Palermo ha bandito le bici e i monopattini dalle strade principali del centro storico

Il comune ha introdotto il divieto in seguito all'aumento dei turisti che camminano nelle due strade principali rendendo difficile il passaggio

Via Vittorio Emanuele a Palermo
Via Vittorio Emanuele a Palermo (Giuseppe Tumbiolo)
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Lo scorso 14 dicembre il comune di Palermo ha pubblicato un’ordinanza che vieta la circolazione di biciclette, monopattini e bici elettriche sulle due strade principali del centro storico della città, via Maqueda e via Vittorio Emanuele. Il divieto è stato motivato con la necessità di «garantire l’incolumità dei pedoni e degli utenti della mobilità dolce»: ogni giorno, infatti, migliaia di turisti camminano nelle aree pedonali del centro e soprattutto nei giorni festivi è diventato complicato spostarsi a piedi. Anche se la sicurezza stradale è un principio condivisibile, l’ordinanza ha comunque creato un certo dibattito perché viene considerata l’ennesimo segnale dell’incapacità dell’amministrazione di gestire l’aumento significativo dei turisti e le relative conseguenze.

Con l’eccezione del 2020, anno in cui furono introdotte limitazioni ai viaggi per via della pandemia, negli ultimi dieci anni a Palermo sono arrivati sempre più turisti. Secondo i dati diffusi da Federalberghi, nel 2023 c’è stato un aumento di presenze del 20 per cento rispetto all’anno precedente, dopo che già nel 2022 i turisti erano aumentati del 76,5 per cento rispetto al 2021, quando c’era ancora qualche restrizione dovuta alla pandemia. La crescita ha interessato per la maggior parte gli stranieri, in particolare gli americani.

Così come accade in molte altre città europee, a Palermo la cosiddetta “turistificazione” è un’opportunità per l’economia, ma anche un problema da gestire. La proliferazione degli affitti brevi, fino a qualche anno fa incontrollata, ha contribuito a cambiare la città: ha avuto un ruolo nella gentrificazione di alcuni quartieri e ha tolto molte case dal mercato degli affitti. Anche a Palermo, come in molte altre città italiane tra cui Venezia, Firenze, Napoli, Roma e Bologna, questo processo è stato rapido e marcato.

Finora sia i governi nazionali che le amministrazioni delle città hanno fatto molta fatica a gestire questo aumento: a Venezia è stato introdotto un biglietto di ingresso per i turisti, mentre molti altri comuni hanno preferito una via più interlocutoria, chiedendo al governo di poter limitare la diffusione degli affitti brevi nei centri storici con nuovi regolamenti urbanistici. A differenza dei divieti introdotti da altre città per limitare i turisti, nel caso di Palermo l’ordinanza del comune riguarda principalmente i residenti e non chi arriva a visitare la città.

A Palermo questo problema è molto sentito per due motivi: in centro abitano ancora moltissime persone e il traffico è uno dei problemi più noti della città (al punto da entrare nel campionario delle battute più citate del cinema italiano). A Palermo circolano 400mila auto, 63 ogni 100 abitanti, e più del 60 per cento degli spostamenti è inferiore ai 5 chilometri, secondo i dati della società Go-Mobility. Nel 2022 i  palermitani hanno trascorso in media 188 ore nel traffico. «La supremazia delle auto è espressione di un preciso modello politico e culturale, che altera le modalità di relazione, la cultura dei diritti, il rapporto tra cittadino e spazi pubblici, immiserendo lo spirito comunitario e il senso estetico», ha scritto Ferdinando Mazzarella, referente della consulta delle biciclette del comune, sulla Repubblica Palermo. «Non ci può essere un cambiamento culturale se non c’è un cambiamento del modello di mobilità e in ultima analisi di città».

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In seguito alle polemiche, il comune ha cercato di venire incontro a chi utilizza la bici e i monopattini introducendo una deroga: ci si può spostare ma soltanto dalle 5 alle 9.30, per consentire alle persone di andare al lavoro. Non sono previste deroghe al pomeriggio o alla sera. «I miei bambini di 11 e 12 anni vanno a scuola in bicicletta, io stessa raggiungo il posto di lavoro su due ruote», ha detto Tiziana Venturella, insegnante che abita in via Maqueda, intervistata dal Giornale di Sicilia. «Il comune ci ha chiesto un cambio di mentalità e questa ordinanza può segnare un passo indietro e alimentare la tentazione di riprendere l’auto».

Anche in altre città, per esempio a Padova, diversi anni fa fu introdotto un divieto di transito per le biciclette, ma il centro è più piccolo e le strade secondarie sicure e meno trafficate non mancano. A Palermo invece l’unica alternativa è percorrere via Roma, una strada molto trafficata, senza pista ciclabile e che da anni attende una sistemazione complessiva per coprire buche e tratti sconnessi.

Antonio Passalacqua, dell’associazione Mobilita Palermo che promuove la mobilità sostenibile, sostiene che la mancanza di alternative sicure costringerà molti abitanti a scegliere l’auto. «Le altre strade come via Roma sono pericolose: non ci sono ciclabili protette, i tombini non sono a livello della strada. Sono anni che diciamo che c’è un problema di sicurezza», dice. «Questa è un’ordinanza discriminatoria che colpisce l’utenza debole e lascia impuniti i veicoli a motore che continuano a passare nel centro. Bastava applicare le regole, che ci sono già: quando ci sono molte persone la bici va portata a mano».

Nelle prime tre settimane, in effetti, i controlli sono stati pochissimi: gli agenti della polizia locale hanno fatto qualche multa, ma diverse persone hanno postato sui social network foto di biciclette, monopattini, ma anche auto e furgoni non autorizzati mentre circolano nelle vie del centro. Secondo Mobilita Palermo c’è anche un paradosso evidente perché l’ordinanza non vieta il passaggio ai cosiddetti Ape calessini, piccoli mezzi a tre o quattro ruote che servono a trasportare i turisti, o alle carrozze trainate da cavalli.

La Consulta comunale della bicicletta, un organo consultivo costituito nell’aprile del 2020, ha organizzato un’assemblea pubblica per discutere delle conseguenze dell’ordinanza: è in programma domenica 14 gennaio. L’obiettivo della mobilitazione è chiedere al comune di revocare l’ordinanza oppure costruire piste ciclabili protette nelle strade alternative per renderle più sicure.