La moda dell’artigianato come hobby

Chi fa lavori d'ufficio cerca sempre più spesso appagamento e sfogo nella creatività manuale, fenomeno attorno a cui c'è tutta un'economia

(Pexels)
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Che si parli di calzolai, fabbri, falegnami, pellettieri, sarti o tappezzieri, in Italia il numero di persone che lavorano nel settore dell’artigianato è in diminuzione da anni. Allo stesso tempo però sono sempre di più le persone che si avvicinano alle attività manuali per hobby, dalla creazione di candele fatte a mano al lavoro a maglia, dalla ceramica alla pittura. Non esistono stime statistiche che misurino la popolarità di questi hobby, almeno in Italia, ma sia online che offline è molto evidente una crescente e generale fascinazione per questi passatempi, soprattutto tra chi per professione lavora poco con le mani e molto davanti ai computer.

Sui social network abbondano le foto e i video di persone che si cimentano in queste attività, condividendo i propri progressi e talvolta mettendo in vendita le proprie creazioni, oppure pubblicando le istruzioni per riprodurre i progetti a cui hanno lavorato loro. Offline i corsi di ceramica offerti da studi artistici o singoli artigiani spesso si riempiono con mesi di anticipo, e nei centri delle grandi città italiane si moltiplicano i locali che danno la possibilità di trovarsi per creare tappeti, dipingere mentre si fa un aperitivo o creare vasetti di terracotta con il proprio fidanzato.

Questa tendenza, già avviata prima della pandemia ma aumentata da allora, si spiega in vari modi. C’è una maggiore disponibilità di risorse e spunti online, che permettono a chiunque di interessarsi a queste attività anche se non hanno parenti o persone vicine che possano insegnargliele. C’è la voglia di fare nuove amicizie e conoscenze a partire da un interesse in comune. E c’è una certa convinzione che fare attività manuali sia un modo rilassante di impiegare il proprio tempo, soprattutto dopo una giornata di lavoro d’ufficio davanti al computer.

@varyaren Tagga un amico con il quale vorresti fare un tappeto 😍💜🫶🏻 @YAM LAB tufting #tufting #tuftingrugs #tuftingart ♬ original sound – Alexia Varyaren


Jacopo Lupi ha aperto il suo studio di lavorazione dell’argilla e di produzione di oggetti in ceramica, Ceramic Studio Milano, nel 2019. Dice che negli ultimi cinque anni i laboratori come il suo, soltanto a Milano, sono raddoppiati: alcuni mettono soltanto in vendita i loro prodotti, ma molti altri organizzano anche corsi per principianti o appassionati. Il suo studio, per esempio, offre tra le altre cose vari corsi di ceramica sul tornio, il classico macchinario che si usa per modellare l’argilla. Anche se sette lezioni costano oltre 500 euro per i nuovi iscritti, «i posti vanno quasi sempre esauriti», racconta. «La crescita anno su anno è notevole: la richiesta al momento è superiore a quel che possiamo offrire».

A questo si aggiungono serate di “aperitornio” in cui si lavora l’argilla mentre si mangia, beve e chiacchiera con gli altri partecipanti: anche in questo caso, è un evento molto richiesto. A suo parere, gran parte dell’interesse è dovuto «alla voglia di muovere un po’ di più le mani nel tempo libero, di staccarsi dal monitor in un modo che finisce per aiutare anche la mente», oltre al fatto che «si crea un rapporto molto forte con l’oggetto, che non è solo un abbellimento ma una cosa che ha una sua funzionalità. Una scodella, un bicchiere, un vasetto».

@sculpd The perfect way to say I love you 🥰🫶🏼 #candlemaking #pottery #airdryclay #diygift #creativeideas #giftsforher ♬ Somewhere Only We Know (Remix) – Angga Sky

 

La soddisfazione che si trova nel creare qualcosa con le proprie mani, e la concentrazione che spesso richiede un lavoro di questo tipo, è una delle ragioni più frequenti per cui le persone si avvicinano a questo genere di hobby.

Veronica Leandri, che ha 26 anni e come product designer passa gran parte del proprio tempo a lavorare al computer, racconta per esempio di aver scoperto di amare le attività manuali. Ha cominciato a fare origami in pausa pranzo, o tra una riunione e l’altra. Poi si è iscritta a un corso di ceramica, ha cominciato a fare l’uncinetto, a comprare mobili usati per ridipingerli o sistemarli. E dice che senza i social network, e una terapeuta che le ha consigliato di dedicarsi ad attività creative nel tempo libero, non si sarebbe mai accorta di questa passione: «la mia For You Page di TikTok [la sezione dell’app che mostra agli utenti contenuti personalizzati in base ai loro interessi, ndr] è intasata di video di gente che fa questo genere di cose», dice. «Vanno molto di moda, se ne vedono davvero parecchie».

Le persone che vogliono imparare a creare sciarpe, cappelli, maglioni o altri capi d’abbigliamento a maglia, per esempio, possono comprare a prezzi contenuti dei modelli da riprodurre dopo averli visti su Instagram o su Etsy, piattaforma che più di tutte le altre ha permesso a singoli artigiani di raggiungere nuovi mercati. A questo si aggiungono aziende come We Are Knitters o The Woobles, che vendono anche dei set per cominciare a creare da sé specifici oggetti (anche se a un prezzo maggiore di quello che si spenderebbe comprando autonomamente le stesse materie prime). Su YouTube e TikTok sono poi migliaia le persone che mostrano come hanno fatto a rinnovare mobili, tessere tappeti o creare oggetti per la casa di ogni tipo. Infine, spazi digitali come Reddit permettono di trovare con grande facilità comunità di persone che condividono gli stessi hobby, a cui rivolgersi se non si conosce altra gente che fa le stesse cose.

«Internet ha senza dubbio aumentato l’accesso a risorse di ogni tipo, ma allo stesso tempo mi sembra che abbia contribuito a cambiare il modo in cui percepiamo queste attività nella nostra cultura», dice Priscilla De Pace, autrice che scrive spesso di fenomeni digitali. «Per me la lana, la maglia ma anche la cucina e altre attività manuali o artigianali facevano parte di quelle conoscenze che si trasmettevano gratuitamente all’interno della propria famiglia o della propria comunità. Oggi invece non sono più viste come attività artigianali, popolari, ma come hobby che possono essere anche molto costosi».

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Da tempo sociologi come Alessandro Gerosa, autore del libro The hipster economy e di vari studi sul tema, si occupano di questa “risignificazione” dell’artigianato, che in diversi paesi occidentali tra cui l’Italia ha cominciato a essere associato non più solo alle attività dei bottegai tradizionali, ma in larga misura anche a molte nuove attività commerciali e che hanno poco a che fare con quello che il settore, storicamente, è stato. Ancora prima che attraverso la ceramica o l’uncinetto, Gerosa dice che questa tendenza era evidente dall’apertura dalla crescente popolarità di «panifici artigianali, torrefazioni, microbirrifici e altri locali simili» nei quartieri più cool delle città occidentali.

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«Una delle cose più notevoli di questa nuova ondata di interessamento verso l’artigianato è che in realtà è stata guidata da una serie di attività che storicamente non appartengono a questo settore», dice. «È stata inizialmente trainata dal settore del cibo e del bere, assieme a quello del turismo. È un artigianato più legato a un immaginario simbolico che alle attuali modalità di produzione di queste cose: mostra più che altro un’insofferenza verso la società industriale e la sua standardizzazione».

Secondo Gerosa, l’avvicinamento massiccio alla produzione di oggetti artigianali come hobby è una delle conseguenze di questo fenomeno. In questo contesto, infatti, il fatto di produrre qualcosa di unico, anche se probabilmente imperfetto, con le proprie mani e le proprie abilità personali, può essere vissuto come una forma di autorealizzazione alternativa a quella che è sempre più difficile ottenere con lavori “creativi”, manageriali, impiegatizi o legati al settore terziario che in teoria sono associati a un certo prestigio sociale, ma che spesso risultano comunque ripetitivi e alienanti.

«Il lavoro cognitivo o creativo negli ultimi decenni è stato venduto come un modello lavorativo appagante, che permetteva di avere una certa flessibilità e di raggiungere una certa realizzazione personale», spiega. «Ma è anche un modello che oggi è in crisi, e in cui un numero decrescente di persone crede. Ovviamente non tutti si possono permettere di lasciare il proprio lavoro e aprire un birrificio artigianale: svolgere queste attività come passatempo permette di godere di questa dimensione di appagamento almeno nel proprio tempo libero».

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