Il primo “biiip” in un supermercato
Cinquant'anni fa fu utilizzato per la prima volta uno scanner in grado di leggere i codici a barre dei prodotti alimentari: un'innovazione che cambiò per sempre la vendita al dettaglio
Il 26 giugno del 1974 Sharon Buchanan, una commessa che lavorava in un supermercato della catena Marsh di Troy, una piccola città dello stato americano dell’Ohio, compì per la prima volta un gesto che da allora è stato ripetuto ogni giorno in ogni angolo del pianeta. Clyde Dawson, uno dei dirigenti della Marsh, si presentò alla cassa con un pacchetto di Wrigley, alcune tra le più popolari gomme da masticare americane; Buchanan però non ne digitò manualmente il prezzo, come era normale ai tempi: lo appoggiò su un ingombrante dispositivo rettangolare, e il suo costo (67 centesimi) comparve automaticamente sullo schermo.
Il pacchetto di gomme era dotato di un codice a barre, un sistema che è usato ancora oggi da milioni di imprese nel mondo per identificare, leggere e condividere informazioni sui prodotti. Il dispositivo che lo decodificò si chiamava Spectra-Physics Model A, il primo scanner da supermercato mai prodotto. Grazie a un raggio laser era in grado di “leggere” le sequenze di spazi e barre del codice, riconoscendo così gli articoli. Fu progettato in collaborazione da due aziende specializzate nella produzione di tecnologie laser a fini commerciali, la National Cash Register e la Spectra-Physics.
La prima tiratura fu molto limitata (10 pezzi), e gli scanner erano molto diversi da quelli che conosciamo oggi: erano pesantissimi, ingombranti e avevano un prezzo piuttosto elevato (4mila dollari, circa 23mila euro odierni). Inizialmente alcuni titolari di supermercati erano scettici nei confronti di questi dispositivi, soprattutto per via del costo. Tuttavia, in pochi anni l’utilizzo degli scanner diventò la norma e cambiò in modo significativo le abitudini delle persone in tutto il mondo.
Gli scanner erano vantaggiosi per tutti, e per ovvi motivi: permettevano ai gestori dei supermercati di eliminare gli errori di battitura del personale, semplificavano il lavoro dei commessi e permettevano ai clienti di fare la spesa in maniera meno frustrante, accorciando moltissimo il tempo che trascorrevano in fila.
Anche se lo Spectra-Physics Model A fu prodotto nel 1974, l’idea di automatizzare le operazioni di cassa aveva preso piede da più di vent’anni. Il codice a barre era stato inventato nel 1948 da Norman Joseph Woodland e Bernard Silver, due studenti di ingegneria dell’Università di Drexel, nello stato americano della Pennsylvania. Volevano risolvere un problema comune a molti gestori di supermercati dell’epoca, che desideravano da tempo una tecnologia in grado di accorciare le file e rendere più agevole il lavoro dei cassieri.
I loro primi esperimenti presero come riferimento i caratteri del codice Morse, un famoso sistema per trasmettere numeri e parole attraverso un segnale a intermittenza: Woodland e Silver provarono a disporli verticalmente, per delineare le sequenze di spazi e barre. Successivamente realizzarono un codice composto da barre diverse da quelle odierne, circolari e concentriche. La loro invenzione fu brevettata nel 1952, ma non fu mai sfruttata su larga scala per via della mancanza di dispositivi di lettura adeguati.
Il design del codice a barre che conosciamo oggi, quello con barre verticali, fu brevettato nel 1971 da Woodland e George Laurer, ingegnere dell’azienda informatica che nel frattempo aveva acquistato il brevetto, la IBM. Due anni dopo i codici a barre lineari furono standardizzati grazie a un accordo tra le principali aziende di settore, che decisero di collaborare ritenendo che sviluppare un metodo di lettura utilizzabile da chiunque fosse la soluzione più conveniente per tutti: decisero quindi di usare l’UPC (Universal Product Code), un codice a barre a 12 cifre, che divenne così il primo standard per l’identificazione univoca dei prodotti. Nel 1974, per amministrare questo standard, fu creato un apposito ente, l’Uniform Code Council (UCC).
Nel 1977 fu fondata a Bruxelles dai rappresentanti di 12 paesi europei l’European Article Numbering Association (il corrispettivo europeo dell’UCC, oggi conosciuta come GS1) che brevettò una nuova famiglia di codici a barre, l’EAN: il più utilizzato è l’EAN 13, chiamato così perché composto da 13 cifre.
Con il passare del tempo gli scanner diventarono sempre più piccoli, economici e maneggevoli, diffondendosi sia nella piccola che nella grande distribuzione. A partire dal 1993 alcune catene di supermercati europei lanciarono i primi sistemi di self-scanning che, oggi, sono presenti in molti supermercati.
Con un comunicato pubblicato mercoledì GS1 ha annunciato che, entro il dicembre del 2027, i codici a barre saranno interamente sostituiti dai QR code, considerati un formato più comodo da utilizzare per i clienti e anche più efficace, perché possono contenere un maggior numero di informazioni e sono facilmente scansionabili tramite smartphone.