Digiunare dai social durante il Ramadan

Alcune persone musulmane scelgono di usare il mese dell'astinenza e della preghiera per disintossicarsi dagli aspetti meno sani della vita online

di Viola Stefanello

Una bacheca di Pinterest dedicata al Ramadan (il Post)
Una bacheca di Pinterest dedicata al Ramadan (il Post)

Houda Delmaki è un’imprenditrice ventinovenne italo-marocchina. Da qualche tempo si è accorta che, nei momenti di noia o attesa, uno dei suoi primi impulsi è tirare fuori il cellulare e aprire Instagram: un rapporto simile a quello che tantissimi negli anni hanno sviluppato nei confronti dei social network, ma che non la metteva a suo agio.

Quest’anno ha quindi deciso di fare un esperimento in occasione del Ramadan, il nono mese del calendario lunare islamico dedicato al digiuno, alla preghiera, alla carità verso i più poveri e all’astinenza da ogni atto considerato cattivo o impuro, e che quest’anno si concluderà tra il 9 e il 10 aprile. Ha disinstallato le app di Instagram e Facebook dallo smartphone, dedicando il tempo così guadagnato ad approfondire il proprio lato spirituale, pregare e stare con i propri cari. E dice che le è servito: «mi ha dato modo di pensare al tempo che passo a scrollare online, e al fatto che potrei impiegarlo meglio in altri modi. Per esempio ho cominciato a leggere molto di più prima di dormire, e vorrei continuare a farlo anche dopo il Ramadan».

Delmaki non è la sola ad aver deciso di sfruttare il mese del Ramadan per fare un cosiddetto “digital detox”, limitando volontariamente l’attenzione che presta ai social network. Una delle tradizioni centrali legate al mese sacro per la religione musulmana è proprio quella di interrogarsi sulle proprie abitudini meno sane, digiunando non solo dal cibo, ma anche dalle altre cose da cui ci si sente dipendenti. Alcuni hanno deciso di applicare questo ragionamento al proprio rapporto con le piattaforme digitali; altri non arrivano a cancellare il proprio profilo o le app dal cellulare, ma fanno lo sforzo di limitare il consumo di contenuti frivoli o che percepiscono come negativi. Usano gli strumenti dati da internet piuttosto per approfondire la propria fede e il proprio rapporto con la più ampia comunità di credenti, che include circa 1,8 miliardi di musulmani a livello globale.

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Secondo la religione musulmana, il Ramadan è il periodo di tempo in cui Dio cominciò a rivelare il Corano al profeta Muhammad (nome che generalmente le persone musulmane italiane preferiscono alla versione italianizzata Maometto, che secondo alcune ricostruzioni etimologiche avrebbe una antica connotazione dispregiativa). Esclusi i bambini sotto gli 11 anni, gli anziani, i malati e le donne incinte, tutti i fedeli sono tenuti a digiunare, non toccando né acqua né cibo, dall’alba al tramonto, per circa 16 ore al giorno.

A sera il digiuno viene interrotto con l’iftar, un pasto serale generalmente sostanzioso e consumato insieme ad amici e parenti. Il digiuno è uno dei cinque “pilastri” dell’Islam, cioè uno dei cinque precetti fondamentali (gli altri sono la testimonianza, la preghiera, l’elemosina e il pellegrinaggio alla Mecca). Secondo la tradizione, dovrebbe insegnare a immedesimarsi nelle persone più povere, a esercitare il proprio controllo su di sé e a mostrare devozione ad Allah.

Alcune regole, come quella di digiunare materialmente dall’alba al tramonto, evitare di avere rapporti sessuali o fumare, si estendono all’intera comunità dei credenti. Sta però a ogni musulmano decidere quali altre limitazioni imporsi durante il Ramadan in modo da allontanarsi dalle abitudini e dai vizi a cui si è particolarmente legati nella vita quotidiana.

Questo si applica anche all’uso dei social network. Negli ultimi anni, per esempio, sono emersi tanti influencer musulmani che sfruttano il periodo del Ramadan per condividere sconti e pubblicità: approfittano un po’ del fatto che molti credenti riducono il proprio orario lavorativo durante questo mese, e che quindi finiscono per passare più tempo del solito sui social network. Secondo Deutsche Welle, «il Ramadan porta a un’impennata degli acquisti online perché alla fine del mese ci si scambiano regali e spesso si indossano vestiti nuovi. Inoltre le persone hanno più voglia di vestirsi bene, dato il maggior numero di occasioni di socialità tra preghiere e pasti comuni».

Al contempo, però, molti altri credenti scelgono di adottare un atteggiamento particolarmente morigerato nei confronti dei propri consumi digitali. «Ogni Ramadan stabiliamo obiettivi orientati al miglioramento di noi stessi», spiega Omar Usman, autore del libro Fiqh of Social Media: Timeless Islamic Principles for Navigating the Digital Age. «E possiamo farlo in due modi. Da una parte lavoriamo per sviluppare abitudini migliori pregando, frequentando la moschea, leggendo il Corano, trascorrendo più tempo con le nostre famiglie, persino allenandoci. Al contempo proviamo a migliorarci riducendo il tempo che passiamo a guardare la tv, giocare ai videogiochi, spettegolare, mangiare schifezze ed essenzialmente fare qualsiasi altra cosa ci faccia sentire in colpa».

Per questo Usman consiglia ai credenti di introdurre qualche forma di digital detox nella propria vita durante il Ramadan, «anche perché è un ottimo modo per ridimensionare il proprio ego, ricordandosi che il mondo continua ad andare avanti anche senza di te». Sul suo blog dà diversi consigli su come farlo, a seconda dell’autocontrollo di ciascuno e del livello di dipendenza che sente di provare: cancellare le app che si usano più spesso dallo smartphone oppure direttamente il proprio profilo, silenziare le notifiche in modo da ricevere un minor numero di stimoli oppure utilizzare strumenti che ti impediscono di usare una determinata app per più di pochi minuti al giorno. «Il problema non è il telefono o i social network in sé», dice: «è che lasciamo che questi strumenti riempiano il nostro tempo».

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Altri studiosi ritengono che sarebbe anche il caso di modificare il proprio comportamento online, se si decide di continuare a usare i social network durante il Ramadan. Mohamad Haeqal Ishak, professore del Dipartimento di studi coranici dell’Università islamica internazionale della Malaysia, ha recentemente detto che è particolarmente importante evitare di scrivere post e commenti negativi, insultanti o diffamanti perché «come ha affermato il profeta Muhammad, un musulmano è colui che evita di fare del male agli altri musulmani sia con le mani che con la lingua». Compiere atti di cyberbullismo, secondo lui, «è particolarmente grave se succede durante il Ramadan, un mese pieno di benedizioni».

Il professor Mohamad Saleeh Rahamad dell’Università della Malaysia ha aggiunto che, in generale, «i musulmani dovrebbero pensarci due volte prima di scrivere un commento negativo online, perché può avere un effetto sugli altri. Se scrivi un’oscenità, qualcosa di diffamante o che potrebbe sfociare in animosità, non stai solo commettendo un peccato, ma stai anche provocando un impatto potenzialmente negativo sulla comunità in senso più ampio».

Un volontario prepara il cibo per un banchetto organizzato per l’Iftar a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti (François Nel/Getty Images)

A questo ragionamento si aggiunge anche il fatto che molti dei contenuti che si trovano online – sia perché li si cerca, sia perché gli algoritmi calcolano che possano interessare – non convivono molto bene con un mese dedicato alla preghiera e alla spiritualità. Succede piuttosto spesso, anzi, di provare invidia, gelosia, disprezzo o desiderio sessuale scorrendo tra i contenuti sui social network.

«Normalmente su Instagram vedo molti reel dedicati al calcio, allo sport e alla palestra, ma durante il Ramadan cerco soprattutto contenuti dedicati alla preghiera o alla recitazione del Corano», racconta per esempio Mustapha Elha, che è italo-marocchino e ha 30 anni. «Anche perché è preferibile distogliere l’attenzione da determinati pensieri, ovvero da tutto ciò che ti genera desideri “impuri”: non dovrei stare a guardare la fitness influencer che fa gli esercizi in costume da bagno, per esempio».

La studentessa venticinquenne Imane, invece, dice che quest’anno ha lavorato sulla riduzione del tempo passato su TikTok, che «ormai era entrato fin troppo nella mia quotidianità, arrivando a occupare anche due, tre, quattro ore al giorno a guardare contenuti anche banali o stupidi, che non mi insegnano nulla di concreto. Piuttosto cerco video di preghiere, oppure lezioni spirituali, anche perché il senso del Ramadan è insegnarci a sviluppare un certo autocontrollo sulle nostre vite».

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Non tutti comunque vogliono, o possono, usare questo mese per rimettere in discussione il proprio rapporto con i social network, anche perché ci sono tante persone che hanno bisogno di tenerli aggiornati a fini lavorativi. Leila Fadel, ventottenne che fa la dj con il nome d’arte Turbolenta, dice che lei non potrebbe farlo anche se volesse: «quando suono da qualche parte devo postare al riguardo, e anche quando creo un mix nuovo».

«Penso che il Ramadan sia un mese importante per osservare cosa si può migliorare. In cosa stai esagerando? C’è un’abitudine o un vizio che ti possiede?», spiega. «Per esempio, un’amica che fa la promoter di serate qualche tempo fa mi ha detto di essere a disagio nel pubblicare le feste su cui lavora sui social durante il Ramadan. Io le ho detto che dipende da come personalmente vivi una serata: per me creare degli spazi in cui si festeggia insieme non contribuisce ad allontanarmi dalla fede, anzi. Crea dei bei momenti che rafforzano i miei rapporti affettivi. Ma se uno fa serata per sfasciarsi è un altro discorso».

I social network possono poi risultare utili alle persone che vivono in paesi dove la comunità musulmana è piccola. In questo senso, seguire altre persone che stanno festeggiando allo stesso modo, limitando volontariamente alcuni aspetti della propria vita altrimenti centrali come i pasti, può essere di grande aiuto. Durante il mese sacro è facile trovare gruppi di preghiera a distanza online, ma anche persone che condividono consigli per come imbandire la tavola per i pasti della sera o messaggi di incoraggiamento.

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