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  • Lunedì 18 dicembre 2023

Il presidente dell’Egitto sarà ancora al Sisi, e non è una sorpresa per nessuno

Il presidente in carica dal 2013 ha vinto le elezioni considerate una farsa dall'opposizione, e governerà per un terzo mandato

Abdel Fattah Al Sisi durante un evento a Berlino, il 18 luglio del 2022
Abdel Fattah al Sisi durante un evento a Berlino, il 18 luglio del 2022 (AP Photo/ Markus Schreiber)
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Lunedì la commissione elettorale egiziana ha annunciato che il presidente uscente Abdel Fattah al Sisi ha vinto le elezioni presidenziali che si sono svolte nel paese tra il 10 e il 12 di dicembre. La rielezione di al Sisi non è stata una sorpresa per nessuno ed era ampiamente prevista: le opposizioni avevano definito il voto una «farsa». Al Sisi ha 69 anni e governa l’Egitto in modo autoritario dal 2013, quando prese il potere con un colpo di stato militare. Durante i suoi due mandati da presidente ha trasformato il paese in un regime autoritario, ritenuto ancora più duro e oppressivo di quello di Hosni Mubarak, che governò tra il 1981 e il 2011.

Le elezioni presidenziali in Egitto si sarebbero dovute tenere nell’aprile del 2024, ma al Sisi aveva deciso di anticiparle a dicembre, probabilmente per cercare di ottenere una nuova legittimazione popolare prima di mettere in atto le dure misure di austerità e svalutazione della moneta necessarie per far fronte alla gravissima crisi economica che sta attraversando il paese. Di fatto, il presidente uscente era l’unico candidato che aveva possibilità di essere eletto: la campagna elettorale era stata condizionata da molte irregolarità e ripetute intimidazioni nei confronti degli oppositori.

Alla fine, secondo la commissione elettorale egiziana, al Sisi ha ottenuto l’89,6 per cento dei voti. L’unico degli altri tre candidati che avrebbe potuto contendergli la vittoria era l’ex giornalista e parlamentare Ahmed Tantawi, che però aveva subito molte intimidazioni e alla fine non era riuscito a trovare abbastanza firme per candidarsi.

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Abdel Fattah al Sisi è un ex ufficiale dell’esercito. Nel 2011 divenne ministro della Difesa e comandante delle forze armate dell’Egitto, e due anni dopo guidò un colpo di stato contro Mohammed Morsi, il primo e unico presidente democraticamente eletto della storia del paese. Da quando è stato eletto presidente ha eroso progressivamente i diritti e le libertà delle persone: in Egitto la stampa libera non esiste e l’opposizione sia politica sia civile è repressa con estrema durezza.

I suoi dieci anni di governo sono stati caratterizzati da un peggioramento costante della situazione economica: dal 2015 a oggi il numero delle persone in condizione di povertà è passato dal 28 al 33 per cento. Oggi l’inflazione è ai massimi storici e nell’ultimo anno la sterlina egiziana ha perso metà del suo valore. La maggior parte degli analisti ritiene che per cercare di risollevare l’economia il governo egiziano sarà costretto a chiedere onerosi prestiti al Fondo Monetario Internazionale e a svalutare la sterlina, con conseguenze rilevanti per la popolazione.

Nel frattempo, il governo egiziano ha avviato magniloquenti progetti infrastrutturali, come la costruzione di una nuova capitale amministrativa estremamente sfarzosa.

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Al Sisi non avrebbe potuto candidarsi alle elezioni di quest’anno perché aveva già raggiunto il limite dei due mandati previsto dalla Costituzione: nel 2019 tuttavia aveva fatto approvare un referendum costituzionale che gli consentiva di rimanere al potere fino al 2030.

Nel 2014, alle prime elezioni presidenziali dopo il colpo di stato, votò il 47 per cento degli egiziani e al Sisi ottenne il 97 per cento delle preferenze (questo e tutti gli altri dati elettorali dell’era di al Sisi vanno presi con le molle e interpretati all’interno di un regime autoritario e senza possibilità per l’opposizione di competere davvero). Nel 2018 votò il 41 per cento e al Sisi ottenne sempre il 97 per cento. Con l’aggravamento della crisi economica l’affluenza al voto è sempre andata calando e alle ultime elezioni parlamentari, quelle del 2020, aveva votato appena il 28 per cento degli oltre 63 milioni di aventi diritto (e avevano vinto comunque partiti favorevoli ad al Sisi). A queste elezioni però l’affluenza è stata molto più alta, e secondo la commissione elettorale ha raggiunto il 66,8 per cento. È comunque un dato basso se si tiene conto che, almeno in teoria, in Egitto tutti i cittadini sarebbero legalmente obbligati a votare, e se non lo fanno rischiano una multa piuttosto elevata.