Le donne sono state a lungo escluse da molti sport alle Olimpiadi

Poi nel 1922 Alice Milliat si inventò per protesta le Olimpiadi femminili e le cose cambiarono, fino alla parità di genere che sarà raggiunta quest'anno ai Giochi di Parigi

Un'atleta cecoslovacca durante la gara di salto in lungo ai Giochi olimpici femminili del 1922. La donna al centro del gruppo che guarda il salto è Alice Milliat (Central Press/Hulton Archive/Getty Images)
Un'atleta cecoslovacca durante la gara di salto in lungo ai Giochi olimpici femminili del 1922. La donna al centro del gruppo che guarda il salto è Alice Milliat (Central Press/Hulton Archive/Getty Images)
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Il Comitato olimpico internazionale (CIO) ha detto che le Olimpiadi che si terranno a Parigi fra luglio e agosto del 2024 saranno le prime nella storia ad avere una parità di genere fra le atlete e gli atleti: per la prima volta gareggeranno tante donne quanti uomini, nello stesso numero di gare e sport. Già nel 2012 le Olimpiadi di Londra erano state le prime in cui ogni paese aveva almeno una donna nella propria nazionale: l’Arabia Saudita, l’unico stato che ancora proibiva alle donne di gareggiare alle Olimpiadi, aveva aggiunto quell’anno due atlete, una negli 800 metri e una nel judo.

Le donne partecipano ai Giochi olimpici dal 1900, ma per i primi anni la loro presenza era limitata ad alcuni specifici sport, come il pattinaggio o il golf, che erano ritenuti “adatti” al genere femminile. Le cose iniziarono a cambiare dopo il 1922, anno in cui si svolsero per la prima volta, proprio a Parigi, le Olimpiadi femminili. Furono organizzate dalla Federazione sportiva femminile internazionale fondata dall’atleta Alice Milliat, una donna piuttosto dimenticata anche in Francia, ma la cui rilevanza è stata riconosciuta negli ultimi anni e in particolare in vista dell’edizione delle Olimpiadi di Parigi di quest’anno.

Alice Million (il suo cognome da nubile) nacque a Nantes nel 1884 in un ambiente piuttosto modesto. Divenne insegnante, si sposò a Londra, nel 1904, con Joseph Milliat, impiegato di cui prese il cognome. Quattro anni dopo rimase vedova. Non si sa molto di lei e i documenti d’archivio sulla sua vita sono pochi: si sa che lavorò anche come contabile, come traduttrice e rappresentante, e che si appassionò alla lotta per i diritti delle donne nello sport intorno ai trent’anni, quando iniziò a praticare canottaggio, nuoto, hockey e calcio venendo poi eletta come presidente di Fémina Sport, una delle prime società per lo sport femminile.

Durante gli anni della Prima guerra mondiale contribuì alla creazione di diverse associazioni sportive per donne fra cui, in particolare, la Federazione delle società sportive femminili francesi. A quel tempo solo poche decine di donne partecipavano alle Olimpiadi e lo facevano solo negli sport tradizionalmente ritenuti consoni. A ogni edizione ne veniva aggiunti alcuni, ma ne venivano tolti altri.

Milliat voleva però che alle donne fosse data la possibilità di gareggiare in tutti gli sport, e in particolare in quelli considerati più importanti, come le discipline dell’atletica. Per questo motivo nel 1919 chiese al Comitato olimpico di permettere alle donne di gareggiare nell’atletica alle Olimpiadi del 1924, ma la sua proposta fu rigettata. Anche Pierre de Coubertin, il fondatore del Comitato olimpico internazionale, era fortemente contrario all’inclusione delle donne nelle competizioni pubbliche e sosteneva che il loro ruolo all’interno delle Olimpiadi, come nelle gare antiche, fosse solo quello di incoronare i vincitori: «Il vero eroe olimpico ai miei occhi è l’individuo maschio adulto», dichiarò de Coubertin, aggiungendo che un’Olimpiade femminile sarebbe stata «poco pratica, poco interessante, antiestetica e scorretta».

«Le donne hanno diritto allo sport! Non venite a riproporre questo vecchio luogo comune secondo cui devono restare a casa a rammendare i calzini», avrebbe risposto Milliat il 5 febbraio del 1927, durante una conferenza.

In risposta al rifiuto del Comitato olimpico, Millat fondò nel 1921 la Federazione sportiva femminile internazionale (FSFI) e l’anno successivo organizzò i primi Giochi olimpici femminili a Parigi, dove si sarebbero tenute le Olimpiadi ufficiali due anni dopo. L’evento si tenne il 20 agosto allo Stadio Pershing del Bois de Vincennes, un bosco a est di Parigi. «Il Comitato olimpico non vuole le donne? E perché non dovremmo avere anche noi i nostri Giochi olimpici? (…) Potevamo forse piegarci all’indifferenza o all’ostilità dei dirigenti maschi? Questo atteggiamento non sarebbe stato degno delle atlete che siamo. Abbiamo dunque raccolto la sfida e poiché non ci hanno volute dimostreremo che siamo capaci di guidare il nostro destino», disse Milliat nel giorno di apertura della manifestazione.

Parteciparono più di 70 atlete provenienti da Francia, Svizzera, Cecoslovacchia, Regno Unito, Stati Uniti e Panama, che si sfidarono in 11 competizioni a cui le donne non erano ammesse ai Giochi olimpici ufficiali: 60 metri, 100 metri, 300 metri, 1000 metri, staffetta 4×110 metri, 100 metri di corsa a ostacoli, salto in alto, salto in lungo, salto in lungo da fermi, lancio del giavellotto e lancio del peso. L’evento fu seguito da circa 20mila persone ed ebbe un grande successo. Altre tre edizioni si svolsero a Göteborg, in Svezia, nel 1926, a Praga, in Repubblica Ceca, nel 1930 e a Londra, nel Regno Unito, nel 1934.

L’attenzione attirata dai Giochi olimpici femminili, rinominati Giochi mondiali femminili dopo la prima edizione in seguito alle proteste del Comitato olimpico internazionale, portò a dei risultati.

Alle Olimpiadi del 1928, tenutesi ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, fu permesso alle donne di partecipare in alcune categorie di atletica e ginnastica: in particolare le donne si sfidarono nei 100 metri, negli 800 metri, nella staffetta 4×100 metri, nel salto in alto e nel lancio del disco. Il fatto che le atlete fossero arrivate alla fine della gara degli 800 metri sudate e stanche, come del resto gli atleti maschi, fu però giudicato indecoroso per il genere femminile: gli 800 metri per le donne furono così eliminati e vennero reinseriti solo trentadue anni dopo. Da quell’anno, comunque, il numero delle atlete alle Olimpiadi e delle gare a cui potevano partecipare aumentò in modo significativo a ogni edizione.

Nel 1979 il diritto delle donne a partecipare negli sport fu incluso nella Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna delle Nazioni Unite (CEDAW), mentre nel 1996 il Comitato olimpico internazionale emendò la Carta Olimpica per includere un riferimento esplicito all’impegno nella promozione della partecipazione delle donne nello sport. La Carta Olimpica è il documento ufficiale che contiene i principi fondativi e le linee guida per l’organizzazione e il regolamento dei Giochi olimpici.

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La scarsa conoscenza del contributo di Alice Milliat nella promozione delle donne negli sport dipende dal fatto che il governo francese ritirò i finanziamenti alla sua associazione nel 1936, portandola così alla chiusura. La difficoltà a trovare fondi per finanziare la Federazione costrinse Milliat a ritirarsi e a cominciare a lavorare come traduttrice e segretaria, fino alla morte avvenuta nel 1957. La sua tomba si trova nel cimitero di Nantes, nel nord-ovest della Francia. Negli ultimi anni, tuttavia, la sua storia è stata riscoperta. Nel 2016 è stata fondata a Parigi la Fondazione Alice Milliat, che si occupa della promozione dello sport femminile in Europa, sono state scritte delle biografie e girati alcuni documentari.

Nel 2021 una statua di Alice Milliat è stata installata nell’atrio parigino del Comitato Olimpico Francese non lontano da quella di Pierre de Coubertin. Nel 2022 un gruppo di politiche e attiviste francesi aveva lanciato una campagna per chiamare Arena Alice Milliat l’arena di Porte de la Chapelle, costruita nel nord di Parigi proprio per le Olimpiadi del 2024. Tuttavia, l’impianto sportivo è stato inaugurato lo scorso 11 febbraio con il nome di Adidas Arena, dato che l’azienda ne aveva comprato i diritti a luglio del 2022. A Milliat per ora è stata intitolata l’area davanti all’edificio e in Francia sono intitolati a lei quarantasette impianti sportivi e una ventina di strade.

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