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  • Domenica 3 dicembre 2023

I civili nella Striscia di Gaza non sanno più dove andare

La gran parte si trova nelle città del sud, che Israele sta bombardando e dove sta per iniziare una nuova offensiva via terra

Città di Gaza, 29 novembre (AP Photo/Mohammed Hajjar)
Città di Gaza, 29 novembre (AP Photo/Mohammed Hajjar)
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Nel primo giorno dopo la fine della tregua tra Hamas e Israele, l’esercito israeliano ha ripreso a bombardare con forza colpendo soprattutto Khan Yunis, la principale città meridionale. Poco prima l’aviazione aveva distribuito volantini sulla città per avvertire la popolazione di spostarsi ancora più a sud, verso Rafah. Ma in questa parte di territorio si erano già ammassati circa 2 milioni di civili che erano fuggiti dal nord, quando a fine ottobre Israele aveva cominciato l’offensiva. Domenica sera l’esercito israeliano ha detto di aver avviato operazioni militari via terra nell’area sud della Striscia, dove ritiene si siano nascosti i leader di Hamas. Di conseguenza, i civili non hanno praticamente nessun territorio in cui scappare.

A nord c’è l’esercito israeliano, a ovest il mare è controllato dalle navi militari israeliane e a sud l’unico passaggio di confine che non porti in Israele, il varco di Rafah con l’Egitto, è chiuso. «Non so dove andare» ha detto al New York Times Sameer al Jarrah, un uomo di 67 anni che vive ad Al Qarara, una città poco più a nord di Khan Yunis. L’esercito israeliano ha ordinato alla popolazione locale di abbandonarla e poi l’ha bombardata.

La soluzione di Israele consiste in una mappa che le forze israeliane hanno pubblicato venerdì. Nella mappa la Striscia di Gaza è divisa in 620 porzioni di terra, alcune delle quali delle dimensioni di due campi da calcio, altre più grandi. Israele ha detto che i civili dovranno attenersi a quella mappa per sapere quali sono i territori “sicuri” dove andare quando vengono ordinate le evacuazioni, ma non è chiaro come possano venire a conoscenza di queste informazioni i residenti di Gaza, che hanno un accesso assai limitato all’elettricità e alla connessione internet.

Un’altra soluzione, secondo Israele, sarebbe di trasferire la gran parte della popolazione in una cosiddetta «zona umanitaria» sulla costa sudest della Striscia, una porzione di territorio di 14 chilometri quadrati. Ma secondo funzionari dell’ONU sentiti dal Financial Times non si possono costringere oltre 2 milioni di persone (la popolazione totale della Striscia è di 2,3 milioni) in un’area più piccola di un aeroporto.

«In guerra non si può dichiarare unilateralmente una zona “sicura”» ha detto Philippe Lazzarini, a capo dell’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi, la UNRWA. «Se vogliamo parlare di aree “più sicure”, dobbiamo insistere su una maggiore aderenza ai diritti umani e alle leggi internazionali».

Om Mohamed Yunes, una donna di 38 anni, era fuggita dal nord e si era trasferita a Rafah nelle prime fasi della guerra. Adesso dovrà di nuovo andare via, ma non sa dove andare, ha detto al Financial Times. «Dove dovremmo andare? Come possiamo vivere se non c’è cibo, non c’è acqua potabile e fa freddo?».

Nel frattempo è improbabile che una tregua possa ristabilirsi nel breve periodo. Sabato il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha richiamato la delegazione del Mossad, l’intelligence israeliana per l’estero, che stava trattando la liberazione degli ostaggi a Doha, in Qatar. Il governo israeliano ha accusato Hamas di non aver rispettato i patti, che prevedevano la liberazione dei bambini e delle donne menzionate in una lista preparata da Israele. La delegazione del Mossad era a Doha per trattare una nuova tregua, ma sabato è tornata in Israele.

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