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  • Martedì 5 marzo 2024

Il Super Tuesday stavolta è un po’ meno super

Negli Stati Uniti è il giorno in cui si svolgono le primarie in più stati contemporaneamente: è spesso decisivo, ma oggi per Joe Biden e Donald Trump c'è poco in gioco

Un sostenitore vestito da "Super Trump", a Richmond, in Virginia (Photo by Win McNamee/Getty Images)
Un sostenitore vestito da "Super Trump", a Richmond, in Virginia (Photo by Win McNamee/Getty Images)
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Oggi negli Stati Uniti si sta tenendo il cosiddetto “Super Tuesday”, cioè il giorno delle primarie per la scelta del candidato alla presidenza in cui si vota in più stati contemporaneamente (quest’anno sono 15). Solitamente il Super Tuesday è molto atteso perché vengono assegnati circa un terzo dei delegati totali, cioè le persone che durante le “convention” estive sceglieranno il candidato di ciascun partito alle elezioni presidenziali. Quest’anno però la situazione è un po’ diversa e ci sono pochi dubbi su come andrà il voto.

I due candidati che erano già dati per favoriti, Joe Biden per i Democratici e Donald Trump per i Repubblicani, non hanno praticamente più rivali: Biden perché è il presidente uscente, e storicamente i presidenti uscenti che si ricandidano riescono ad arrivare facilmente alla “nomination”; Trump perché dall’inizio delle primarie è riuscito a vincere quasi ovunque (tranne in uno stato) e ha praticamente azzerato le possibilità di Nikki Haley, l’unica altra vera candidata rimasta per i Repubblicani, di recuperare lo svantaggio. Haley potrebbe anche ritirarsi dopo il Super Tuesday.

Entrambi i partiti votano in Alabama, Arkansas, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota, North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah, Vermont e Virginia, e nei territori americani delle Samoa Americane. I Repubblicani votano anche in Alaska, i Democratici in Iowa. Nel caso dei Repubblicani il metodo di assegnazione dei delegati varia da stato a stato, e in molti di quelli di martedì è maggioritario. I Democratici seguono sempre il metodo proporzionale.

Donald Trump durante un comizio (AP Photo/Alex Brandon)

Per i Repubblicani i delegati totali che parteciperanno alla convention sono 2.429: ne servono quindi 1.215 per ottenere la nomination e nel Super Tuesday ce ne sono 865 in palio. Trump ha raccolto 244 delegati negli stati in cui si è votato in precedenza (Haley 43), il suo comitato elettorale conta di aggiungerne 773 nel Super Tuesday e arrivare ufficialmente alla quota necessaria il 12 marzo, quando si voterà alle Hawaii, in Mississippi, in Georgia e nello stato di Washington, oppure una settimana più tardi, il 19 (quando voteranno altri 5 stati). Biden deve invece raccogliere 1.968 candidati: oggi ce ne sono 1.420 in palio, ma la sua nomination per i Democratici non è mai stata in discussione.

Nonostante l’esito scontato, ci sono comunque dei motivi per cui vale la pena guardare come va il Super Tuesday.

Trump ha dimostrato di avere un sostegno consolidato nella base dei Repubblicani più radicale e conservatrice, ma in vista delle elezioni di novembre potrebbe faticare a convincere i moderati e gli indecisi che si sono schierati più spesso con Haley. Finora Trump ha avuto i risultati peggiori nelle periferie delle grandi città e fra le donne, mentre i sondaggi più favorevoli a Haley sono stati realizzati in Vermont e in Virginia, stati in cui il distacco da Trump sembra minore (ma stiamo parlando comunque di oltre venti punti percentuali). In questi due stati l’elettorato Repubblicano è più moderato e possono votare anche elettori non registrati per nessun partito, che non si riconoscono quindi formalmente come Repubblicani.

Joe Biden durante un evento elettorale (AP Photo/Stephanie Scarbrough)

Negli ultimi giorni in vari stati (California, Colorado, North Carolina, Minnesota e Vermont) i sostenitori del partito Democratico hanno organizzato campagne per votare “scheda bianca”, come accaduto in Michigan, per mostrare il proprio dissenso su come l’amministrazione Biden sta gestendo la crisi umanitaria in corso nella Striscia di Gaza e sul sostegno fin qui garantito allo stato di Israele. La campagna in Michigan, molto più strutturata, aveva portato a un 13 per cento di “uncommitted” (schede bianche), un dato non clamoroso ma comunque rilevante soprattutto in uno stato in bilico nelle prossime elezioni di novembre, in cui la vittoria può essere decisa anche da alcune decine di migliaia di voti.

Gli ultimi sondaggi non sono particolarmente rassicuranti per i Democratici: quello elaborato da Bloomberg News in collaborazione con Morning Consult indica che Biden sarebbe in svantaggio rispetto a Trump in sette degli stati in bilico (Arizona, Georgia, Pennsylvania, Michigan, North Carolina, Nevada e Wisconsin) e indietro di 5 punti a livello nazionale (48% a 43% a favore di Trump). Un sondaggio di New York Times e Siena College pubblicato sabato ha invece segnalato gli indici di gradimento peggiori di sempre per Biden, con il 47 per cento degli elettori che considera “molto negativo” il suo operato.

Lunedì la Corte suprema statunitense, il più importante tribunale federale americano, ha stabilito all’unanimità che Trump potrà candidarsi alle elezioni primarie del Partito Repubblicano in Colorado, dove era stato considerato “ineleggibile” perché coinvolto direttamente nell’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021. La decisione si applica anche a tutti gli altri stati che avessero avuto l’intenzione di seguire la linea del Colorado, ma non chiude le questioni legali di Trump, imputato con 91 capi d’accusa in quattro diversi processi. Quello considerato più importante, legato al suo ruolo nell’attacco al Congresso, difficilmente arriverà a verdetto prima delle elezioni, perché dipende anche da una nuova sentenza della Corte Suprema, chiamata a pronunciarsi su una richiesta di immunità dell’ex presidente.

Donald Trump e il governatore del Texas Greg Abbott durante una visita al confine col Messico (AP Photo/Eric Gay)

Dopo il Super Tuesday comincerà probabilmente una nuova fase della campagna elettorale in vista delle presidenziali. Finora entrambi i candidati hanno cercato di mobilitare la propria base elettorale indicando il leader dell’altro partito come una «minaccia» a cui era necessario opporsi. Biden negli spot e nelle dichiarazioni ha per lo più definito Trump un «pericolo per la democrazia», per il diritto all’aborto e per le libertà personali, mentre i Repubblicani hanno attaccato il presidente soprattutto per la sua età molto avanzata e sul tema dell’emergenza migratoria al confine col Messico.