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  • Mercoledì 20 novembre 2024

Netanyahu ha promesso 5 milioni di dollari per ogni ostaggio liberato

È l'ultimo tentativo del primo ministro israeliano di risolvere il problema, in un momento in cui i negoziati per un cessate il fuoco sono fermi

Una protesta contro Benjamin Netanyahu a Tel Aviv, lo scorso luglio (AP Photo/Leo Correa)
Una protesta contro Benjamin Netanyahu a Tel Aviv, lo scorso luglio (AP Photo/Leo Correa)
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Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso una ricompensa da 5 milioni di dollari (4,7 milioni di euro) per ogni ostaggio catturato da Hamas che viene riportato in Israele (la cifra è stata espressa proprio in dollari). Netanyahu ha promesso anche che alla persona che riporterà l’ostaggio e alla sua famiglia sarà data la possibilità di uscire in modo sicuro dalla Striscia di Gaza.

Fin dall’inizio della guerra Netanyahu ha sempre chiesto la liberazione di tutti gli ostaggi rapiti da Hamas nell’attacco contro Israele del 7 ottobre 2023. Da mesi però i familiari delle persone catturate lo accusano di non fare abbastanza per raggiungere questo obiettivo, sostenendo che Netanyahu preferisca continuare la guerra pur di non far cadere il proprio governo, che è il più di destra della storia di Israele ed è sostenuto da partiti estremisti contrari a un accordo per il cessate il fuoco.

Il 7 ottobre del 2023 centinaia di miliziani di Hamas superarono i confini della Striscia di Gaza ed entrarono in territorio israeliano: uccisero 1.200 persone e ne presero in ostaggio circa 250. Centocinque di loro sono stati liberati lo scorso novembre, durante una breve tregua. Nei mesi successivi l’esercito israeliano ha liberato altri otto ostaggi e ha recuperato i corpi di circa 40. Si stima che al momento rimangano a Gaza circa 100 ostaggi, di cui secondo l’esercito israeliano un terzo sarebbe morto.

Dopo l’attacco di Hamas, Israele ha bombardato e poi invaso la Striscia: in 13 mesi sono state uccise più di 40mila persone, in gran parte civili palestinesi.

Da mesi le negoziazioni per un cessate il fuoco a Gaza, iniziate poco dopo l’inizio dei combattimenti, sono ferme a causa delle richieste inconciliabili di Hamas e Israele. A inizio novembre il Qatar, che era sempre stato il principale mediatore, ha sospeso la propria partecipazione al processo proprio a causa dell’impossibilità di raggiungere un accordo e delle resistenze incontrate da entrambe le parti.

Nell’ultimo anno in Israele ci sono state varie proteste contro il governo di Netanyahu, a cui hanno partecipato migliaia di persone per chiedere il raggiungimento di un accordo che porti, tra le altre cose, alla liberazione degli ostaggi.

Stanno invece procedendo le negoziazioni per un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, un gruppo politico e militare attivo in Libano, sostenuto dall’Iran e nemico di Israele. Da mesi l’esercito israeliano sta bombardando quotidianamente anche il Libano – attaccando spesso zone densamente popolate, tra cui la capitale Beirut – e sta conducendo un’operazione di terra nel sud del paese, con l’obiettivo di smantellare la presenza di Hezbollah. Negli attacchi sono state uccise migliaia di persone civili.

I familiari degli ostaggi e i gruppi di attivisti chiedono che un eventuale accordo per il cessate il fuoco con Hezbollah preveda la liberazione di tutti gli ostaggi presenti a Gaza. Nonostante le negoziazioni siano in corso, anche questo accordo è ancora lontano dall’essere raggiunto.