In Giappone si discute da decenni sull’impellenza di andare di corpo quando si entra in libreria
Lo chiamano "fenomeno Mariko Aoki", dal nome della donna che 40 anni fa scrisse una lettera a una rivista di libri descrivendo uno stimolante mistero

Quando Mariko Aoki inviò una breve lettera a una rivista di libri giapponese non immaginava che di lì a breve il suo nome sarebbe stato associato a un fenomeno che da quarant’anni affascina, o per lo meno incuriosisce, milioni di persone. Il contenuto del messaggio era in effetti particolare: «Non sono sicura del perché, ma da due o tre anni ogni volta che entro in libreria mi viene voglia di andare di corpo». Nei giorni dopo la pubblicazione, decine di persone scrissero alla rivista dicendo di subire lo stesso effetto lassativo al loro ingresso in libreria.
Erano i primi mesi del 1985 e in Giappone era nato il “fenomeno Mariko Aoki”. Per quanto possa apparire a tratti assurdo, nel tempo il confronto sulle sue cause si è arricchito di ipotesi e teorie tra l’aneddotico e lo scientifico, talvolta con spiegazioni traballanti, che raccontano però qualcosa di alcuni aspetti culturali giapponesi.
All’epoca Aoki aveva 29 anni e viveva a Suginami, un quartiere nella grande conurbazione di Tokyo. Aveva scritto la sua lettera a Rivista di libri (本の雑誌), che aveva iniziato le proprie pubblicazioni nel 1976 e trattava argomenti legati al mondo dell’editoria, dalle recensioni di libri a particolari fenomeni di cultura. Il direttore della rivista l’aveva trovata divertente e l’aveva pubblicata nel numero di febbraio, anche se non conteneva molti dettagli e non argomentava più di tanto la questione. Sembrava un’innocua curiosità da condividere con i lettori, ma si trasformò in un caso.
Nelle settimane seguenti iniziarono ad arrivare alla redazione molte lettere di persone che raccontavano di avere un problema simile a quello di Aoki. La quantità di segnalazioni fu tale da indurre i responsabili della rivista a occuparsene nel numero seguente, con un approfondimento e un titolo tra l’ironico e il sensazionalistico: “Il fenomeno che sta scuotendo il settore delle librerie!”. Non volendo ripetere troppo spesso il concetto dell’urgenza di fare la cacca entrando in una libreria, l’autore dell’articolo ideò il modo di dire “fenomeno Mariko Aoki”, ispirandosi alle descrizioni di altri fenomeni in voga in Giappone in quel periodo.
La copertina della rivista riportava un richiamo all’articolo, che metteva insieme segnalazioni e riflessioni, ma senza fornire spiegazioni plausibili sulle cause dietro a quella impellente necessità. La cosa non passò comunque inosservata e nei mesi seguenti fu ripresa da riviste con una maggiore circolazione in Giappone, stimolando discussioni sull’originalità della storia e sulle ipotesi che potesse trattarsi di una leggenda metropolitana. L’esistenza di Aoki fu intanto verificata e la stessa fu intervistata più volte, dicendo di non avere particolari problemi nell’essere ricordata proprio per quel particolare fenomeno. Sembra inoltre che Aoki non fosse stata la prima a parlarne.
Era infatti emerso che già in un racconto del 1957 dello scrittore giapponese Jun’nosuke Yoshiyuki veniva citata una condizione simile, così come c’erano altri riferimenti in opere culturali successive di altri autori. Nei primi anni Ottanta c’era stato qualche occasionale accenno in alcuni programmi televisivi e radiofonici, che non avevano però attirato particolare attenzione. Sulla stessa Rivista di libri nel dicembre del 1984 era stata descritta un’esperienza simile a quella di Aoki da un altro lettore, ma la segnalazione era evidentemente passata inosservata.
In Occidente, dove le feci sono quasi sempre un argomento tabù o comunque stigmatizzato, il “fenomeno Mariko Aoki” non fu molto seguito. Non è chiaro se il comico statunitense Jerry Seinfeld ne fosse a conoscenza quando nel 1993 scrisse l’introduzione del proprio libro SeinLanguage:
Trovo che una libreria sia un meraviglioso lassativo. Non so bene cosa sia di preciso. Non so se sia perché è un posto tranquillo, o per via di tutta quella roba da leggere, ma ci entri e ti succede qualcosa. Penso davvero che dovrebbero togliere qualche scaffale e aggiungere delle toilette, allora sì che una libreria diventerebbe davvero un magnifico posto in cui andare.
Per una combinazione di fattori storici, religiosi, culturali e prassi igieniche il rapporto dei giapponesi con le feci si manifesta di solito in una maggiore apertura rispetto alla nostra, e l’argomento è integrato più facilmente nel quotidiano, talvolta con approcci e riflessi giocosi. Forse proprio per questo motivo il fenomeno fece presa da quelle parti e portò a formulare numerose ipotesi sulle sue cause, tante da rendere ricchissima la voce di Wikipedia in giapponese che se ne occupa, con l’equivalente di 75mila battute nel nostro alfabeto (sufficienti per riempire 40-50 pagine di un libro tascabile).
Il “fenomeno Mariko Aoki” è stato trattato in programmi televisivi giapponesi negli anni Novanta e con la diffusione di Internet è diventato anche un argomento discusso sul Web, con decine di siti e forum che se ne sono occupati. Saltuariamente, se ne parla anche sulle riviste, con l’aggiunta di nuove ipotesi e supposizioni sulle cause del fenomeno e sulla sua diffusione nel paese. L’aneddotica ha ampiamente superato la raccolta sistematica e scientifica di dati, rendendo il fenomeno interessante e curioso più per i suoi aspetti culturali legati alla società giapponese e ad alcuni filoni della controcultura nel paese.
Secondo alcuni sondaggi almeno una persona su 15 proverebbe la necessità di fare la cacca quando entra in una libreria, o in una biblioteca, con una prevalenza del fenomeno tra i 20-30enni. Il fenomeno non sembra però interessare le persone che lavorano nelle librerie né i loro famigliari diretti, anche se non ci sono molti dati per confermare queste circostanze.

La copertina del libro Perché mi viene da andare in bagno quando entro in libreria?, che contiene alcuni dati su sondaggi condotti sul fenomeno
Il “fenomeno Mariko Aoki” è stato esaminato da alcuni psichiatri, senza arrivare a conclusioni convincenti sulle possibili cause. I loro studi hanno comunque escluso che si possa trattare di una malattia vera e propria, anche se in Giappone viene spesso definita in questo modo e viene segnalata la possibilità di esserne influenzati, un po’ come avviene quando si inizia a sbadigliare dopo avere visto qualcuno che stava sbadigliando.
La stessa Aoki raccontò di avere provato quella sensazione entrando in libreria dopo che gliene aveva parlato un amico. In altre interviste disse che a volte lo stimolo si presentava dopo essere rimasta per molto tempo in libreria, oppure dopo avere sentito l’odore dei libri nuovi sugli scaffali. Aveva anche specificato che lo stimolo si presentava a prescindere dalle sezioni visitate nella libreria e del tipo di libri consultati prima dell’acquisto.
Negli anni, l’aneddotica più o meno affidabile si è via via arricchita con le testimonianze di molte altre persone, intervistate da riviste, televisioni e siti web giapponesi. C’è chi ha detto di subire il “fenomeno Mariko Aoki” quando legge la costa di un libro nuovo, quando si sente attorniato dagli scaffali, quando consulta romanzi impegnati o ancora quando preleva un libro dallo scaffale per valutare se acquistarlo.
Per quanto riguarda i sintomi, la maggior parte delle persone dice di sentire come un sommovimento (borborigmo) di pancia quando entra in libreria, seguito da lievi fitte e la classica sensazione che si prova poco prima di andare in bagno. Alcuni hanno segnalato di provare dolori addominali più intensi o di sentire una necessità molto più forte del solito di liberarsi, come avviene quando si hanno forti disturbi intestinali.
Sulle cause, la varietà di segnalazioni e ipotesi è ancora più ampia, soprattutto da quando esiste Internet e ci si può confrontare sui forum e sui social network. In mancanza di ricerche scientifiche rigorose sul fenomeno, probabilmente anche a causa della mancanza di dati sufficientemente affidabili, negli anni sono state formulate moltissime ipotesi, più o meno creative.
Inizialmente l’ipotesi più diffusa era che fossero le sostanze volatili delle colle e degli inchiostri dei libri nuovi a circolare nell’aria delle librerie, finendo per essere inalate da chi frequenta quei luoghi. Alcune persone, più sensibili di altre, avrebbero risposto a quegli stimoli odorosi sentendo la necessità di andare in bagno. Non ci sono però prove scientifiche su questa ipotesi, inoltre in questo caso il fenomeno dovrebbe riguardare molte altre persone che maneggiano libri nuovi, pur non trovandosi in libreria.
Si racconta che una ventina di anni fa il filosofo Kenji Tsuchiya fece un esperimento per conto proprio: si coprì la faccia con un giornale fresco di stampa e con un libro da poco comprato in libreria, facendo respiri profondi per una decina di minuti. Raccontò che durante l’esperimento non gli venne mai voglia di fare la cacca, ma in compenso si rilassò al punto da addormentarsi.
Nel corso degli anni sono anche circolate teorie del complotto, alcune decisamente creative. Tra queste, la possibilità che il “fenomeno Mariko Aoki” sia il frutto di una grande cospirazione da parte dell’industria della carta, che inserirebbe particolari composti chimici nei propri prodotti compresi i libri per assicurarsi che le persone abbiano di frequente lo stimolo ad andare in bagno, in modo da vendere loro più carta igienica. Tuttavia, è una teoria del complotto che può essere sfatata facilmente dopo qualche giorno di stitichezza.
Un’altra ipotesi è che alcune persone siano abituate a leggere mentre si liberano in bagno, e che di conseguenza abbiano una sorta di riflesso che si attiva quando hanno molti libri intorno. Ci sono però diverse persone che sono interessate dal “fenomeno Mariko Aoki” e che però non sono abituate a leggere mentre sono sedute sulla tazza, cosa che sembra smentire un’ipotesi di questo tipo.

Bagni pubblici a Tokyo, Giappone (Carl Court/Getty Images)
C’è anche chi ha cercato di trovare spiegazioni più plausibili, o per lo meno di contestualizzare il fenomeno. Prima di andare in libreria accade che si vada al bar a bere un caffè, oppure che si fumi una sigaretta, attività che possono stimolare la necessità di defecare. Non è però chiaro perché lo stimolo dovrebbe essere avvertito solo in libreria e non in un negozio di abbigliamento o di altro tipo. Chi sostiene questa ipotesi dice che in libreria ci si rilassa di più e si trascorre mediamente più tempo rispetto ad altri negozi, tutti fattori che possono rendere più probabile l’arrivo dello stimolo a un certo punto.
Altre ipotesi ancora riguardano presunti effetti psicologici e psicosomatici legati all’entrare in un posto con migliaia di libri. Per alcune persone l’ansia di scegliere un libro, o la sensazione di essere in un luogo con così tanti prodotti dell’intelletto altrui, sarebbero tali da creare un disagio che si traduce poi nella necessità di andare in bagno. Non è del resto insolito per alcuni avere mal di pancia quando sono sotto stress o in particolari stati ansiosi. Anche in questo caso, però, dimostrarlo scientificamente è molto complicato, se non impossibile.
Sempre in ambito psicologico, c’è chi ha teorizzato che il fenomeno sia legato al concetto di “negazione della felicità”, cioè di quella condizione in cui siamo consapevoli di qualcosa che ci fa bene, ma proviamo inconsciamente una sorta di resistenza fisica che si presenta come un sintomo di qualche tipo. Essere in libreria e trovare il libro desiderato innescherebbe questo meccanismo, facendo provare quella sensazione.
È stato ipotizzato che la sensazione sia invece dovuta alla consapevolezza di non avere a disposizione una toilette in libreria, a differenza di molti altri negozi che danno questa possibilità. Per alcuni, sapere di essere in un luogo in cui trascorreranno diverso tempo e di non poter andare in bagno potrebbe innescare uno stato d’ansia, che favorisce lo stimolo. Anche in questo caso, non ci sono però molti elementi per confermare l’ipotesi, considerato che ci sono comunque numerose tipologie di negozi senza toilette.

Una delle versioni del Pensatore di Rodin, a Parigi (Brooks Kraft LLC/Corbis via Getty Images)
Negli anni sono state formulate decine, se non centinaia di ipotesi, ma nessuna ha offerto una spiegazione soddisfacente, o per lo meno credibile fino in fondo, del “fenomeno Mariko Aoki”. Tatsuo Tsukimura, un docente dell’Università di Tokyo, ha perfino scomodato il Pensatore, la famosa statua dello scultore francese Auguste Rodin che mostra un uomo seduto intento a riflettere. Secondo Tsukimura la posa ricorda quella di una persona che sta facendo la cacca, persa tra i suoi pensieri proprio come avviene in libreria.
A quarant’anni di distanza dalla pubblicazione della lettera di Aoki, la questione non è ancora risolta, ma è notevole che sia ancora discussa quasi esclusivamente in Giappone, senza che sia segnalata in altre parti del mondo. Per questo il fenomeno è ormai considerato più per il suo valore culturale e per come si è evoluto in una società con particolari valori, abitudini e tradizioni. E forse è affascinante per questo motivo, al di là degli aspetti più giocosi e scherzosi che gli si sono sviluppati intorno.
Lo scrittore giapponese Jiro Asada ha comunque sviluppato un proprio metodo per affrontare il problema, il “kobiki”. Il metodo consiste nell’accovacciarsi in modo da premere un tallone del piede tra le natiche, così da fermare lo stimolo. Con un po’ di pratica, lo si può fare con una certa disinvoltura simulando la ricerca di un libro negli scaffali più in basso della libreria.