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  • Lunedì 27 maggio 2024

La strage di sfollati palestinesi a Rafah

Una serie di bombardamenti israeliani ha causato un incendio in un accampamento, uccidendo almeno 45 civili: il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che è stato «un tragico errore»

Persone palestinesi che guardano l'accampamento distrutto e incendiato dall'attacco dell'esercito israeliano (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Persone palestinesi che guardano l'accampamento distrutto e incendiato dall'attacco dell'esercito israeliano (AP Photo/Jehad Alshrafi)
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Domenica sera Israele ha compiuto una serie di grossi bombardamenti su Rafah, l’ultima città della Striscia di Gaza che non ha ancora invaso e in cui l’esercito israeliano ha iniziato una graduale offensiva all’inizio di questo mese. I bombardamenti hanno causato un incendio in un accampamento dove si trovano migliaia di civili palestinesi sfollati: almeno 45 sono stati uccisi e più di 200 sono rimasti feriti, secondo quanto detto dalla Mezzaluna Rossa palestinese, l’equivalente della Croce Rossa per i paesi islamici.

Una foto di persone nell'accampamento dopo l'incendio

Persone nell’accampamento dopo l’incendio (AP Photo/Jehad Alshrafi)

L’esercito israeliano ha detto che i bombardamenti avevano come obiettivo un complesso usato dai miliziani di Hamas e che nell’attacco sono stati uccisi due leader dell’organizzazione, Yassin Rabia e Khaled Nagar. A proposito dell’incendio nell’accampamento e dell’uccisione dei civili palestinesi, invece, ha solo detto di esserne al corrente e, come spesso fa in casi simili, ha fatto sapere che quanto accaduto sarà oggetto di indagini. Nel tardo pomeriggio di lunedì il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, in un discorso davanti al parlamento ha detto che l’uccisione dei civili è stata «un tragico errore».

L’esercito ha sostenuto di aver compiuto l’attacco con «armi di precisione» con l’intenzione di colpire solo il complesso che sarebbe stato usato da Hamas. Non sono invece ancora state date spiegazioni su perché sia stato colpito anche l’accampamento in cui si trovavano moltissimi civili.

L’accampamento si trova nel quartiere di Tal al Sultan, nel nord-ovest di Rafah, in una zona lontana da quella in cui nelle ultime settimane si sono concentrate le operazioni militari israeliane. È una zona che l’esercito di Israele aveva designato come “area umanitaria”, e in cui aveva detto ai civili palestinesi di andare per trovare riparo in vista di una possibile invasione di Rafah.

Persone palestinesi nell'accampamento distrutto dall'attacco israeliano

(AP Photo/Jehad Alshrafi)

Sui social network circolano molti video che mostrano l’incendio nell’accampamento e decine di morti e feriti: un testimone ha raccontato all’agenzia di stampa Reuters che «gli attacchi aerei hanno bruciato le tende, che si stanno sciogliendo, come anche i corpi delle persone». Un altro testimone, Fadi Dukhan, ha detto che domenica sera era appoggiato alla porta di una casa quando ha sentito un’esplosione. «Improvvisamente abbiamo sentito il suono di un missile. Siamo scappati e abbiamo trovato la strada coperta di fumo. Non abbiamo visto più nulla», ha detto a Reuters.

I bombardamenti israeliani sono stati compiuti poche ore dopo che Hamas domenica aveva lanciato alcuni razzi verso Tel Aviv, in Israele, per la prima volta in circa quattro mesi. I razzi di Hamas non avevano causato danni rilevanti e non ci sono notizie di feriti. I bombardamenti israeliani sono inoltre i primi contro Rafah dopo che venerdì la Corte internazionale di giustizia (ICJ), il più importante tribunale delle Nazioni Unite, aveva ordinato a Israele di fermare l’attacco alla città.

Una foto di persone che cercano cibo tra i detriti dopo l'incendio

Persone cercano cibo tra i detriti dopo l’incendio (REUTERS/Mohammed Salem)

I giudici della Corte avevano definito la situazione a Rafah «disastrosa» e avevano detto che le catastrofiche condizioni di vita della popolazione sono «ulteriormente peggiorate», in particolare per la prolungata e diffusa privazione di cibo. Le richieste della Corte internazionale di giustizia sono in teoria vincolanti, ma la Corte non ha davvero mezzi per farle rispettare.

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