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  • Lunedì 15 aprile 2024

Gli Oklahoma City Thunder fanno sul serio

Sono arrivati primi a sorpresa nella Western Conference dell'NBA con una squadra molto giovane e talentuosa: ai playoff dovranno gestire soprattutto la scarsa esperienza dei loro migliori giocatori

(Dustin Satloff/Getty Images)
(Dustin Satloff/Getty Images)
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La squadra di basket degli Oklahoma City Thunder ha concluso la stagione regolare della NBA al primo posto della Western Conference, vincendo 57 partite e perdendone 25, il suo miglior risultato dal 2014 (quando arrivò seconda, pur con 59 vittorie). La stagione regolare, o regular season, è la prima parte del campionato NBA, il principale campionato di basket statunitense, nella quale tutte le squadre giocano 82 partite. Nella classifica finale le squadre vengono divise in due Conference (Eastern e Western), cioè due gironi su base geografica, uno a Est e uno a Ovest, e le prime otto di ogni Conference giocano i playoff, la parte decisiva della stagione: chi vince i playoff, vince il titolo NBA.

Il risultato di Oklahoma è sorprendente perché è una squadra molto giovane, la più giovane a vincere così tante partite in regular season e ad arrivare prima a Ovest da quando, nel 1984, ai playoff si qualificano otto squadre (prima erano solo sei). Prima di quest’anno molti esperti e opinionisti la consideravano promettente per il futuro, ma non già pronta per giocare una stagione del genere, anche perché l’anno scorso i Thunder, come vengono spesso chiamati, erano arrivati decimi nella Western Conference, con 40 vittorie e 42 sconfitte in stagione.

Quest’anno invece Oklahoma ha giocato un’eccezionale stagione regolare e ha superato in classifica squadre molto forti come i Denver Nuggets, campioni NBA in carica, che hanno vinto lo stesso numero di partite ma sono arrivati secondi per aver perso tre dei quattro scontri diretti stagionali. Al primo turno dei playoff, che cominceranno il 19 aprile, Oklahoma affronterà una tra i New Orleans Pelicans, i Los Angeles Lakers, i Sacramento Kings e i Golden State Warriors, che in questi giorni si giocheranno il play-in (degli spareggi in cui le quattro squadre classificate dalla settima alla decima posizione hanno la possibilità di ottenere gli ultimi due posti per i playoff).

L’allenatore degli Oklahoma City Thunder è dal 2020 il 39enne statunitense Mark Daigneault, mentre il giocatore più forte è il playmaker Shai Gilgeous-Alexander, canadese di 25 anni. Gilgeous-Alexander è stato uno dei migliori giocatori in assoluto di questa regular season, nella quale ha totalizzato 30,1 punti di media a partita (terzo in NBA dopo lo sloveno Luka Doncic e il greco Giannis Antetokounmpo, due dei migliori giocatori in assoluto di questi anni), oltre a 6,2 assist e 5,5 rimbalzi.

Le migliori giocate della prima parte di stagione di Shai Gilgeous-Alexander

Rispetto alla scorsa stagione, quest’anno si è aggiunto alla squadra il centro 22enne Chet Holmgren, statunitense, probabilmente il miglior esordiente dell’anno dopo Victor Wembanyama. Hanno giocato molto bene anche gli altri tre titolari abituali: il 23enne Jalen Williams, anche lui statunitense, il 24enne canadese Luguentz Dort e il 21enne Josh Giddey, australiano. La giovane età permette agli Oklahoma City Thunder di giocare un basket spettacolare e ad altissimo ritmo: la squadra è molto forte in transizione, cioè ad attaccare velocemente dopo aver riconquistato il possesso, e a pressare gli avversari costringendoli a perdere palla.

Dopo la sorprendente stagione regolare, ora ci si chiede se Oklahoma continuerà così anche ai playoff, dove i livelli di gioco e di agonismo si alzano, e le squadre più forti danno solitamente il meglio (in stagione regolare, essendoci moltissime partite, non tutte vengono giocate al massimo dell’intensità). Secondo diversi opinionisti, la mancanza di esperienza potrebbe condizionare in negativo Oklahoma: dei titolari, solo Gilgeous-Alexander ha giocato partite di playoff in carriera (13 in tutto, e mai da “stella” della squadra). Sono partite in cui bisogna gestire una pressione diversa, soprattutto quella che riguarda la possibilità dell’eliminazione, e in cui l’esperienza è ritenuta un fattore importante. Probabilmente è anche per questo che a febbraio Oklahoma ha inserito in squadra tre giocatori con più di 30 anni, Gordon Hayward, Bismack Biyombo e Mike Muscala: non sono tre titolari, ma hanno giocato circa una trentina di partite di playoff a testa e potranno essere utili nel prossimo periodo.

Non è solo una questione anagrafica, comunque, ma anche di come cambia il gioco ai playoff: parlando delle prospettive dei Thunder, un mese fa Sports Illustrated ricordava che tradizionalmente ai playoff diminuiscono le palle perse (e quindi recuperate dalle squadre avversarie) e i punti in contropiede, due aspetti su cui Oklahoma ha costruito il successo della sua eccezionale stagione regolare. Bisogna vedere, insomma, se lo stile di gioco di Oklahoma riuscirà a essere efficace anche ai playoff. Avere il vantaggio del fattore campo (giocare cioè una partita in più in casa rispetto agli avversari ai playoff, grazie al miglior piazzamento nella stagione regolare) potrebbe avvantaggiarla, perché in casa quest’anno Oklahoma è stata davvero difficile da battere: al Paycom Center ha messo insieme 33 vittorie e 8 sconfitte.

Le giocate migliori di Oklahoma a marzo

Gli Oklahoma City Thunder nacquero sedici anni fa dall’ex franchigia dei Seattle SuperSonics, che si trasferì in Oklahoma nel 2008: nello sport statunitense i cambi di città sono una cosa abbastanza comune. Se si considera solamente la storia dopo il trasferimento a Oklahoma, la squadra non ha mai vinto il titolo NBA (lo vinsero invece i Seattle SuperSonics nel 1979). Ci andarono vicini nel 2012, quando persero 4-1 le Finals contro i Miami Heat di LeBron James.

Come l’attuale Oklahoma, anche quella era una squadra molto giovane e con molti giocatori di talento: aveva in squadra tre futuri MVP (Most Valuable Player, come viene chiamato il premio che si dà al miglior giocatore della stagione regolare o dei playoff) come Kevin Durant, Russell Westbrook e James Harden. Sembrava, insomma, una squadra promettente e destinata a vincere il titolo, prima o poi, e invece non raggiunsero mai più le Finals.

James Harden, Kevin Durant e Russell Westbrook nel 2012 (Ronald Martinez/Getty Images)

Nel 2013 vinsero la Western Conference con 60 vittorie, ma uscirono in semifinale contro Memphis. Nel 2016, ultimo anno prima di questo in cui superarono le 50 vittorie in stagione regolare, erano avanti per 3 partite a 1 nelle finali di Western Conference contro i Golden State Warriors, ma alla fine persero la serie 4-3 venendo rimontati. Harden se n’era già andato, l’estate successiva se ne andò pure Durant, proprio a Golden State, e Oklahoma cominciò un lungo processo di ricostruzione che ora sta dando ottimi risultati.