Mi tana es tu tana

I vombati costruiscono tane sotterranee intricatissime e non si scompongono più di tanto quando sono frequentate da altre specie, che cercano riparo dagli incendi

Un vombato in Tasmania, Australia (Markus Kirchgessner/laif/Contrasto)
Un vombato in Tasmania, Australia (Markus Kirchgessner/laif/Contrasto)
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Durante i grandi incendi tra il 2019 e il 2020 nel sud-est dell’Australia, sui social network e su alcuni giornali australiani si diffusero notizie sul comportamento virtuoso e altruistico dei vombati, ben disposti a raccogliere e ad accogliere animali di piccola taglia nelle loro tane sotterranee per proteggerli dal calore prodotto dalle fiamme.

Dai racconti sembrava che i vombati avessero scelto volontariamente di aiutare gli altri animali, tanto che il loro comportamento fu definito “eroico”, cosa che non era vera e che tendeva a umanizzare il comportamento di una specie diversa dalla nostra. Di vero c’era però che alcune tane erano state comunque utilizzate come rifugio da altri animali, al punto da indurre un gruppo di ricerca ad approfondire la questione.

I vombati sono nativi dell’Australia, assomigliano a grandi marmotte e a seconda delle specie da adulti possono arrivare fino a un metro di lunghezza e pesare tra i 20 e i 35 chilogrammi. Sono marsupiali erbivori, producono feci cubiche e hanno un metabolismo estremamente lento, che li aiuta a sopravvivere in condizioni aride o durante periodi in cui è più difficile trovare il cibo, come avviene nel corso degli incendi stagionali. Utilizzando i piccoli artigli sulle zampe e i denti resistenti, simili a quelli dei roditori, i vombati costruiscono tane sotterranee con reti intricate di tunnel che le mettono in collegamento, dove si riparano dai predatori e vivono al fresco.

Quando tra il 2019 e il 2020 si svilupparono i grandi incendi nell’Australia sud orientale e iniziarono a circolare le notizie sulle presunte pratiche di accoglienza dei vombati, un gruppo di ricerca australiano iniziò a organizzare uno studio per capire come stessero effettivamente le cose. Nell’estate del 2021 alcuni ricercatori raggiunsero le zone del Woomargama National Park e in particolare della Woomargama State Forest, aree naturali coinvolte negli incendi degli anni precedenti. Posizionarono una trentina di fototrappole (fotocamere che si attivano al passaggio di qualcosa e che possono riprendere anche di notte utilizzando gli infrarossi) all’ingresso e all’interno di alcune tane dei vombati effettuando osservazioni per quasi un anno, fino all’aprile del 2022.

Come racconta lo studio da poco pubblicato sul Journal of Mammalogy, le fototrappole hanno permesso di osservare un notevole traffico di altri animali intorno e nelle tane scavate dai vombati. Sono state contate più di cinquanta specie di vertebrati tra roditori, rettili e perfino qualche specie di uccello. La presenza di alcune di queste specie è stata osservata con maggiore frequenza in prossimità delle tane rispetto ad altre zone in cui non erano presenti gli ingressi ai tunnel.

Frequentazione delle tane dei vombati da parte di altre specie (Journal of Mammalogy)

Il gruppo di ricerca ha inoltre notato una certa preferenza da parte degli animali ospiti dei vombati per le tane presenti nelle zone dove gli incendi erano stati più distruttivi. Altri animali di taglia più grande, come canguri e wallaby (marsupiali simili ai canguri), si sono invece tenuti alla larga dalle tane, salvo queste non fossero allagate e offrissero allora un’opportunità di trovare refrigerio. I vombati possono essere del resto piuttosto aggressivi con gli invasori che ritengono essere una minaccia per i loro gruppi, mentre evidentemente non si curano più di tanto degli altri frequentatori occasionali delle loro tane e che ritengono innocui.

Le tane dei vombati possono durare decenni e potenzialmente potrebbero offrire rifugio ad animali di specie diverse per un grande numero di generazioni. Secondo il gruppo di ricerca il fenomeno indica come le interazioni tra specie possano essere ancora più articolate e complesse di quanto finora osservato, soprattutto in contesti in cui viene attuata una coesistenza tutto sommato pacifica. Al tempo stesso, la ricerca mette sotto un’altra prospettiva il mito sulla presunta ospitalità dei vombati circolata negli anni scorsi, ricordando l’importanza di non proiettare sulle altre specie comportamenti tipicamente umani.