La moda contemporanea in Italia la fa SUNNEI

Fondato a Milano da due ventenni, in 10 anni ha avuto successo in tutto il mondo per i vestiti giocosi e la comunicazione e le sfilate irriverenti

di Arianna Cavallo

L'ultima sfilata di SUNNEI, Milano, 23 febbraio 2024
(foto singole di SUNNEI, collage del Post)
L'ultima sfilata di SUNNEI, Milano, 23 febbraio 2024 (foto singole di SUNNEI, collage del Post)

«È solo una camminata di tre minuti, sinistra destra sinistra destra e poi le potrai togliere. No, non ce la posso fare, ‘fanculo»: la modella si sfila con un calcio seccato le scarpe arancioni col tacco e le prende in mano: «Meglio, molto meglio», e prosegue sulla passerella, un tappeto colorato srotolato in uno showroom milanese per la sfilata del marchio di moda italiano SUNNEI il 23 febbraio scorso.

@archived.dreams SUNNEI Fall/Winter 2024 had speakes audiably projecting Model’s thoughts💭 #sunnei #fw2024 #milanfashionweek #mfw #fallwinter #models ♬ original sound – Archived Dreams

È successo davvero anche se quelli non erano realmente i suoi pensieri ma una voce registrata, che provava a immaginarli e che li condivideva con il pubblico, così come la scena era stata prevista e organizzata. SUNNEI, infatti, utilizza spesso questi momenti per ironizzare sul mondo della moda e nell’ultima sfilata – che ha presentato la collezione per l’autunno/inverno 2024/25 – ha ipotizzato chi fossero e cosa passasse nella testa delle modelle e dei modelli, anziché usarli come dei manichini su cui appendere i vestiti, come accade di solito. Per esempio:

«Devo fare pipì, non devo pensare all’acqua», «I vestiti sono carini ma abbinati così sembriamo una manica di clown: il punto è farci sembrare brutte o cosa?», «Cos’è che devo comprare? latte, yogurt greco, quello sicuro, mirtilli, Coca, protezione solare 50, snack», «Il mondo brucia e noi pensiamo alla moda? queste persone sono così superficiali, non ce la faccio più a fare questo lavoro. Guardali, guardali, così concentrati, guarda, guarda la bionda in seconda fila, pensa che la sua recensione cambierà il mondo».

La sfilata è stata una delle più divertenti e apprezzate della Settimana della moda di Milano (che si è tenuta dal 20 al 26 febbraio) e ha confermato l’interesse internazionale per il marchio, fondato nel 2014 dall’italiano Simone Rizzo e dal francese Loris Messina, che erano appena usciti dall’università dove non avevano studiato moda. Vogue Runway li ha definiti «mercuriali e imprevedibili. Gli piace destabilizzare e provocare ma il loro senso dell’umorismo nerd rende le sfilate […] un momento di intrattenimento intelligente in mezzo ad altre non ugualmente intelligenti». Cathy Horyn, una delle critiche di moda statunitensi più stimate, ha scritto su The Cut che SUNNEI è «il marchio di moda a Milano più originale dopo Prada» e che la collezione «è stata meravigliosa e la più sofisticata di quanto visto finora da SUNNEI».

Come alle sfilate di Prada, infatti, anche a quelle di SUNNEI si continua a pensare dopo averle viste: non sono solo delle semplici trovate per diventare virali sui social network, ma sono costruite attorno a una riflessione, spesso dissacrante, sul sistema della moda. 

Alla sfilata precedente, per esempio, avevano distribuito al pubblico delle palette da giuria invitando a votare i look man mano che comparivano, e ironizzando su come oggi ognuno si senta un critico; in quella prima modelle e modelli – tutti dipendenti di SUNNEI – arrivavano alla fine di una passerella sopraelevata, si voltavano di schiena e si lasciavano cadere sugli spettatori, che dovevano afferrarli per non farli cadere, partecipando attivamente all’evento. La sfilata con la collezione autunno/inverno 2022/23 era stata allestita all’aperto non lontano dalla Fondazione Prada: le modelle e i modelli non camminavano ma scendevano da un taxi e correvano per salire su un altro, mimando la frenesia della Settimana della moda ma anche della vita di tutti i giorni (e dimostrando la comodità e versatilità di quei vestiti).

In poco tempo, insomma, le sfilate di SUNNEI sono diventate un evento molto atteso della Settimana della moda milanese. I fondatori hanno spiegato che per loro non sono un’occasione per promuovere i vestiti «che anzi, probabilmente si vedrebbero meglio guardandoli su un iPhone», ma per far vivere «un’esperienza che rispecchi lo spirito del brand e che dica qualcosa su come vediamo il mondo».

SUNNEI, ovviamente, non funziona solo perché fa delle sfilate intelligenti ma perché è uno dei pochi marchi italiani “contemporanei”: lo è per il modo in cui è nato, per come si vende e si racconta online, per la capacità di creare una “community” di persone che si identificano con la sua visione del mondo e, ovviamente, per i vestiti, che sono molto riconoscibili e spesso pensati per essere indossati sia dagli uomini sia dalle donne.

Non è uno stile facilissimo da inquadrare: Forbes lo ha descritto come «uno scontro tra streetwear e alta moda, con uno strambo senso del cool» perché unisce i capi tipici dello streetwear (felpe, magliette e sneaker) a tagli, materiali e lavorazioni della tradizione italiana. Nel 2015 il T Magazine (il mensile di moda, cibo e viaggi del New York Times) lo definì «effortlessly cool» (cool senza sforzo) e nel 2020 raccontò che SUNNEI era «una rarità a Milano: una startup giovane, indisciplinata e di successo tra leviatani che dominano la moda italiana». In Italia il primo a notarla fu Angelo Flaccavento, uno dei più importanti critici di moda al mondo, che descrisse la sua estetica «da asilo nido per adulti»; sempre lui disse che i vestiti di SUNNEI «non servono a sedurre, non indicano lo status, cadono fuori dalle categorie tradizionali».

Una maglietta con lo slogan Everyday I wear SUNNEI. Rizzo e Messina raccontano che le avevano realizzate nel 2017 per regalarle ai loro amici: «Quello che non ci aspettavamo era che persone che le vedevano indosso a loro ci contattassero per averle. Quindi abbiamo iniziato a produrle e in poco tempo si sono trasformate in uno dei nostri capi più iconici». (© SUNNEI)

Secondo alcuni, oggi la nuova moda milanese – un tempo identificata dall’eleganza raffinata e grigia di Giorgio Armani – sarebbe rappresentata proprio da SUNNEI: un minimalismo urbano e giocoso, colorato, sottilmente provocatorio, senza prendersi troppo sul serio; simpaticamente antipatico, come amano dire Rizzo e Messina. Lo spirito del marchio è insomma racchiuso nel suo stesso nome: SUNNEI è il modo in cui si pronuncia in inglese la parola inglese sunny, soleggiato, una scelta giocosa e autoironica.

Rizzo e Messina ebbero l’idea di fondare SUNNEI su un volo di ritorno da Milano a New York nell’autunno del 2013. Erano stupiti che in Italia non ci fossero nuovi marchi d’abbigliamento da uomo e pensarono di farne uno loro: avrebbero creato una collezione con quello che loro volevano indossare e che si aspettavano avrebbe indossato la gente interessante. Messina, che aveva 25 anni, lavorava nel visual merchandising di Gucci e Rizzo, che ne aveva 24, come buyer (cioè il professionista che sceglie quali vestiti comprare dalle aziende e rivendere nei negozi o nei grandi magazzini). Iniziarono dai capi di base, lavorando soprattutto sui concetti e sulle idee e, contemporaneamente, curando nei dettagli il contorno, dalla fotografia alla comunicazione. «Il primo capo, raccontano, è stato «un top bianco in chambray [un tessuto azzurro simile al denim, di solito in cotone, ndr] al quale abbiamo dato la forma di una t-shirt: fin dall’inizio sperimentavamo a partire da concetti molto semplici».

Simone Rizzo e Loris Messina (© SUNNEI)

La prima collezione – pensata per l’uomo: si sarebbero allargati all’abbigliamento da donna nel 2019 – piacque molto alla critica ma la campagna vendite fu deludente: pochi negozi comprarono i vestiti per rivenderli. Le cose cambiarono quando la seconda collezione venne acquistata da Opening Ceremony – un importante marchio di moda statunitense che rivende prodotti anche di altri – che li rese famosi all’estero e nel mondo dello streetwear. Alla fama di SUNNEI contribuì molto anche internet: grazie a Instagram e all’e-commerce, Rizzo e Messina riuscirono a interessare paesi altrimenti lontani, primi tra tutti il Giappone e la Corea del Sud, tanto che inizialmente molti pensavano che fosse un marchio sudcoreano e non italiano. Ora, raccontano, nelle vendite «alla Corea si è affiancata l’Italia – sicuramente per la nostra presenza sul territorio –, gli Stati Uniti» su cui hanno deciso di puntare, e altri paesi europei, primo tra tutti la Germania.

Eppure SUNNEI è molto legato a Milano dove, dicono Rizzo e Messina, «siamo sempre stati nel nostro mondo» e molto apprezzati da artisti, designer, musicisti, illustratori, giornalisti. Inizialmente erano i loro amici a indossare e fotografare le collezioni, che si diffondevano anche grazie al passaparola, un modo di crescere comune a molti nuovi marchi e scimmiottato anche da alcuni grandi brand senza la stessa autenticità.

Il loro obiettivo è creare un guardaroba contemporaneo – giocoso, modulare e personalizzabile – che non sia influenzato dalle tendenze: come ha raccontato Rizzo, «SUNNEI è come un iPhone: ogni nuova stagione ci sono degli update». Vale per molti dei capi e accessori più famosi e popolari, come per esempio i Rubberized Earrings, degli orecchini a cerchio con applicati dei gommini colorati: come spiegano Loris e Messina «a ogni stagione proponiamo nuove combinazioni di colori così come versioni speciali che si troveranno soltanto in quella collezione», e anche per le Dreamy Shoes, scarpe «che soprattutto nel mercato asiatico non hanno mai smesso di attirare attenzione da quando le abbiamo lanciate nel 2019».

Un po’ di Rubberized Earrings di SUNNEI (© SUNNEI)

L’altro punto di forza di SUNNEI è la possibilità di personalizzare e giocare con i loro capi. Una maglietta, la Do What You Want, è venduta con un logo a parte che si può applicare o meno con il ferro da stiro mentre una delle collezioni più identitarie è SUNNEI Canvas, del 2021: i capi più famosi erano completamente bianchi e personalizzabili dai clienti nei tessuti, nelle forme e nei colori e infine stampati in 3d nel loro negozio.

Un modello di Dreamy Shoes (© SUNNEI)

Nel 2020 SUNNEI ha ceduto la maggior parte del suo capitale al fondo di investimento Vanguards per circa 6 milioni di euro e da allora Messina e Rizzo sono ancora i direttori creativi. Oltre a fare moda, in questi quasi dieci anni di SUNNEI hanno aperto un negozio fisico, ristrutturato uno spazio da 4000 metri quadrati trasformandolo in galleria d’arte a cielo aperto, disegnato una linea di oggetti (vasi, piatti, candele, cuscini) e sostenuto una rivista indipendente, rivelandosi, come ha scritto Flaccavento, «più interessati a costruire un brand che possa funzionare come contenitore creativo e culturale che a produrre qualcosa di tendenza».

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