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  • Martedì 23 gennaio 2024

L’Alabama potrebbe eseguire una condanna a morte con un metodo mai sperimentato

Questa settimana un detenuto dovrebbe essere ucciso tramite “ipossia da azoto”, un metodo che secondo alcuni equivale a tortura

l'Elmore Correctional Facility di Elmore, Alabama (Brynn Anderson, AP)
l'Elmore Correctional Facility di Elmore, Alabama (Brynn Anderson, AP)
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Nelle ultime settimane si sta discutendo della possibilità che l’Alabama, uno stato nel sud degli Stati Uniti, esegua la prima condanna a morte con il metodo dell’ipossia da azoto. Il detenuto che dovrebbe essere ucciso è Kenneth Eugene Smith, un uomo di 58 anni condannato per avere ucciso insieme a un’altra persona Elizabeth Sennett, una donna di 45 anni, nel 1988. L’esecuzione è stata fissata per giovedì 25 gennaio. Negli ultimi giorni il caso di Smith è stato ampiamente commentato dalla stampa statunitense, e sono stati avanzati vari dubbi riguardo alle implicazioni etiche e sanitarie legate al metodo dell’ipossia da azoto.

Si tratta di una pratica legale negli Stati Uniti, ma che finora non è mai stata sperimentata: consiste nel far inalare a una persona azoto puro, uccidendola quindi per ipossia, cioè carenza di ossigeno. L’ipossia da azoto è ritenuta contraria ai diritti umani da diverse organizzazioni non governative e anche dalle Nazioni Unite, secondo cui uccidere Smith attraverso questo metodo equivarrebbe a una tortura.

I dettagli della procedura sono contenuti in un protocollo di 40 pagine preparato dallo stato dell’Alabama, che è stato reso pubblico seppure con molte parti oscurate. Smith dovrebbe indossare un respiratore simile a quelli normalmente utilizzati per fornire ossigeno in situazioni anomale, per esempio quando ci si trova in ambienti con aria irrespirabile (quella che viene comunemente chiamata con qualche approssimazione “maschera a ossigeno”). Dalla maschera però uscirà gas di azoto, che verrà somministrato per almeno 15 minuti oppure per 5 minuti a partire dal momento in cui non verrà più registrato il battito cardiaco. Secondo le autorità dell’Alabama, Smith dovrebbe perdere conoscenza in pochi secondi, e morire alcuni minuti dopo: sarebbe quindi una procedura indolore. Cinque giornalisti potranno assistere all’esecuzione.

Il metodo però non è mai stato testato, e gli avvocati di Smith sostengono che lo stato starebbe usando il loro cliente come una sorta di cavia. Hanno sottolineato anche diversi rischi pratici: la maschera potrebbe non aderire bene al volto, permettendo all’ossigeno di passare e prolungare l’agonia di Smith oppure lasciarlo in stato vegetativo, senza ucciderlo. Inoltre indossare la maschera impedirebbe a Smith di pregare.

Gli avvocati di Smith hanno provato a bloccare la procedura con vari ricorsi. A novembre la Corte suprema dell’Alabama aveva autorizzato l’esecuzione, e la decisione era stata confermata il 10 gennaio scorso da un giudice federale. Gli avvocati hanno fatto nuovamente appello: c’è stata una prima udienza venerdì scorso, ma al momento la sentenza non è ancora arrivata. È possibile che il caso arrivi fino alla Corte suprema degli Stati Uniti.

– Leggi anche: In Alabama si ragiona su come eseguire meglio le condanne a morte

La storia di Smith è piuttosto particolare, soprattutto perché quello in programma per giovedì sarebbe il secondo tentativo di esecuzione a cui dovrebbe essere sottoposto. Il primo risale al novembre del 2022: Smith avrebbe dovuto essere ucciso con il metodo della “iniezione letale”, entrò nella camera predisposta per l’esecuzione e fu legato alla barella. Ci furono però diversi problemi tecnici, e dopo quattro ore le autorità decisero di interrompere l’operazione perché non riuscivano a trovare la vena nel suo braccio.

In Alabama il 2022 è diventato noto come «l’anno delle esecuzioni sbagliate». Oltre a quella di Smith fallì anche un altro tentativo di esecuzione, quello di Alan Miller, un detenuto di 57 anni che nel 1999 era stato condannato per l’omicidio di tre uomini. Inoltre durante l’estate Joe Nathan James venne ucciso con un’iniezione letale dopo tre ore di tentativi, e nonostante l’esplicita richiesta di non eseguire la pena di morte da parte della famiglia della persona che aveva ucciso.

In Alabama la pena di morte esiste dall’Ottocento. Fino al 1927 il principale metodo di esecuzione era l’impiccagione, che venne poi sostituita con la sedia elettrica. Ora le condanne a morte vengono eseguite prevalentemente attraverso iniezioni letali, prima di sedativi e poi di rocuronio e cloruro di potassio, due sostanze che con particolari dosaggi paralizzano i muscoli e provocano l’arresto cardiaco.

Mentre negli ultimi anni diversi stati americani hanno abolito la pena di morte, l’Alabama ha avviato una revisione delle procedure di attuazione per assicurarsi che siano efficaci e funzionino correttamente. L’attuale governatrice, la Repubblicana Kay Ivey, è una convinta sostenitrice della pena di morte: in più occasioni, anche annunciando la sospensione delle esecuzioni e la revisione dei metodi con cui vengono attuate, ha sostenuto che avere pene di morte certe ed efficaci sia la miglior risposta che il sistema giudiziario può dare «alle vittime e alle loro famiglie».