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  • Venerdì 8 marzo 2024

Il piano americano di costruire un molo temporaneo davanti a Gaza ha diversi problemi

L'ha annunciato il presidente Joe Biden: soprattutto non si capisce in che modo gli aiuti che arriveranno via mare saranno consegnati alla popolazione della Striscia

Una famiglia della Striscia di Gaza scappa verso la città meridionale di Rafah
Una famiglia della Striscia di Gaza scappa verso la città meridionale di Rafah (AP Photo/Fatima Shbair)
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Giovedì, durante il suo discorso sullo stato dell’Unione, il presidente americano Joe Biden ha annunciato che gli Stati Uniti intendono costruire davanti alle coste della Striscia di Gaza un molo temporaneo da cui distribuire aiuti umanitari per la popolazione palestinese, per alleviare la crisi provocata da sei mesi di bombardamenti e operazioni militari di Israele.

Non ci sono molte informazioni sul piano: Biden non ha fornito dettagli e tutto quello che si sa viene da alcune dichiarazioni di funzionari americani rimasti anonimi che hanno parlato con i giornalisti per prepararli prima del discorso del presidente. Ma alcuni esperti stanno già notando le molte difficoltà di questo piano, che richiederà settimane per essere realizzato (mentre il rischio di morire di fame a Gaza è presente già da tempo), che ha ancora vari problemi logistici, soprattutto nella parte della consegna degli aiuti, e che potrebbe subire l’ostruzionismo del governo di Israele.

Il molo temporaneo dovrebbe essere una grande piattaforma agganciata in qualche modo al fondale davanti alla costa della Striscia di Gaza: un esempio che è stato fatto in queste ore per aiutare a capire di cosa si tratti sono i cosiddetti “Mulberry Harbour”, cioè due enormi moli temporanei di calcestruzzo che l’esercito britannico costruì davanti alle coste della Normandia durante la Seconda guerra mondiale, e che servirono agli Alleati per portare rapidamente a terra soldati e mezzi militari. Non è chiaro però di che materiale e con che tecniche saranno costruiti i moli americani.

Uno dei Mulberry Harbour nel 1944, con una piattforma galleggiante che lo collega a terra

Uno dei Mulberry Harbour nel 1944, con una piattaforma galleggiante che lo collega a terra (Three Lions/Getty Images)

Secondo quanto detto dai funzionari americani ai giornalisti, l’operazione di distribuzione di aiuti partirà da Cipro, dove già adesso sono in corso grosse operazioni di raccolta e smistamento degli aiuti umanitari che si muovono in nave. A Cipro il governo di Israele avrà la possibilità di controllare tutti gli aiuti in partenza, in modo da assicurarsi che non contengano armi o altro materiale ritenuto pericoloso.

Le navi cariche di aiuti partiranno dal porto di Larnaca (Cipro, appunto) per poi attraccare nel molo temporaneo costruito dagli Stati Uniti davanti alle coste di Gaza.

Da lì non è chiaro come raggiungerebbero la terraferma, cioè la Striscia di Gaza. Le possibilità sono due: che venga costruita una passerella galleggiante su cui possano transitare camion pieni di aiuti (come successe con i Mulberry Harbour), oppure che una flotta di navi più piccole si occupi di trasportare gli aiuti dal molo temporaneo a terra. Questa flotta potrebbe essere quella dello chef spagnolo José Andrés, che da tempo gestisce una ong, la World Central Kitchen, per distribuire aiuti alimentari ed è già attiva nella Striscia di Gaza.

La realizzazione e il funzionamento di questo molo richiederà la partecipazione di migliaia di soldati e di esperti di logistica militare statunitensi. Bisogna poi considerare che, oltre alla costruzione in sé, sarà anche necessario mobilitare navi e mezzi militari per la protezione del molo e di tutte le altre infrastrutture, soprattutto se saranno costruite vicino alle coste di Gaza e in luoghi dove potrebbero essere attaccate da Hamas o da altri gruppi.

Questo piano degli Stati Uniti ha alcuni aspetti critici piuttosto evidenti. Il primo è il tempo. La realizzazione di un molo di questo tipo potrebbe richiedere settimane (oppure perfino qualche mese, hanno detto i funzionari americani), ma la situazione a Gaza è così grave che il bisogno di aiuti è immediato.

– Leggi anche: Nella Striscia di Gaza si muore di fame

In secondo luogo, ci sono enormi problemi logistici. Posto che la costruzione e la messa in attività del molo non abbia grossi problemi (anche perché l’esercito americano ha una certa esperienza in questo tipo di attività di ingegneria militare, che va ben oltre la Seconda guerra mondiale), c’è poi il problema di come consegnare gli aiuti. Poiché a causa dei bombardamenti israeliani tutto l’apparato di sicurezza della Striscia di Gaza è stato smantellato, attualmente a Gaza non ci sono poliziotti o altre figure che potrebbero scortare i camion o le imbarcazioni che arriverebbero dal molo e che potrebbero garantire una ordinata distribuzione degli aiuti.

È quello che sta succedendo con gli aiuti inviati via terra a sud della Striscia, dal confine con l’Egitto dove, secondo vari funzionari internazionali, l’esercito israeliano avrebbe bombardato le postazioni della polizia di Gaza incaricata di proteggere i convogli umanitari, provocandone il ritiro. Senza nessuno che protegga i camion, la consegna degli aiuti è quasi impossibile.

Con i convogli umanitari sguarniti e senza protezione, dopo poche centinaia di metri oltre il varco per entrare nella Striscia di Gaza i camion sono stati in più occasioni circondati e assaltati da persone disperate e spesso armate di pistole, coltelli o taglierini, o anche disarmate, che hanno portato via il carico di cibo, farina, acqua in bottiglia.

La costruzione di un molo temporaneo, dunque, aggiungerebbe un nuovo punto di ingresso degli aiuti (via mare, oltre che via terra come già avviene) ma non risolverebbe il problema principale: quello della logistica e della distribuzione in sicurezza dei generi di prima necessità alla popolazione.

C’è poi un terzo problema, il possibile ostruzionismo di Israele. Sul quotidiano israeliano Haaretz un funzionario anonimo del governo israeliano ha detto che approva e sostiene il piano americano di costruire un molo temporaneo. Ma sull’invio di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, dall’inizio della guerra Israele ha una posizione piuttosto ambigua: sebbene negli ultimi mesi abbia messo in atto alcune misure per facilitare l’ingresso degli aiuti, al tempo stesso ne ha messe in atto altre che lo hanno reso più difficile, come per esempio il bombardamento delle postazioni della polizia di Gaza.

In questo senso, Israele – nel cui governo sono presenti ministri estremisti che vogliono impedire l’ingresso di qualunque tipo di aiuti nella Striscia – avrebbe più di un’occasione per rendere complicato anche il piano americano di un porto militare. Per esempio potrebbe sabotare i controlli degli aiuti a Cipro, oppure rifiutarsi di garantire la sicurezza delle operazioni.