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  • Mercoledì 31 gennaio 2024

Come gli Stati Uniti risponderanno all’attacco alla base militare in Giordania

Il presidente Biden ha detto che verranno colpite le milizie sostenute dall'Iran che ne sono state responsabili, ma ha anche aggiunto che non vuole «una guerra più ampia in Medio Oriente»

La base statunitense in Giordania colpita domenica (Planet Labs PBC via AP)
La base statunitense in Giordania colpita domenica (Planet Labs PBC via AP)
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Martedì, parlando con i giornalisti fuori dalla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto che il suo governo intende rispondere militarmente all’attacco compiuto domenica contro una base in Giordania, in cui sono stati uccisi tre soldati statunitensi. Biden si è limitato a rispondere “Sì” ai giornalisti che gli hanno domandato se abbia deciso una risposta all’attacco, ma non ha spiegato in cosa consisterà questa risposta.

Gli Stati Uniti sono uno dei principali paesi alleati di Israele e da quando è iniziata la guerra a Gaza sono stati compiuti vari attacchi con droni e missili contro basi militari statunitensi in Siria e in Iraq da parte di milizie che sostengono il gruppo radicale palestinese Hamas, ma finora non era stato ucciso alcun soldato.

Già subito dopo l’attacco Biden ne aveva attribuito la responsabilità ad alcune milizie attive nella regione e finanziate dall’Iran, che sostiene Hamas nonostante sia un paese governato da un regime sciita mentre il gruppo palestinese è sunnita (quello dei sunniti e quello degli sciiti sono i principali rami dottrinali dell’Islam, che sono da secoli in conflitto). Martedì Biden ha confermato di ritenere che ci sia l’Iran dietro l’attacco di domenica, «nel senso che sta fornendo le armi» alle milizie che lo hanno compiuto, ma ha tuttavia cercato di smorzare i toni parlando dell’entità della risposta statunitense: «Non credo che abbiamo bisogno di una guerra più ampia in Medio Oriente. Non è quello che sto cercando».

Più tardi, sull’aereo presidenziale Air Force One, il portavoce per la sicurezza nazionale statunitense John Kirby ha fornito ai giornalisti alcuni dettagli in più sulla risposta che gli Stati Uniti intendono dare. Ha detto che non sarà «una singola azione, ma potenzialmente azioni multiple» che saranno effettuate nel corso di un periodo di tempo lungo.«Il principio guida è assicurarci di eliminare le armi che questi gruppi possono usare contro le nostre truppe e le nostre strutture».

Poco dopo l’attacco la responsabilità era stata rivendicata da una milizia sostenuta dall’Iran chiamata Resistenza islamica con base in Iraq: è uno dei molti gruppi armati mediorientali che l’Iran appoggia finanziariamente e militarmente e che si trovano principalmente tra Libano, Siria, Iraq e Yemen. Il regime iraniano definisce questo insieme di milizie come il “fronte della resistenza”, o l’“asse della resistenza”, intendendo resistenza nei confronti di Israele e degli Stati Uniti.

Il gruppo è un insieme di milizie filoiraniane di vario tipo, tra cui la più importante e potente è Kataib Hezbollah, attiva nell’Iraq nord-occidentale, che negli scorsi giorni era stata tra gli obiettivi di alcuni bombardamenti statunitensi. Proprio Kataib Hezbollah potrebbe essere al centro della risposta annunciata da Biden, ma diversi giornali americani ritengono possibile che possano essere attaccati anche importanti comandanti delle Guardie rivoluzionarie, la forza militare più potente dell’Iran, che operano al di fuori del paese (hanno diverse basi in Iraq e Siria, per esempio).

Nel frattempo Kataib Hezbollah ha fatto sapere di voler sospendere le proprie operazioni militari «contro le forze di occupazione, non provocare disagi al governo iracheno», ma ha aggiunto che continuerà a difendere «il nostro popolo a Gaza in altri modi».

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