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  • Giovedì 12 luglio 2012

L’Arabia Saudita manderà due atlete alle Olimpiadi

E quindi Londra 2012 sarà la prima Olimpiade con almeno una donna per ogni nazione, dopo mesi di polemiche e accuse

Members of the first female Saudi basketball team "Jeddah United" pose for a team picture in the Red Sea port city of Jeddah on March 25, 2102. Saudi Arabia, where sports events for women are banned, is considering sending a female athlete for the first time ever to the Olympics this year, following criticism from abroad. AFP PHOTO/STR (Photo credit should read -/AFP/Getty Images)
Members of the first female Saudi basketball team "Jeddah United" pose for a team picture in the Red Sea port city of Jeddah on March 25, 2102. Saudi Arabia, where sports events for women are banned, is considering sending a female athlete for the first time ever to the Olympics this year, following criticism from abroad. AFP PHOTO/STR (Photo credit should read -/AFP/Getty Images)

Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha fatto sapere che l’Arabia Saudita invierà due atlete alle Olimpiadi di Londra: Sarah Attar correrà gli 800 metri e Wodjan Ali Seraj Abdulrahim Shahrkhani competerà nel judo. Le autorità saudite hanno eliminato quindi il divieto di competere alle Olimpiadi imposto sulle donne.

Sarah Attar, che si allena negli Stati Uniti, ha detto che partecipare alle Olimpiadi per lei è «un grande onore» e che spera che «possa convincere le donne saudite a praticare sport». L’inclusione delle due atlete saudite renderà i Giochi di Londra le prime Olimpiadi con almeno un’atleta donna per ogni nazione: oltre all’Arabia Saudita, anche il Qatar e il Brunei invieranno per la prima volta delle donne (nel caso del Qatar, sarà addirittura la portabandiera durante la cerimonia di apertura).

Per le donne saudite praticare sport è una faccenda molto complicata. I religiosi più radicali, la maggioranza nel paese, sono convinti che lo sport potrebbe portarle sulla strada dell’immoralità e che l’eccessivo movimento potrebbe far perdere loro la verginità. Le scuole statali prevedono lezioni di ginnastica solo per i maschi. Nessuno dei 153 club sportivi regolati dal governo ha una donna tra i suoi membri. Le 29 federazioni sportive presenti nel Paese non offrono sezioni o competizioni femminili. Le palestre possono aprire alle donne soltanto relegando le strutture femminili in ospedali o edifici simili, puntando sull’aspetto salutistico più che sportivo. Le donne possono quindi allenarsi soltanto in un ambiente chiuso e poco attrezzato: anche se l’Arabia Saudita decidesse di permettere alle atlete di partecipare alle Olimpiadi di Londra, sarebbe molto difficile trovarne all’altezza della competizione.

Lo scorso maggio la Fondazione britannica per il fitness e lo sport delle donne aveva chiesto l’esclusione dell’Arabia Saudita dai Giochi per via del divieto sulle donne. A febbraio Human Rights Watch aveva diffuso un rapporto sulle donne e lo sport nel Paese, chiedendo al governo saudita di rispettare il diritto delle donne a praticare un’attività sportiva e al Comitato olimpico internazionale di prendere provvedimenti contro l’Arabia Saudita. La Carta Olimpica – che stabilisce il regolamento generale dei Giochi – prevede infatti l’esclusione del Paese che pratica un qualsiasi tipo di discriminazione. La norma in passato è stata applicata più volte: il Sudafrica, per esempio, non ha potuto partecipare alle competizioni dal 1964 al 1992 a causa dell’apartheid, mentre l’Afghanistan venne escluso dalle Olimpiadi del 2000 a causa dell’oppressione femminile sotto il regime dei talebani.

La prima squadra femminile di pallacanestro in Arabia Saudita. foto: AFP/Getty Images