Il PD inizia ad avere qualche dubbio sul sostegno all’Ucraina

C'è stato un dibattito per decidere la condotta da tenere in parlamento, e alla fine una decina di deputati e senatori ha votato in dissenso con il resto del partito

Il ministro alla Difesa, Guido Crosetto, con la capogruppo del PD alla Camera, Debora Serracchiani, il 13 dicembre del 2022 (ANSA/ANGELO CARCONI)
Il ministro alla Difesa, Guido Crosetto, con la capogruppo del PD alla Camera, Debora Serracchiani, il 13 dicembre del 2022 (ANSA/ANGELO CARCONI)
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Mercoledì il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha riferito al parlamento sul proseguimento del sostegno militare all’Ucraina da parte dell’Italia. Le comunicazioni di Crosetto si inseriscono in una serie di interventi sul tema approvati di recente dal governo di Giorgia Meloni: tra le altre cose, il 21 dicembre scorso il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto che proroga a tutto il 2024 l’invio di armi ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, e il decreto è ora in discussione al Senato. Martedì in parlamento si è svolto il dibattito legato a questa decisione del governo.

Le sedute, sia alla Camera sia al Senato, sono state abbastanza movimentate soprattutto per le divisioni emerse all’interno dei gruppi parlamentari del Partito Democratico. Al termine delle comunicazioni di Crosetto era previsto il voto su delle risoluzioni, cioè dei documenti con cui i vari partiti impegnano il governo a seguire un certo indirizzo sulla materia trattata. I gruppi di maggioranza, ossia della Lega, di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, hanno presentato una mozione congiunta che conferma la necessità di proseguire nel sostegno militare all’Ucraina. Le opposizioni si sono invece divise.

Il Terzo polo (cioè Italia Viva di Matteo Renzi, Azione di Carlo Calenda e +Europa di Riccardo Magi) ha presentato un’altra risoluzione a sostegno della necessità di continuare a inviare mezzi ed equipaggiamenti militari al governo ucraino. Il Partito Democratico ha confermato, sia pure in maniera un po’ più cauta, lo stesso impegno, incalzando però in modo più netto il governo a sollecitare un maggiore sforzo diplomatico in Europa per arrivare il prima possibile a un cessate il fuoco. Il Movimento 5 Stelle, invece, ha chiesto al governo di «interrompere immediatamente la fornitura di materiali d’armamento alle autorità governative ucraine».

Alla Camera, la capogruppo del PD Chiara Braga ha dato indicazione di votare a favore della risoluzione del partito e di astenersi invece su tutte le altre, in segno di condivisione solo parziale. Dalla risoluzione del M5S era peraltro decaduto proprio il punto discriminante, quello sulla sospensione del sostegno militare all’Ucraina: non era cioè stato ammesso al voto perché in sostanza si è ritenuto inutile votare un testo che contraddiceva in maniera palese le indicazioni emerse dall’aula nelle altre risoluzioni. Al Senato, le indicazioni sono state leggermente diverse: il PD aveva deciso di votare a favore della propria risoluzione e di quella del Terzo polo, e di astenersi su quella del governo. La risoluzione del M5S in questo caso al Senato è stata preclusa nella sua interezza, dunque non la si è votata affatto.

I gruppi del PD sono entrati un po’ in agitazione, e alcuni parlamentari hanno disatteso le indicazioni votando in dissenso dal resto del gruppo. Alla Camera, dove si è votato poco dopo pranzo, Lorenzo Guerini, Marianna Madia e Lia Quartapelle hanno votato a favore della risoluzione del Terzo polo, e contro alcune parti di quella del M5S che invocavano in particolare la riduzione delle spese per la Difesa (spesso nei voti sulle risoluzioni l’aula procede con votazioni sui singoli punti indicati nei testi). Hanno votato a favore anche del primo punto della risoluzione della maggioranza, quella che conferma la prosecuzione dell’invio di equipaggiamenti e mezzi militari all’Ucraina.

Proprio sulla scorta di queste tensioni, nel pomeriggio al Senato il capogruppo del PD Francesco Boccia ha accettato di dare un parere favorevole alla mozione del Terzo polo: ma questo non è bastato a evitare ulteriori divisioni. E anzi, lì i voti in dissenso sono stati di più: Pier Ferdinando Casini, Dario Parrini, Filippo Sensi, Simona Malpezzi, Valeria Valente e Tatjana Rojc hanno votato a favore della risoluzione di maggioranza. Susanna Camusso ha votato contro a tutte le risoluzioni, compresa quella del PD, considerata troppo bellicista.

Sul tema del sostegno all’Ucraina, da tempo nel PD è in corso una discussione piuttosto accalorata. Già un anno fa, quando si votò in parlamento per la proroga del sostegno militare al governo guidato da Volodymyr Zelensky per il 2023, alla Camera ci furono alcune diserzioni: Nico Stumpo, Laura Boldrini e Alfredo Scotto si astennero, e Paolo Ciani votò contro. Lo scorso marzo l’elezione di Elly Schlein come segretaria del PD rimise in discussione solo marginalmente la linea indicata dal precedente segretario Enrico Letta, che era stato sempre fermo nel ribadire il sostegno militare all’Ucraina. Nei voti in parlamento il PD ha finora sempre confermato questo approccio, che Schlein non ha d’altronde mai rinnegato nei suoi interventi pubblici.

È cambiato però il tono con cui i dirigenti della nuova segreteria parlano, dando sempre minore risalto all’aspetto militare e invocando con enfasi crescente la necessità di promuovere un’iniziativa diplomatica per una risoluzione pacifica della guerra. Schlein ha tenuto insomma un approccio equilibrato e talvolta un po’ ambiguo, senza tuttavia modificare davvero l’orientamento del partito. La scelta di promuovere Ciani come vicecapogruppo alla Camera nel giugno scorso, per esempio, ha generato vari malumori nel PD proprio in virtù delle sue dichiarate posizioni contro l’invio di armi all’Ucraina.

Schlein discute con Andrea Orlando alla Camera, il 12 dicembre 2023 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Il voto di mercoledì segna per certi versi una nuova fase in questo dibattito interno. Le divisione erano emerse già martedì sera, durante una riunione del gruppo dei deputati del PD convocata per discutere il da farsi in vista del voto in aula dell’indomani. Il testo della risoluzione era in realtà già stato definito dai dirigenti del gruppo prima dell’incontro, ma la discussione è stata comunque piuttosto animata. Dopo l’esordio della capogruppo Braga, sono intervenuti in rapida successione vari esponenti della sinistra interna del partito che hanno espresso la necessità di un ripensamento della posizione, come Nico Stumpo e Alfredo Scotto (già astenutisi lo scorso anno) e soprattutto Andrea Orlando, ex ministro in vari governi e personalità molto influente nelle dinamiche interne del PD.

Orlando ha ribadito la necessità di confermare il sostegno all’Ucraina, ma ha spiegato come servisse a suo avviso mettere in evidenza l’assenza di iniziativa diplomatica dell’Europa, e l’inerzia del governo di Giorgia Meloni in questo senso, tanto più a ridosso dell’inizio della campagna elettorale per le elezioni europee, previste tra il 6 e il 9 giugno del 2024. Tra i primi a prendere la parola c’è stato anche Enzo Amendola, ex ministro degli Affari europei, e il suo discorso ha sorpreso un po’ i presenti.

Amendola è sempre stato un fervente sostenitore della causa ucraina, ma si è ritrovato d’accordo con Orlando nell’invocare un’iniziativa politica del PD finalizzata a fare emergere l’inconcludenza del governo Meloni sul fronte diplomatico. «Abbiamo dei ministri che sono commentatori, non attori di politica estera», ha detto. Amendola ha anche inserito queste sue affermazioni in una riflessione più generale, sostanzialmente dicendo che il PD non deve rinunciare in nome del proprio storico europeismo a criticare le lentezze e le contraddizioni dell’Europa in politica estera, ma anzi deve sollecitare il governo a promuovere una svolta in questo senso.

Da qui è nata la decisione del PD di aggiungere alla propria risoluzione un passaggio in cui impegna il governo «ad adoperarsi, già a partire dal prossimo vertice europeo, affinché vengano superate le resistenze dell’Ungheria sul sostegno agli aiuti europei per l’Ucraina». Si tratta di una mossa politica con cui il PD incalza Meloni sul tema delle alleanze europee: il primo ministro ungherese Viktor Orbán, con cui la presidente del Consiglio tiene da sempre buoni rapporti e condivide molte battaglie in chiave sovranista, si è ripetutamente opposto al rinnovo e all’aumento degli aiuti finanziari e militari dell’Unione Europea all’Ucraina.

Lorenzo Guerini nella sede nazionale del PD, a Roma, nel novembre 2022 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Di segno opposto sono stati gli interventi di Marianna Madia e di Debora Serracchiani, quest’ultima responsabile Giustizia nella segreteria Schlein, e soprattutto di Lorenzo Guerini. Da ex ministro della Difesa, Guerini ha ribadito la necessità di mantenere una ferma linea di coerenza nella prosecuzione del sostegno militare all’Ucraina, senza mostrare alcun tentennamento. Guerini ha aggiunto che se una critica a Meloni va fatta, va fatta nel segnalare il ritardo con cui il governo ha definito i nuovi invii di armi all’Ucraina e sulle ambiguità diplomatiche della destra italiana nei confronti di Donald Trump, il possibile candidato Repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti che ha annunciato un disimpegno americano in Ucraina.

Quanto alla necessità di differenziarsi dal governo in ottica elettorale, Guerini ha avvertito che «in politica la moneta cattiva scaccia quella buona, e se il PD va sul terreno della demagogia perde». Il riferimento era al M5S di Giuseppe Conte, alleato del PD che però sul tema della guerra in Ucraina da oltre un anno ormai ha cambiato posizione e ha iniziato a invocare la sospensione del sostegno militare al governo di Zelensky.

C’è stato infine un confronto anche su un altro delicato passaggio della risoluzione. Alcuni esponenti della sinistra del partito avevano inserito una frase in cui si impegnava il governo a promuovere un «immediato cessate il fuoco» come presupposto per arrivare al ritiro delle truppe russe in Ucraina. Guerini si è opposto a questa formulazione, e alla fine è stato raggiunto un accordo su una versione più equilibrata, nella quale l’impegno del governo è «ad adoperarsi in ogni sede internazionale per l’immediato cessate il fuoco e il ritiro di tutte le forze militari russe che illegittimamente occupano il suolo ucraino». La segretaria Schlein non è intervenuta durante la discussione.

La mediazione definitiva l’ha condotta Peppe Provenzano, responsabile Esteri della segreteria, che nega ci siano state svolte o ripensamenti del PD: «Accreditare un cambio di linea sul sostegno all’Ucraina, come ha fatto qualcuno nel partito per ragioni di posizionamento interno, è grave e irresponsabile», ha detto. Al contrario, secondo Provenzano la risoluzione finale approvata all’unanimità dai parlamentari del suo partito «conferma il pieno sostegno anche militare a Kyiv ma chiede un più incisivo impegno diplomatico per una pace giusta da parte dell’Europa, che da oltre un anno non assume più alcuna iniziativa, a causa di Orbán. Ma a questa debolezza contribuisce anche il governo italiano, verso cui non siamo disposti più ad aperture di credito».

Si è così arrivati al voto in aula. Alla Camera, l’atteggiamento del PD è apparso strano soprattutto per la scelta di astenersi su risoluzioni di segno opposto: quella del Terzo polo che ribadiva la necessità di proseguire nel sostegno militare all’Ucraina, e quella del M5S che ne invocava la sospensione. L’astensione sottintende una condivisione solo parziale del testo, di solito: ma in questo caso i testi erano piuttosto inconciliabili tra loro. Al Senato, come detto, la linea è stata diversa: sostegno alla risoluzione del Terzo polo, mentre la risoluzione del M5S non è stata messa ai voti. Il capogruppo al Senato Boccia ha anticipato ad alcuni senatori l’intenzione di convocare un’assemblea lunedì 15 gennaio, per favorire un chiarimento.