• Mondo
  • Venerdì 19 aprile 2024

Per Trump non è stato divertente assistere alla selezione dei giurati nel processo contro di lui

L'ex presidente statunitense era presente a tutte le sedute durante le quali, tra le altre cose, sono stati letti alcuni meme che lo prendevano in giro

(Brendan McDermid-Pool/Getty Images)
(Brendan McDermid-Pool/Getty Images)
Caricamento player

Dopo tre giorni di selezioni (e uno di pausa mercoledì) il tribunale di Manhattan, nello stato di New York, ha scelto i 12 componenti della giuria popolare che dovrà giudicare l’ex presidente statunitense Donald Trump nel primo processo penale contro di lui, iniziato lunedì. È stato selezionato anche uno dei sei giurati di riserva, e si prevede che il processo vero e proprio potrà cominciare già lunedì. La selezione è stata molto raccontata dai giornali statunitensi e ha avuto vari momenti particolari a causa della popolarità di Trump e della sua presenza in aula: in certe fasi, mentre i suoi avvocati si consultavano, l’ex presidente è rimasto solo sul banco della difesa, a braccia conserte, mentre vari giurati leggevano vecchi post sui social network in cui lo definivano «razzista e sessista», dicevano di disapprovare ogni sua decisione e di avere una pessima idea della sua persona.

La giuria popolare è un organo composto da normali cittadini che dovranno assistere a tutte le fasi del processo e infine esprimere un verdetto di colpevolezza o innocenza, basandosi sulle prove e sulle testimonianze presentate. Sarà poi la magistratura vera e propria (quindi i giudici togati) a decidere l’eventuale pena. Il requisito principale dei giudici popolari dovrebbe essere la loro imparzialità: tutti devono dichiarare di non avere pregiudizi nei confronti dell’imputato e di poterlo quindi giudicare in modo oggettivo.

Per questo i potenziali giurati hanno dovuto rispondere a 42 domande su lavoro, percorso scolastico, famiglia, orientamento politico e strumenti che usano per informarsi, mentre le squadre legali dell’accusa e della difesa hanno analizzato i loro profili sui social network. Per esempio, una potenziale giurata ha detto di aver visto Trump fare shopping di vestiti per bambini negli anni Novanta, mentre un altro, un aspirante giocatore di hockey, è stato escluso perché si era complimentato con Trump per la pista da pattinaggio sul ghiaccio a Central Park, gestita da una società dell’ex presidente. Un terzo ha detto di «dissentire con quasi tutte le sue decisioni politiche», ed è stato quindi escluso.

– Leggi anche: Scegliere una giuria che giudichi Trump è ancora più difficile del solito

Durante le sedute gli avvocati della difesa hanno anche mostrato e letto ad alta voce alcuni meme molto critici nei confronti di Trump, pubblicati in passato sui social dai potenziali giurati o dai loro famigliari. Uno di questi mostrava due foto una di fianco all’altra, rispettivamente di Trump e dell’ex presidente Barack Obama, con la descrizione: «Non pensavo che “orange is the new black” significasse questo». Orange is The New Black è il titolo di una nota serie televisiva ambientata in un carcere femminile statunitense, e orange (arancione) è anche un riferimento all’incarnato di Trump, che in molte foto appare come tendente a quel colore. Obama invece è stato il primo presidente statunitense afroamericano, e il predecessore di Trump. Un giornalista del New York Times ha scritto che anche Trump ha visto quel meme mentre era in aula, stampato su un foglio di carta, e «non sembrava per nulla divertito».

Donald Trump a Harlem il 16 aprile (Photo by Spencer Platt/Getty Images)

I legali della difesa hanno chiesto conto a una potenziale giurata di un suo post del 2016 su Twitter, in cui definiva Trump «razzista, sessista e narcisista». Il giudice Juan Merchan le ha chiesto di leggerlo ad alta voce e lei ha ammesso: «Beh, sì, suona male, ma ero molto alterata durante quelle elezioni. Non la penso più allo stesso modo». Il giudice ha deciso comunque di escluderla. Un giurato è stato invece selezionato dopo aver mostrato di possedere solo un telefono piuttosto vecchio (non uno smartphone) e aver aggiunto: «Non vedo nemmeno nessun podcast».

Un giurato nato e cresciuto in Italia ha chiesto di essere esentato sostenendo che i media italiani avessero spesso associato la situazione di Donald Trump a quella dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e che questo gli avrebbe impedito di giudicare l’imputato in modo imparziale. Un’altra ha detto che Trump «non mi piace come persona», ma ha poi aggiunto: «Non mi piacciono anche molti miei colleghi, ma non per questo cerco di sabotarne il lavoro», un commento che ha suscitato qualche risata tra i presenti.

La giuria infine selezionata è composta da sette uomini e cinque donne, tutti cittadini statunitensi, maggiorenni, residenti in uno dei cinque distretti della città di New York e senza precedenti penali. Per decisione del giudice le identità e gli indirizzi dei giurati saranno mantenuti segreti, in modo da evitare pressioni esterne e possibili ripercussioni per il loro giudizio. I media statunitensi hanno quindi raccontato i profili dei giurati senza troppi particolari specifici che permettano di identificarli. Sappiamo che si identificano in diverse etnie (bianchi, ispanici, asiatici, afroamericani); abitano in vari quartieri newyorkesi, tra cui altri Harlem, Chelsea, Upper East Side e Murray Hill; e lavorano nei settori della finanza, della scuola, della medicina. Ci sono anche un ingegnere e due dipendenti di studi legali.

Inizialmente erano stati scelti anche due giurati che poi sono stati esclusi, un fatto particolarmente inusuale. Una giurata selezionata martedì è stata esentata giovedì perché era stata riconosciuta da troppi amici e conoscenti dalle descrizioni sommarie che ne hanno dato i media statunitensi. La donna ha raccontato di aver ricevuto moltissimi messaggi e telefonate e di non essere più sicura di poter dare un giudizio imparziale sul caso, visto che la sua identità era nota. Un altro giurato inizialmente selezionato è stato escluso perché non avrebbe dato risposte sincere su un arresto del 1990 per aver strappato alcuni manifesti elettorali.

Molti altri giurati sono stati esclusi per “giusta causa”, ossia perché la difesa o l’accusa hanno ritenuto che avessero pregiudizi o conflitti di interessi nei confronti di Trump. Gli avvocati di entrambe le parti hanno inoltre esercitato più volte il loro diritto alla peremptory challenge, cioè all’esclusione “perentoria” di un potenziale giurato, di fatto perché considerato poco favorevole alla loro causa. La peremptory challenge può essere usata poche volte, e la fase di selezione è proceduta in modo inaspettatamente rapido anche perché i legali di Trump hanno esaurito presto le possibilità di escludere i potenziali giurati con questa modalità.

In un disegno la consultazione fra Donald Trump e i suoi legali (Elizabeth Williams via AP, Pool)

La selezione della giuria è un momento molto importante in tutti i processi statunitensi, ma in questo caso è ancora più complessa. Trump è un personaggio estremamente noto e controverso, soprattutto nell’area di Manhattan, dove l’elettorato tende a votare per il Partito Democratico e Trump (che fa parte del Partito Repubblicano) ha sempre avuto indici di gradimento molto bassi.

Trump era obbligato a presenziare a tutte le sedute, e ha provato a sfruttare le pause per definire questo processo “politico” e per denunciare una presunta persecuzione giudiziaria ai suoi danni. Il caso riguarda un presunto pagamento di 130mila dollari all’attrice di film porno Stormy Daniels, effettuato nel 2016 per comprare il silenzio dell’attrice su un rapporto sessuale avuto con lui una decina di anni prima. Secondo l’accusa il pagamento non sarebbe stato rendicontato correttamente: se ritenuto colpevole Trump rischia un massimo di quattro anni di carcere. Oltre a quello iniziato lunedì, è imputato in altri tre processi penali: è accusato di aver cercato di sovvertire l’esito delle elezioni presidenziali del 2020; di aver tentato di cambiare i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali nello stato della Georgia; e di aver conservato alcuni documenti governativi riservati nella propria villa di Mar-a-Lago, in Florida.