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  • Giovedì 7 marzo 2024

Nella Striscia di Gaza si muore di fame

Almeno 16 bambini sono morti per la mancanza di cibo, e nel nord più del 15 per cento di quelli con meno di due anni è gravemente malnutrito

Civili palestinesi in fila per un pasto a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza
Civili palestinesi in fila per un pasto a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza (AP Photo/Fatima Shbair, File)
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Nel nord della Striscia di Gaza la situazione umanitaria è ormai al collasso: far arrivare aiuti è sempre più complicato e gran parte della popolazione, stimata in circa 300mila persone, ha esaurito le scorte di cibo. Il ministero della Salute della Striscia di Gaza, controllato da Hamas, ha detto che di recente almeno 15 bambini sono morti a causa della mancanza di cibo e di acqua nel solo ospedale di Kamal Adwan. Un altro è morto a Rafah, nel sud della Striscia.

Secondo uno studio condotto dal Global Nutrition Cluster, un insieme di associazioni che si occupano di diritto all’alimentazione, nel nord della Striscia di Gaza il 15,6 per cento dei bambini con meno di due anni è gravemente malnutrito, e circa il 3 per cento è in pericolo di vita. I dati sono stati raccolti a gennaio, ed è probabile che negli ultimi mesi la situazione sia peggiorata ulteriormente. Il Global Nutrition Cluster collabora anche con le Nazioni Unite, e i risultati dello studio sono stati citati dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS).

Prima dell’inizio degli attacchi e dei bombardamenti israeliani la percentuale di bambini fino ai 5 anni in pericolo di vita nella Striscia a causa della mancanza di cibo era dello 0,8 per cento: la situazione è quindi notevolmente peggiorata negli ultimi mesi.

La malnutrizione sta creando molti problemi anche alle donne incinte e a quelle che hanno partorito da poco, che non riescono ad allattare i figli. La gran parte della popolazione di Gaza ha dovuto diminuire il numero di pasti consumati in un giorno, e circa il 60 per cento delle famiglie ne consuma solo uno. Molti adulti stanno riducendo le proprie porzioni, già molto scarse, per offrire del cibo ai figli.

Il Washington Post ha raccontato che Sahar al-Zebdda, una bambina nata in un ospedale di Gaza, è morta a 47 giorni a causa della malnutrizione: la madre non poteva più allattarla e la famiglia non riusciva a trovare il latte in polvere. «Ci aspettavamo che qualcuno di noi sarebbe morto a causa dei bombardamenti o dei proiettili. Non pensavamo che la bambina, nata e vissuta sempre durante la guerra, sarebbe morta di fame», ha detto il padre, Tawfiq al-Zebdda, di 27 anni.

Dall’inizio della guerra la famiglia al-Zebdda è stata evacuata cinque volte verso vari rifugi di emergenza, ma non ha potuto spostarsi a sud, come inizialmente indicato dall’esercito israeliano, perché la moglie di Tawfiq era al sesto mese di gravidanza. La figlia Sahar è nata con un parto cesareo in un ospedale che non aveva elettricità.

Il direttore dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha scritto su X (Twitter) che la situazione negli ospedali Kamal Adwan e al Awda, entrambi nel nord di Gaza, è «spaventosa»: mancano il carburante, l’acqua, il cibo e i dispositivi medici, e alcuni edifici sono stati danneggiati o distrutti.

La situazione è meno grave (seppur comunque disastrosa) nel sud della Striscia di Gaza e soprattutto intorno alla città di Rafah, dove circa il 5 per cento dei bambini con meno di due anni è gravemente malnutrito.

Nel sud gli aiuti umanitari hanno continuato ad arrivare con relativa regolarità tramite il varco di Rafah, che collega la Striscia di Gaza con l’Egitto. Nel nord invece le consegne sono diminuite notevolmente negli ultimi giorni, fino quasi a fermarsi, a causa dell’impossibilità di mantenere l’ordine durante le operazioni di distribuzione. La scorsa settimana più di 100 civili palestinesi sono stati uccisi, e molti altri sono stati feriti, mentre aspettavano di ricevere cibo da uno dei rari camion umanitari arrivati lungo la strada costiera di al Rashid, nel nord della Striscia (secondo le autorità palestinesi l’esercito israeliano avrebbe sparato sulla folla, mentre Israele aveva sostenuto che fossero morti nella calca).

A partire da fine febbraio il Programma alimentare mondiale (PAM) ha interrotto le consegne di generi alimentari nel nord della Striscia a causa dei continui attacchi subiti dal personale che trasportava gli aiuti. In seguito alcuni paesi, tra cui il Regno Unito e gli Stati Uniti, hanno iniziato a lanciare aiuti umanitari dagli aerei: è una soluzione considerata un’ultima risorsa, che è stata criticata da varie organizzazioni umanitarie perché considerata molto costosa e poco efficiente.

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