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  • Giovedì 28 dicembre 2023

È candidabile? Non è candidabile?

In più stati americani sono in corso tentativi di bloccare la candidatura di Donald Trump alle primarie del partito Repubblicano, con esiti finora diversi

Foto di Donald Trump di profilo in penombra
(AP Photo/Yuki Iwamura)
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Mercoledì 27 dicembre la Corte Suprema del Michigan ha stabilito che l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump potrà partecipare alle primarie del Partito Repubblicano nello stato, in vista delle elezioni presidenziali del 2024. La Corte doveva esprimersi su un caso simile a quello in cui di recente la Corte Suprema del Colorado, con una sentenza che ha avuto un forte significato politico, aveva dichiarato Trump “ineleggibile”. Era stato accusato di essere coinvolto direttamente nell’assalto al Congresso degli Stati Uniti, compiuto il 6 gennaio 2021 da alcune centinaia di sostenitori di Trump con l’intento di fermare il processo di certificazione delle elezioni presidenziali, vinte dal presidente Joe Biden.

Le cause intentate in Michigan e in Colorado sono due degli almeno 15 casi in cui, in diversi stati e in vari modi, si sta cercando o si è cercato di bloccare la candidatura di Trump alle primarie del partito Repubblicano, e quindi alle presidenziali del 2024.

In tutti questi casi i gruppi legali e le organizzazioni per i diritti civili che hanno intentato le cause hanno fatto riferimento alla presunta violazione della Sezione 3 del 14esimo emendamento della Costituzione statunitense: è una clausola risalente alla Guerra civile americana secondo cui chiunque sia stato coinvolto in insurrezioni o rivolte contro lo Stato dopo aver prestato giuramento sulla Costituzione non può più ricoprire incarichi pubblici.

La Sezione 3 del 14esimo emendamento è stata ben poco usata finora, e la sentenza della Corte Suprema del Colorado che aveva dichiarato Trump ineleggibile è stata la prima volta nella storia degli Stati Uniti in cui si è fatto ricorso a questa norma per tentare di escludere un candidato dalle elezioni presidenziali. Si prevede comunque che Trump faccia appello alla Corte Suprema federale contro la sentenza del Colorado, per ribaltarla.

Il prossimo stato a doversi esprimere sulla candidabilità di Trump sarà il Maine, tradizionalmente Repubblicano ma in cui negli ultimi anni i risultati sono stati variabili: nei prossimi giorni è prevista una pronuncia della segretaria di Stato Shenna Bellows al riguardo (nel Maine è il segretario di Stato a presiedere sulle contestazioni elettorali).

Tra gli altri stati in cui sono state intentate queste cause ci sono il New Jersey e il Wisconsin, in questi casi in tribunali statali, e poi il Wyoming, il Nevada, lo stato di New York, il New Mexico, il South Carolina, l’Alaska, l’Arizona, il Vermont, la Virginia e il West Virginia, in questi ultimi casi in tribunali distrettuali federali.

Per ora la sentenza del Colorado è stata l’unica in cui effettivamente i giudici hanno deciso che Trump non poteva candidarsi alle primarie sulla base della Sezione 3 del 14esimo emendamento (in altri stati, come il Minnesota, le autorità locali hanno invece respinto i ricorsi contro la candidatura di Trump). Dal punto di vista elettorale la decisione ha un significato limitato, dato che in Colorado negli ultimi anni hanno vinto soprattutto i Democratici, ma la sentenza ha comunque un grosso significato politico: altri tribunali statali potrebbero seguire l’esempio della Corte Suprema del Colorado e decidere di escluderlo dalle primarie sulla base della stessa clausola.

Nel frattempo sul fatto che Trump sia processabile o meno per il suo ruolo nell’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021 dovrà esprimersi la Corte Suprema federale statunitense, che è composta da sei giudici conservatori su nove, di cui tre nominati da Trump stesso quando era presidente. Venerdì scorso la Corte aveva annunciato che non intendeva esaminare con una procedura accelerata se Trump sia processabile o meno per le sue azioni da presidente, e l’inizio del processo rimarrà quindi fissato al prossimo 4 marzo.

La richiesta di una decisione accelerata era stata presentata da Jack Smith, un consulente nominato dal Dipartimento di Giustizia proprio per occuparsi delle indagini contro Trump: per l’ex presidente la decisione della Corte suprema federale è comunque una vittoria giudiziaria significativa, dato che sta cercando di posticipare il più possibile lo sviluppo delle indagini e dei processi a suo carico in modo da evitare ripercussioni durante la campagna elettorale per le presidenziali. Nel Partito Repubblicano Trump è il candidato di gran lunga favorito.