, veniva spesso definita una «Uno con la coda».
In Brasile l’idea funzionò. L’auto fu chiamata Fiat Premio, e ottenne fin da subito un successo enorme, al punto che nel 1986 la rivista di motori brasiliana Autoesporte la nominò auto dell’anno. La Premio ebbe un’immediata popolarità anche in altri paesi del Sudamerica, come la Colombia, il Venezuela, il Perù e l’Argentina, dove le fu dato per la prima volta il nome commerciale “Fiat Duna”. In questi paesi la produzione dell’auto sarebbe andata avanti fino al 2000, con ottimi riscontri commerciali.
Visti gli incoraggianti risultati raggiunti in Sudamerica, nel 1987 la Fiat decise di importare l’auto anche in Europa. L’esperienza però durò appena quattro anni: la Fiat Duna fu tolta dai listini nel 1991, anche se la sua versione station wagon (chiamata Weekend) fu proposta fino al 1997.
Cultori e appassionati sentiti dal Post concordano su un punto: col senno di poi, i giudizi critici che furono riservati alla Duna in quegli anni furono fin troppo severi. Al di là dei gusti soggettivi, infatti, non c’erano solide ragioni per disprezzare così tanto quell’auto: il suo design non era troppo diverso da quello delle altre berline familiari che venivano realizzate al tempo, e ad eccezione del lunotto posteriore più incurvato era praticamente identica alla Uno, uno dei modelli Fiat più indovinati e apprezzati.
Peraltro, nonostante la cattiva nomea di cui gode, la Duna non fu neppure un completo fiasco a livello commerciale: secondo la rivista Ruoteclassiche, in quei quattro anni furono venduti più di 91mila modelli, una cifra dignitosa per i tempi. Inoltre, anche se in Italia non ottenne il successo sperato, nel mercato sudamericano la Fiat Duna fu molto amata, e la produzione andò avanti fino al Duemila, anche grazie alla nota passione di paesi come Brasile, Argentina, Venezuela e Perù per le berline a tre volumi.
Come ha notato Tommaso Giacomelli, giornalista specializzato in motori che scrive per Il Giornale, è probabile che la cattiva nomea della Duna fu dovuta soprattutto al passaparola e alla «vulgata che in modo coeso decretò l’estrema bruttezza di questo veicolo», che fece sì che «in famiglia, al lavoro e al bar» quest’auto fosse oggetto di un vilipendio continuo.
Un altro elemento che contribuì alla pessima fama della Duna e al suo status di “auto brutta” fu la pubblicità con cui fu inizialmente promossa in Italia, che per molti versi richiamava la caratterizzazione tragicomica e un po’ svilente con cui veniva raffigurata la classe media italiana degli anni Ottanta. È quella in cui l’attore Diego Verdegiglio interpretava un ordinario padre di famiglia che per abbigliamento, movenze e tono di voce ricordava il ragionier Filini, l’impacciato organizzatore di eventi aziendali dei film di Fantozzi.
Nello spot Verdegiglio, doppiato da Oreste Lionello, si preparava ad annunciare alla sua famiglia l’acquisto di una nuova auto economica ma piuttosto affidabile, una Fiat Duna per l’appunto, decantandone le qualità («è bella, consuma poco, è solida») con toni esitanti e dimessi e premurandosi di parlare a bassa voce per non farsi sentire dalla moglie.
Oltre all’aura un po’ scalognata di Verdegiglio, la tragicomicità della pubblicità fu ulteriormente enfatizzata dal colore che la Fiat scelse per presentare la Duna in Italia, un vistoso rosso Ferrari, e dalla farsesca scena finale, in cui la Fiat Duna appena acquistata veniva tamponata da un’altra Fiat Duna, ma in versione station wagon. La Fiat provò poi a rimediare con una pubblicità più energica ed edonistica con Heather Parisi, una delle presentatrici più popolari degli anni Ottanta e Novanta.
A livello di immaginario collettivo, invece, il massimo livello di consacrazione pop raggiunto dalla Duna fu Fratelli d’Italia (1989), una commedia di discreto successo diretta da Neri Parenti e interpretata tra gli altri da Massimo Boldi, Christian De Sica e Sabrina Salerno. In diverse scene del film, Boldi andava in giro con una Fiat Duna grigia.
Nonostante l’insuccesso che ebbe in Italia e la rimozione collettiva di cui fu oggetto, nel 2013 l’ACI (Automobile Club d’Italia) inserì la Fiat Duna tra le auto di interesse storico. A differenza di altri modelli rivalutati nel tempo, però, non ha intercettato l’interesse dei collezionisti. Alcuni esemplari si trovano ancora in vendita nel mercato dell’usato, con prezzi che vanno dai 2mila ai 3mila euro.
Negli anni la Fiat Duna ha creato anche occasioni di aggregazione. Una di queste è il gruppo Fiat Duna Club Italia, che organizza periodicamente incontri tra persone accomunate dall’interesse verso questo modello, e più in generale verso la produzione brasiliana della Fiat.
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