• Mondo
  • Lunedì 29 aprile 2024

Le polemiche per l’edificio diroccato a Belgrado che Jared Kushner vuole riqualificare

Il genero di Donald Trump vuole costruire hotel di lusso, appartamenti e un museo al posto dell'ex ministero della Difesa serbo, che fu bombardato dalla NATO nel 1999

Le rovine del ministero della Difesa e del quartier generale dell'esercito
Le rovine del ministero della Difesa e del quartier generale dell'esercito nel 2010 (AP Photo/Darko Vojinovic, File)

In Serbia da più di un mese sono in corso grosse polemiche legate a un progetto di riqualificazione edilizia portato avanti da Jared Kushner, il genero dell’ex presidente americano Donald Trump, in un luogo di particolare rilevanza storica nel centro di Belgrado, la capitale serba. Kushner, che è un imprenditore edile, si è accordato con il governo serbo per costruire una serie di grattacieli al posto delle rovine della vecchia sede del ministero della Difesa e delle forze armate, che fu bombardata dalla NATO durante un’operazione militare per porre fine alla pulizia etnica in Kosovo nel 1999.

Il problema è che in Serbia le rovine del Generalštab, come viene chiamato l’edificio dai serbi (significa Stato maggiore generale), sono considerate una specie di memoriale alle sofferenze subite dalla popolazione durante i bombardamenti NATO, e godono di alcuni vincoli urbanistici. Per questo una parte consistente della popolazione è contraria ad abbatterle, soprattutto se a costruire i nuovi edifici dovesse essere un’impresa degli Stati Uniti, cioè del paese che guidò l’operazione di bombardamenti 25 anni fa.

Ci sono poi problemi politici legati al fatto che il coinvolgimento della famiglia Trump in un grosso progetto di investimenti in Serbia potrebbe costituire un conflitto di interessi nel caso in cui Donald Trump ottenesse di nuovo la presidenza con le elezioni americane di novembre.

Le rovine del Generalštab, un grosso edificio in stile modernista, occupano due isolati nel pieno centro di Belgrado, e sono una parte importante della narrazione nazionalista serba. L’edificio (che pure al tempo era praticamente inutilizzato) fu bombardato nel 1999 durante un’operazione della NATO per fermare le operazioni di pulizia etnica dell’esercito e delle milizie serbe in Kosovo, che era una provincia indipendentista della Serbia.

I bombardamenti della NATO iniziarono dopo anni di guerra tra Serbia e Kosovo, durante la quale la Serbia fu accusata credibilmente di compiere massacri etnici e crimini di guerra: circa 13 mila albanesi kosovari furono uccisi in quel periodo e centinaia di migliaia furono costretti a lasciare le proprie case. I bombardamenti della NATO cominciarono il 24 marzo del 1999, durarono due mesi e mezzo, e sebbene tra molte difficoltà e polemiche costrinsero la Serbia al ritiro dal Kosovo, al quale seguì l’inizio di un’operazione di peacekeeping internazionale.

I conteggi dei morti provocati dai bombardamenti sono molto contestati: secondo il governo serbo, per esempio, l’operazione della NATO uccise più di duemila civili; secondo le stime di alcune organizzazioni internazionali i morti furono circa 500, di cui però soltanto 200 serbi. In ogni caso i bombardamenti della NATO sono diventati da allora il centro della narrativa nazionalista serba, che presenta il paese come una vittima di un ingiustificato attacco dell’Occidente, tralasciando ovviamente la pulizia etnica e tutti gli altri precedenti.

Il Generalštab è diventato in questo senso uno degli elementi fondamentali di questa narrativa: per buona parte dei serbi, mantenere in centro città un enorme palazzo diroccato (e decorato con cartelloni militaristi) è la prova che il paese fu vittima di un’aggressione.

Il Generalštab nel 2024: il cartellone con i soldati riporta la scritta: «Noi serviamo la Serbia!»

Il Generalštab nel 2024: il cartellone con i soldati riporta la scritta: «Noi serviamo la Serbia!» (AP Photo/Darko Vojinovic)

Per la famiglia Trump, invece, un enorme palazzo diroccato nel centro di una grande città in espansione è un’opportunità di investimento. Donald Trump aveva cominciato a interessarsi al Generalštab nel 2013, quando non era ancora entrato in politica: allora avanzò alcune proposte, che però non ebbero seguito.

Le trattative ripresero nel 2020, questa volta tra il governo serbo e l’impresa di Jared Kushner, genero di Trump che fece parte della sua amministrazione: Kushner vorrebbe demolire gran parte dell’area e costruire al suo posto un complesso che comprende un hotel di lusso, appartamenti e un museo per commemorare i bombardamenti NATO, tra le altre cose.

Il progetto, inizialmente segreto, è stato rivelato a febbraio dal politico di opposizione Aleksandar Jovanović Ćuta, che ha montato un grosso caso politico e mediatico sostenendo che il governo, guidato dal nazionalista Aleksandar Vucic, stesse svendendo la memoria nazionale proprio a un’azienda americana.

Poco dopo, Kushner stesso ha reso pubbliche alcune rappresentazioni del progetto (oltre che di un altro piano di sviluppo in Albania).

Decine di migliaia di serbi hanno firmato un appello per impedire la costruzione dei grattacieli, ed è cominciata anche una disputa legata al fatto che il comune di Belgrado ha imposto dei vincoli urbanistici all’area, che dunque non potrebbe essere demolita senza dei permessi speciali. Per ora, comunque, Kushner e il governo serbo hanno concluso soltanto un accordo di massima e non hanno definito i dettagli del piano, che potrebbe essere ancora annullato.

Il progetto per il Generalštab, oltre che da Jared Kushner, è portato avanti da un altro membro celebre dell’ex amministrazione di Donald Trump: Richard Grenell, già contestatissimo ambasciatore americano in Germania e poi inviato del governo statunitense per i negoziati di pace tra Serbia e Kosovo.

Richard Grenell e Jared Kushner alla Casa Bianca nel 2020

Richard Grenell e Jared Kushner alla Casa Bianca nel 2020 (AP Photo/Evan Vucci)

Da inviato americano per i negoziati, Grenell costruì amichevoli e proficui rapporti soprattutto con membri del governo serbo, al punto che in quel periodo fu accusato di parteggiare in maniera decisa per i serbi e contro i kosovari, pur avendo un ruolo che avrebbe dovuto essere neutrale: tra le altre cose, nel 2020 cercò di provocare le dimissioni del primo ministro kosovaro Albin Kurti, che riteneva troppo ostile.

Grenell mantenne ottime relazioni con la Serbia anche dopo la fine dell’amministrazione Trump: nel 2021 per esempio pubblicò su Instagram un video di lui e il ministro delle Finanze serbo Sinisa Mali che fanno festa in un locale di Belgrado (curiosamente, i due cantano Bella ciao, che in quel periodo, soprattutto grazie alla serie Netflix La casa di carta, era diventata una canzone molto popolare in alcuni paesi).

Se Trump dovesse tornare alla presidenza, Grenell è uno dei possibili candidati per diventare segretario di Stato, cioè ministro degli Esteri. Anche per questo, i forti legami di due persone molto vicine a Donald Trump con il governo serbo stanno provocando preoccupazioni legate a un possibile conflitto di interessi. Kathleen Clark, docente alla Washington University a St. Louis, ha detto al New York Times che «la preoccupazione è che il governo serbo possa tentare di influenzare un futuro presidente Trump facendo affari con la sua famiglia».