Trump vorrebbe che la Giordania e l’Egitto aiutassero a «ripulire» la Striscia di Gaza

Riprendendo una proposta sostenuta dall'estrema destra israeliana, secondo cui gli abitanti palestinesi dovrebbero trasferirsi altrove

(AP Photo/Mark Schiefelbein)
(AP Photo/Mark Schiefelbein)

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto che vorrebbe che la Giordania, l’Egitto e altre nazioni arabe accogliessero i palestinesi che vivono a Gaza per «ripulire» il territorio della Striscia, riprendendo una controversa proposta sostenuta anche dall’estrema destra israeliana. Il 25 gennaio, durante un colloquio con alcuni giornalisti a bordo dell’aereo presidenziale Air Force One, ha detto:

«Stiamo parlando probabilmente di un milione e mezzo di persone, potremmo semplicemente ripulire tutto».

Ha aggiunto che durante il suo mandato, iniziato lo scorso 20 gennaio, vorrebbe collaborare con alcuni paesi arabi per costruire alloggi «in luoghi diversi» in cui i palestinesi «possano forse vivere in pace», e che i palestinesi potrebbero rimanere in Giordania e in Egitto «temporaneamente o a lungo termine». Non è chiaro se Trump intendesse dire che tutti i palestinesi di Gaza dovrebbero andarsene, ed eventualmente con quale motivazione. Nella Striscia di Gaza prima della guerra vivevano poco più di due milioni di persone.

Trump ha fatto sapere di aver già discusso di quest’idea con il re Abdullah II di Giordania, dicendogli: «Mi piacerebbe che te ne occupassi con più attenzione, perché in questo momento sto osservando la Striscia di Gaza, ed è un disastro». Ha detto che nei prossimi giorni ne parlerà anche con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.

La proposta di Trump è stata respinta dalle parti interessate. Domenica il ministero degli Esteri egiziano ha diffuso una dichiarazione in cui ha detto che qualsiasi tentativo di sradicare i palestinesi di Gaza dalla loro terra rappresenterebbe una «violazione» che minaccia la stabilità della regione, e ha espresso una posizione simile anche il ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi. Anche l’ala politica di Hamas ha molto criticato l’idea di Trump (oltre a essere un gruppo radicale, Hamas è anche un partito politico).

La proposta è invece stata accolta con favore dai politici israeliani più estremisti, come il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che ha sostenuto a più riprese la necessità di fare abbandonare ai palestinesi il territorio della Striscia per costruirvi insediamenti israeliani. Pur non menzionando esplicitamente Trump, domenica Smotrich ha detto che il progetto di «aiutare» i palestinesi di Gaza a «trovare altri posti in cui iniziare una nuova vita è una grande idea».

Se davvero la proposta di Trump prevede di costringere milioni di palestinesi a lasciare la Striscia di Gaza, questo sarebbe un atto di pulizia etnica che agli occhi del diritto internazionale costituisce un crimine contro l’umanità. Significherebbe inoltre rinunciare di fatto alla creazione di uno stato palestinese accanto a quello israeliano (la cosiddetta “soluzione dei due stati”).

Da decenni milioni di rifugiati palestinesi costretti a più riprese a lasciare le proprie case vivono in campi profughi costruiti in vari paesi tra cui Giordania, Siria e Libano. L’esodo dei palestinesi dalle proprie terre cominciò con la cosiddetta “Nakba” (“catastrofe” in arabo), il termine usato per riferirsi a quello che successe prima e durante la guerra che Israele combatté nel 1948 con diversi paesi arabi e che obbligò circa 700mila palestinesi a lasciare la proprie case. La “Nakba” viene ancora oggi ricordata dai palestinesi ogni anno il 15 maggio, un giorno dopo la fondazione dello stato di Israele, avvenuta il 14 maggio del 1948.