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  • Martedì 10 ottobre 2023

Il turismo sta cambiando Napoli

Il centro storico è pieno di visitatori e nei quartieri del centro ci sono più b&b che a Venezia, ma gli abitanti non riescono più a pagare gli affitti e sono aumentati gli sfratti

di Angelo Mastrandrea

(ANSA/CIRO FUSCO)
(ANSA/CIRO FUSCO)

A mezzogiorno di una mattina di inizio ottobre centinaia di turisti in visita guidata, curiosi con la macchina fotografica al collo e famiglie con bambini affollano il piazzale davanti al famosissimo murale che raffigura Diego Armando Maradona, nei Quartieri Spagnoli di Napoli. Il dipinto fu realizzato nel 1990 da un ragazzo del quartiere, Mario Filardi, che impiegò appena tre giorni e due notti per completarlo, e occupa l’intero fianco di un palazzo. Di fronte l’artista argentino Francisco Bosoletti nel 2017 ha dipinto la Pudicizia, un’opera ispirata a una scultura custodita nella Cappella Sansevero, una chiesa sconsacrata che ospita uno dei più importanti musei della città.

La Pudicizia (Angelo Mastrandrea/il Post)

Fino alla morte del calciatore argentino avvenuta il 25 novembre del 2020, il largo su cui si affaccia il murale di Maradona era utilizzato come parcheggio. Poi il dipinto è diventato una delle principali mete turistiche della città e ora al posto delle auto ci sono chioschi che vendono bibite e souvenir, mentre i muri degli edifici circostanti sono tappezzati di immagini dei calciatori protagonisti, a maggio scorso, della vittoria dello Scudetto nel campionato di calcio italiano.

(Angelo Mastrandrea/il Post)

(Angelo Mastrandrea/il Post)

(Angelo Mastrandrea/il Post)

Negli ultimi anni a Napoli gli arrivi dei turisti sono nettamente cresciuti. L’assessora al Turismo Teresa Armato (PD) ha detto che c’è stato «un +18,4 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, che già era stato molto più positivo dei precedenti».

«Basta farsi una passeggiata tra i vicoli per capire cosa sono diventati i Quartieri Spagnoli», dice Cyop, un writer che con il suo compagno d’arte Kaf in quasi quindici anni ha realizzato 250 graffiti sui muri scrostati e sui portoni arrugginiti di tutto il quartiere. Uno di questi, dipinto sui blocchi di cemento che murano una porta, mostra una figura in abiti da calciatore con un pallone al posto della testa e la testa sotto il piede.

Lungo le stradine che sbucano sulla centralissima via Toledo si susseguono bar che propongono caffè e custodia dei bagagli, negozi dipinti di azzurro – il colore della squadra di calcio del Napoli – che vendono t-shirt e souvenir, bed&breakfast che portano il nome di Maradona, pizzerie e ristoranti con la musica di Pino Daniele in sottofondo e alle pareti il volto di Totò e frasi in napoletano di Eduardo De Filippo.

(Angelo Mastrandrea/il Post)

(Angelo Mastrandrea/il Post)

(Angelo Mastrandrea/il Post)

Molti “bassi”, come vengono chiamate le abitazioni di pochissimi metri quadrati con accesso diretto sulla strada, vengono affittati attraverso la piattaforma Airbnb con la promessa di far vivere a chi li prenota la «vera vita napoletana». Monolocali e bilocali vengono ristrutturati addobbandoli con «madonne, san gennari e Maradona»: lo ha scritto il giornale online Napoli Monitor che ha la sua redazione a pochi metri dal murale di Maradona. Monolocali e bilocali che vengono affittati a 120 euro al giorno di media. Tour organizzati promettono «folkloristiche cene partenopee», «esperienze indimenticabili» in ex case di tolleranza e «tombolate scostumate» recitate da femminielli, come in città venivano e vengono definite ancora le persone trans.

Il quotidiano francese Le Monde ha scritto che nei bar dei Quartieri Spagnoli ormai si «servono Aperol Spritz a portar via, un cocktail del grande Nord veneziano sbarcato a Napoli, come una forma di unità d’Italia dettata dai desideri espressi dai visitatori stranieri». Tobias Jones, uno scrittore e giornalista inglese che da molti anni vive in Italia, ha sostenuto sul Guardian che Napoli potrebbe diventare la città più rappresentativa di quest’epoca di «ansia ecologica, crimini e notizie false», come lo furono «Berlino negli anni Venti o Londra negli anni Sessanta».

A dimostrarlo, secondo lui, sono il successo mondiale dei libri di Elena Ferrante, film come È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino e Mixed by Erry di Sydney Sibilia, visti in tutto il mondo grazie a Netflix. Ma in questa nuova capacità di attrazione che ha sviluppato la città hanno un ruolo anche la serie televisiva della Rai Mare fuori, i graffiti di Cyop&Kaf e lo Scudetto vinto a maggio, diventato un fenomeno che ha trasceso lo sport attirando curiosi e turisti sia dal resto d’Italia che dall’estero.

«Fino a qualche anno fa la città era soprattutto un luogo di passaggio per chi era diretto a Pompei o sulla Costiera, ora invece ci si ferma a visitarla anche per più giorni», spiega Alessandra Esposito, un’urbanista dell’Università La Sapienza di Roma che ha scritto un libro, Le case degli altri (Editpress), sull’impatto economico e sociale di quella che definisce «turistificazione» della città. A suo parere, la crescita di visitatori è dovuta all’aumento dei voli low cost verso l’aeroporto di Capodichino, dei treni ad alta velocità e delle crociere al porto turistico, che hanno alimentato la domanda di affitti brevi nel centro storico.

(Angelo Mastrandrea/il Post)

La trasformazione di Napoli attraverso il turismo cominciò nel 2015, quando il sindaco Luigi De Magistris appena eletto da ex magistrato di sinistra puntò sulla riqualificazione del centro storico e sulla costruzione di una nuova immagine, diversa dalla Napoli dell’emergenza rifiuti e delle periferie violente e degradate raccontate dallo scrittore Roberto Saviano in Gomorra.

All’inizio del 2017, dopo una sparatoria a Forcella in cui rimasero feriti tre venditori ambulanti senegalesi e una bambina di 10 anni che si trovava nei paraggi, Saviano polemizzò con il sindaco, dicendo in un’intervista a Repubblica che «questa città non è cambiata» e che «illudersi di risolvere problemi strutturali urlando al turismo o alle feste di piazza è da ingenui». «Non posso credere che il tuo successo cresca con gli spari della camorra», gli rispose De Magistris.

Pochi mesi dopo il sindaco e l’allora assessore al Turismo Nino Daniele presentarono un “Piano strategico per il turismo” che si proponeva di cambiare il modo in cui la città era percepita puntando sulla cosiddetta «napoletanità», vale a dire uno stile di vita unico e riconoscibile che i visitatori di tutto il mondo avrebbero potuto condividere. «Si voleva trasformare Napoli in una destinazione turistica, adottando un’ottica di mercato che salvaguardava l’identità per sfruttarla», dice l’urbanista Esposito.

Nacque uno dei primi bed&breakfast nel rione Sanità, un quartiere del centro storico con forti problemi di criminalità e di disoccupazione. Antonio Loffredo, parroco della Basilica di Santa Maria della Sanità, pensò che il turismo di massa avrebbe potuto rompere l’isolamento del rione e creare lavoro per i giovani, evitando che finissero arruolati dalla camorra. Affidò al designer Riccardo Dalisi il progetto di un bed&breakfast da ricavare all’interno del convento annesso alla chiesa. Una volta realizzato, lo fece gestire da una cooperativa formata da ragazzi del quartiere. Ora la Casa del Monacone è frequentata da turisti di tutto il mondo e sessanta giovani del quartiere lavorano all’accoglienza, fanno le pulizie, trasportano bagagli e fanno da guide alle catacombe di San Gennaro, accompagnando i turisti in giro per il quartiere.

«Questi ragazzi vivevano tra il chiostro e la strada, avevano abbandonato la scuola, alcuni rubavano. Ora hanno studiato e parlano le lingue», dice Loffredo, che ha ispirato allo scrittore napoletano Ermanno Rea il personaggio del «parroco controcorrente e indisciplinato» del suo ultimo romanzo, Nostalgia (Feltrinelli), interpretato da Francesco Di Leva nell’omonimo film che il regista Mario Martone ha tratto dal libro.

Il modello proposto dal parroco della Sanità è rimasto però un’eccezione, perché nel giro di poco tempo i piccoli proprietari, le famiglie di costruttori che hanno decine di appartamenti e la stessa Chiesa, che a Napoli possiede un migliaio di immobili, «hanno cominciato ad affittare di tutto, dai bassi che fino a qualche tempo fa non avevano neppure l’abitabilità alle stanze in appartamenti condivisi», dice Alfonso De Vito.

De Vito è un attivista della rete SET (Sud Europa di fronte alla turistificazione), che tutela i diritti degli abitanti contro l’«invasione» turistica e offre sostegno legale contro gli sfratti.

Un vicolo del rione Sanità (Angelo Mastrandrea/il Post)

Molti in città parlano di un «nuovo rinascimento» napoletano legato al turismo di massa. C’è però chi sostiene che questo «rinascimento» renda i problemi solo meno visibili, a cominciare da quello della criminalità: se di giorno i turisti non corrono più grandi rischi di essere borseggiati come avveniva un tempo, di notte si continua a sparare. All’alba del 31 agosto Giovanbattista Cutolo, un musicista di 24 anni della Nuova Orchestra Scarlatti, è stato ucciso con tre colpi di pistola da un ragazzo di 17 anni in piazza Municipio, in centro, per una lite su come era parcheggiato un motorino.

Il diciassettenne è stato arrestato e ha detto che «ai Quartieri Spagnoli le pistole vanno e vengono come l’acqua fresca». Nella notte tra il 3 e il 4 settembre, tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli ci sono state almeno due “stese”, come vengono definite le sparatorie a fini dimostrativi per segnalare il controllo su un determinato territorio o minacciare un clan rivale. Si chiamano “stese” perché durante gli spari bisogna stendersi a terra per evitare di essere colpiti. L’11 settembre, alle 3 del mattino, un giovane di 20 anni è stato ferito a un braccio con un colpo di pistola in piazza della Sanità, proprio vicino alla scultura che ricorda Genny Cesarano, un ragazzo di 17 anni ucciso per errore nel 2015 durante un’altra “stesa”.

Secondo gli attivisti di SET il turismo non è riuscito a risolvere nessuno dei problemi economici e sociali di Napoli. Alex Zanotelli è un missionario comboniano che vent’anni fa si è trasferito dalla baraccopoli di Korogocho, a Nairobi in Kenya, al rione Sanità. In una conferenza stampa della Rete Rione Sanità, che raggruppa le associazioni di volontariato del quartiere, ha detto che il turismo «ha creato un gran movimento di persone e di sicuro è un fatto positivo, che però non può mascherare i numerosi problemi che ancora viviamo su questo territorio, come la dispersione scolastica che tocca picchi del 74 per cento, e il lavoro che continua a essere un problema per i giovani».

«La turistificazione non ha attenuato la polarizzazione sociale, anzi ha aumentato le disuguaglianze e le ha messe in scena a uso e consumo dei turisti», dice ancora Esposito, l’urbanista della Sapienza. «A dispetto della retorica della città ribelle e refrattaria ai cambiamenti della modernità, Napoli è diventata la capitale del neoliberismo avanzato, quello del cosiddetto capitalismo delle piattaforme, delle case e delle vocazioni messe in vendita», ha detto in un’intervista a Esquire Paolo Mossetti, scrittore e giornalista che ha raccontato la trasformazione legata al turismo della città in un libro intitolato Appugrundrisse (Minimum Fax).

Il rione Sanità (Angelo Mastrandrea/il Post)

L’offerta di alloggio a breve termine a Napoli ha superato quella di Venezia: 9.754 contro 7.950, secondo gli ultimi dati di Inside Airbnb, un sito che monitora in tempo reale l’offerta di case nelle grandi città di tutto il mondo. Il 90 per cento di questi si trovano nel centro storico, in particolare nei Quartieri Spagnoli e alla Sanità, che sono le zone con la più alta densità abitativa di Napoli e allo stesso tempo le più povere: 14mila abitanti in meno di un chilometro quadrato nei Quartieri Spagnoli, 32mila abitanti in due chilometri quadrati nel rione Sanità. E un reddito medio in entrambi i quartieri di 13.400 euro.

La conseguenza è che gli sfratti sono aumentati a dismisura e «nessuno vuole più affittare neppure un basso a migranti, famiglie numerose e studenti universitari», dice De Vito, della rete SET. Chi ha a disposizione anche solo una stanza del proprio appartamento preferisce affittarla attraverso Airbnb per vivere di rendita o integrare lo stipendio mensile, piuttosto che cederla a inquilini che non reggono l’aumento dei costi.

Allo sportello che la rete SET ha aperto a Materdei, un quartiere che confina con i Quartieri Spagnoli e con il rione Sanità, si rivolgono tutti i giorni persone in difficoltà a pagare l’affitto o sotto sfratto. Cristina De Maria è andata da loro alla metà di maggio, dopo aver ricevuto la lettera di un legale dei proprietari che le intimava di lasciare entro il fine settimana il sottoscala di 35 metri quadrati in cui vive dal 1997 con la figlia di 22 anni. La donna pagava 500 euro di affitto, ma ha smesso dal 2015, quando è stata costretta a lasciare un lavoro non in regola in una farmacia, per ragioni di salute. Ha scoperto di essere affetta da una malattia degenerativa rara, la sindrome di Merrf, che causa un progressivo indebolimento muscolare e attacchi epilettici.

A luglio, mentre era ricoverata in ospedale per un infarto, ha ricevuto via SMS la notifica della cancellazione del reddito di cittadinanza, che i legali della rete SET sono poi riusciti a farle riavere per le sue condizioni di salute, ed è in attesa che le venga riconosciuta la pensione di invalidità. Non ha però i soldi per pagare l’affitto e soprattutto per rientrare del debito accumulato. Ha messo tutta la sua roba in alcuni scatoloni e attende da un giorno all’altro l’arrivo dell’ufficiale giudiziario, ma non sa dove andare quando dovrà lasciare la casa. «Al Comune mi hanno offerto un posto in un dormitorio e nel quartiere per un basso di pochi metri quadrati chiedono 650 euro al mese», dice.

Il problema del costo degli affitti si è ingigantito durante la pandemia. «Molte persone che lavoravano spesso al “nero” in bar e ristoranti hanno perso il lavoro e hanno cominciato a non pagare», dice De Vito. Alla fine del 2021 il governo non ha rinnovato la proroga del blocco degli sfratti, prevista durante la pandemia di Covid, e da allora se un inquilino non paga anche solo una rata dell’affitto può essere mandato via. Se non lascia la casa, il proprietario può chiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario.

Secondo i dati dell’Istat, il centro storico di Napoli ha la più alta percentuale di affittuari d’Italia, il 39 per cento. Il 70 per cento delle case sono abitate da coppie giovani e a basso reddito. Gli sfratti esecutivi, cioè con l’obbligo di lasciare l’abitazione entro 90 giorni dalla richiesta del proprietario, sono saliti dai 1.700 del 2017 ai 12mila del 2023. L’85 per cento di questi sono per morosità. Se dovessero essere eseguiti tutti nei tempi prescritti dalla legge, nel giro di tre mesi più di 30mila persone rimarrebbero senza una casa.