La moderazione sui social arriva davanti alla Corte Suprema

Negli Stati Uniti si discute se le grandi piattaforme abbiano o meno il diritto di limitare o rimuovere account di politici, come fecero con Donald Trump nel 2021

La sede della Corte Suprema, Washington, DC, Stati Uniti (Chip Somodevilla/Getty Images)
La sede della Corte Suprema, Washington, DC, Stati Uniti (Chip Somodevilla/Getty Images)

A partire da oggi la Corte Suprema degli Stati Uniti inizierà a esaminare due importanti casi sulla libertà di espressione online, che potrebbero incidere sulla campagna elettorale per le presidenziali del prossimo novembre. La Corte dovrà decidere se due leggi approvate rispettivamente in Florida e in Texas per impedire ai social network di rimuovere contenuti e profili politici, che violano le regole delle piattaforme, siano costituzionali. Nel caso di un parere favorevole Facebook, per esempio, non potrà più rimuovere il profilo di un politico come fece nei primi giorni del 2021 con Donald Trump, durante l’assalto al Congresso.

Nei mesi successivi a quei fatti, in Florida era stata approvata una legge che multa le piattaforme che mettono al bando le persone candidate alle elezioni per ricoprire ruoli pubblici. La legge impedisce inoltre alle piattaforme di eliminare contenuti pubblicati da organizzazioni giornalistiche, chiedendo che le regole di moderazione siano chiare e trasparenti per tutte le persone iscritte al servizio. La legge texana prevede invece che i social network non possano eliminare contenuti che contengono il punto di vista della persona che li ha pubblicati, e che di conseguenza non si possano censurare le cose espresse nei post.

Dopo la presentazione delle nuove leggi, la Computer & Communications Industry Association e NetChoice, che tutelano gli interessi di alcune delle più grandi aziende tecnologiche statunitensi come Alphabet, Meta e Microsoft, avevano fatto causa per evitare che le nuove leggi entrassero in vigore. Le posizioni delle due iniziative legali erano in linea con quanto sostenuto negli ultimi anni dalle grandi piattaforme: ogni azienda ha il diritto di decidere cosa possa o non possa essere pubblicato sul proprio sistema, in modi non molto diversi da cosa fanno i giornali. L’assunto deriva da quanto stabilito nel Primo emendamento della Costituzione statunitense, che tutela sia la libertà di espressione sia quella di stampa.

Lunedì le parti nei due casi sosterranno le proprie ragioni davanti ai giudici della Corte Suprema, che dovrebbero poi esprimersi entro il prossimo giugno, quindi quando mancheranno cinque mesi di campagna elettorale per le presidenziali.

Nel caso in cui le due leggi siano definite costituzionali, le piattaforme dovranno probabilmente sviluppare versioni alternative dei loro social network in Florida e Texas, in modo da mostrare agli utenti i contenuti con minore moderazione rispetto a quanto avviene oggi e continuerà ad avvenire in altri stati. Questa differenziazione non sarebbe però tecnicamente semplice, inoltre – una volta definite costituzionali – le due leggi potrebbero essere imitate da altri stati che avevano già espresso riserve e perplessità sulle limitazioni decise dalle piattaforme.

Le iniziative di legge di questo tipo sono quasi sempre guidate da esponenti del partito Repubblicano, che accusano Meta e gli altri di avere una visione del mondo che favorisce i Democratici e penalizza quindi la circolazione delle idee dei conservatori. Anche sulla base di questo Elon Musk aveva deciso di acquistare Twitter, ora X, sostenendo di volere tutelare la libertà di espressione per tutti e di non voler censurare nessun personaggio politico. Da quando ne è proprietario, il social network ha riattivato l’account di Donald Trump sospeso nel 2021 e permesso molti contenuti offensivi o contenenti notizie false, promosse per lo più da personaggi e gruppi estremisti di destra.

Proprio per questi motivi e per il rischio che circolino fake news e contenuti offensivi, le altre piattaforme sostengono l’importanza di poter moderare fortemente i contenuti quando necessario, arrivando alla sospensione degli account che violano ripetutamente le loro regole. Prima che ciò avvenga sono comunque previsti vari sistemi di avviso e ammonizione, in modo da fornire qualche garanzia a chi rischia di vedersi oscurato il profilo. Un utente ha inoltre la possibilità di fare ricorso contro la sospensione, di solito avviando una revisione della decisione che interessa un comitato esterno non strettamente legato alla piattaforma.

A differenza dei media tradizionali, Meta e gli altri beneficiano di varie eccezioni negli Stati Uniti grazie soprattutto a quanto stabilito nella sezione 230 del Communications Decency Act. La legge fa sì che le piattaforme non possano essere considerate responsabili per buona parte dei contenuti che vengono pubblicati dai loro utenti, di conseguenza non sempre hanno la spinta e l’interesse a moderare tutto ciò che circola sui loro sistemi. Alcuni ritengono che le leggi della Florida e del Texas possano mettere qualche limite a tutto questo, ma le limitazioni potrebbero rendere più probabile la presenza di contenuti da account estremisti contro i quali le piattaforme avrebbero poche possibilità di azione.