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  • Venerdì 2 febbraio 2024

Gli Stati Uniti hanno deciso la loro risposta all’attacco alla base in Giordania

Il segretario della Difesa ha confermato che ci saranno bombardamenti mirati nei prossimi giorni, probabilmente in Siria e Iraq

Soldati statunitensi nel corso di un'esercitazione in Giordania nel 2014 (AP Photo/Mohammad Hannon)
Soldati statunitensi nel corso di un'esercitazione in Giordania nel 2014 (AP Photo/Mohammad Hannon)
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Il segretario della Difesa statunitense Lloyd Austin ha confermato che gli Stati Uniti risponderanno militarmente all’attacco subìto domenica contro una propria base in Giordania, nel quale erano stati uccisi tre soldati e ne erano stati feriti altri 30. Austin non ha fornito dettagli sugli obiettivi, ma secondo fonti interne all’esercito statunitense consultate da CBS News gli attacchi saranno condotti in Iraq e Siria nei prossimi giorni, con l’obiettivo di colpire gruppi di miliziani sostenuti dall’Iran e ritenuti responsabili dell’attacco alla base.

Come era già emerso negli ultimi giorni, Austin ha spiegato nel corso di una conferenza stampa che in generale tutti i droni responsabili di attacchi contro gli Stati Uniti hanno origine iraniana: «Risponderemo su più livelli e abbiamo la capacità di rispondere più volte a seconda delle necessità». Ha poi aggiunto che la risposta militare potrà essere condotta in modo mirato, evitando che ci sia un’estensione del conflitto nella regione: «Ci sono modi per gestire questa cosa senza che vada fuori controllo, e questo è stato il nostro obiettivo nell’elaborare una risposta».

Da quando è iniziata la guerra a Gaza nell’ottobre del 2023 vari gruppi armati sostenuti dall’Iran hanno fatto decine di attacchi con missili e droni contro le basi militari statunitensi in Siria e Iraq. Gli Stati Uniti sono il principale alleato di Israele, e sicuramente l’alleato più in vista.

A inizio settimana il presidente statunitense Joe Biden aveva confermato di ritenere che l’attacco alla base Tower 22 in Giordania fosse stato condotto da milizie sostenute dall’Iran. Poche ore dopo l’attacco, la responsabilità era stata rivendicata dalla Resistenza islamica con base in Iraq, uno dei molti gruppi armati mediorientali che l’Iran appoggia finanziariamente e militarmente. Questi gruppi sono presenti soprattutto in Libano, Yemen, Siria e Iraq, ed è nei territori di questi ultimi due paesi che dovrebbero concentrarsi gli attacchi statunitensi nei prossimi giorni. Il regime iraniano definisce l’insieme di gruppi e milizie come “fronte della resistenza” contro Israele e gli Stati Uniti.

Come aveva fatto in precedenza Biden, anche Austin ha chiarito che gli Stati Uniti non sono in guerra con l’Iran e che l’intelligence statunitense non ha elementi per ritenere che ci sia un coinvolgimento diretto iraniano nell’organizzazione dell’attacco in Giordania. Ha però aggiunto che in un certo senso: «Non è una cosa che abbia particolare importanza considerato che sappiamo per certo che l’Iran sostiene questi gruppi e li finanzia, oltre a formarli in alcuni casi».

Dall’inizio della guerra a Gaza ci sono stati 160 attacchi contro le basi statunitensi in Siria e in Iraq, la maggior parte dei quali di piccola portata o comunque non tali da causare particolari danni. L’attacco di domenica era stato organizzato meglio e con maggiori mezzi, e aveva come obiettivo l’area di una caserma dove riposavano i soldati.

La notizia dell’attacco aveva portato nei giorni scorsi a nuove pressioni sull’amministrazione di Joe Biden, accusata dai Repubblicani di non fare abbastanza per evitare gli attacchi. Le critiche fanno parte della campagna elettorale ormai in corso negli Stati Uniti, in vista delle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Dopo l’inizio della guerra a Gaza, Biden ha cercato di evitare un’estensione del conflitto e di favorire un cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Al momento il governo di Israele non sembra però intenzionato a ridurre le attività militari nella Striscia di Gaza.