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  • Martedì 14 novembre 2023

Israele sta spendendo più del previsto per la guerra

E questo crea problemi nel governo, dove il ministro delle Finanze non vuole rinunciare ai fondi destinati agli ebrei ultraortodossi

Benjamin Netanyahu (AP Photo/Maya Alleruzzo, Pool)
Benjamin Netanyahu (AP Photo/Maya Alleruzzo, Pool)
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Lo stato di Israele sta spendendo somme enormi per la sua guerra contro Hamas, più di quanto previsto a ottobre. Secondo stime del ministero dell’Economia riportate da Bloomberg, per le “spese vive” della guerra come gli armamenti, le munizioni, le attrezzature e gli stipendi dei soldati e dei riservisti, Israele spende 260 milioni di dollari ogni singolo giorno (poco più di 240 milioni di euro). È una cifra che sta creando tensioni all’interno del governo di Benjamin Netanyahu, dove il ministro delle Finanze, l’estremista di destra e fondamentalista religioso Bezalel Smotrich, è restio a usare per la guerra uno specifico fondo pensato per le comunità ebraiche ultraortodosse.

Recuperare fondi per lo sforzo militare sta diventando sempre più complicato per Israele. Benché la situazione economica fosse inizialmente piuttosto solida, con una buona crescita e un basso livello di disoccupazione, l’inizio della guerra ha provocato grosse turbolenze: molti negozi hanno chiuso, le comunità nel sud del paese, soprattutto quelle vicino alla Striscia di Gaza, sono spopolate se non deserte, e molte fonti di entrate per l’economia, come il turismo, si sono praticamente azzerate.

– Leggi anche: Gli effetti della guerra sull’economia israeliana

Il governo israeliano sta spostando sullo sforzo militare fondi inizialmente destinati a scopi civili: a ottobre lo stesso Netanyahu aveva detto che le priorità del budget statale sarebbero state tutte riviste e orientate verso le attività di guerra.

Per questa ragione nelle ultime settimane nella politica israeliana ci sono state grosse polemiche attorno al cosiddetto “fondo di coalizione”, una grossa somma di denaro che il governo aveva approvato a maggio per rispondere alle esigenze dei suoi membri più estremisti. Il governo di Benjamin Netanyahu è il più di destra della storia di Israele ed è composto da cinque partiti, molti dei quali rappresentano gli interessi degli ebrei ultraortodossi, cioè dei fondamentalisti religiosi ebraici, e dei coloni, cioè degli israeliani che costruiscono insediamenti illegali nei territori che secondo la comunità internazionale sono dei palestinesi.

Dall’inizio della guerra in Israele si è formato un governo di coalizione in cui sono entrati alcuni esponenti dell’opposizione, ma tutti i ministri più estremisti sono rimasti al loro posto. Tra questi c’è il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, lui stesso un colono e un difensore dei diritti degli ultraortodossi, che nel tempo si è reso famoso per dichiarazioni estremamente brutali contro i palestinesi.

Questo governo prima della guerra aveva creato un “fondo di coalizione”, cioè una somma di denaro che poteva essere usata discrezionalmente da alcuni ministeri per rispondere alle esigenze di ultraortodossi e coloni. Il fondo serve a finanziare le scuole religiose ultraortodosse, a sostenere economicamente gli uomini delle comunità ultraortodosse (quasi metà dei quali non lavora come scelta religiosa) e a finanziare le attività di espansione e di protezione delle colonie. Il fondo, previsto per il biennio 2023–2024, vale 14 miliardi di shekel, cioè 3,6 miliardi di dollari.

La creazione di questo fondo era già piuttosto controversa prima della guerra, ma lo è diventata ancora di più nelle ultime settimane. Poiché non serve a finanziare le esigenze di base dello stato, il “fondo di coalizione” è stato considerato subito una soluzione per sostenere lo sforzo bellico, ma il ministro Smotrich è stato a lungo restio a usare questi soldi per l’esercito, e anzi a ottobre aveva detto che i soldi si potevano recuperare da altre parti.

Questo ha provocato enormi polemiche perché la comunità ultraortodossa, a cui è destinata buona parte del “fondo di coalizione”, è vista dal resto della popolazione come ingiustamente privilegiata. Tra le altre cose, gli ultraortodossi studiano in scuole finanziate dallo stato in cui si segue un programma religioso (in alcune scuole non è nemmeno obbligatorio insegnare la matematica) e gli ultraortodossi, al contrario del resto della popolazione, sono quasi del tutto esenti dal servizio militare obbligatorio (anche se dall’inizio della guerra c’è stato un aumento degli arruolamenti).

La settimana scorsa più di 300 economisti israeliani hanno firmato un appello pubblico in cui chiedevano al governo di «tornare in sé» e di «bloccare il finanziamento di tutto ciò che non è necessario alla guerra, a partire dal fondo di coalizione». Tra le altre cose, se lo stato non può usare per la guerra i fondi a sua disposizione è costretto a prendere in prestito soldi dai mercati, a interessi sempre più alti.

Dei 14 miliardi di shekel di cui è composto il “fondo di coalizione”, cinque sono già stati spesi negli scorsi mesi. Dei nove rimanenti Smotrich ha accettato – dopo forti pressioni – di usarne 1,6 miliardi per le spese militari, sostenendo che il resto sia stato allocato per il 2024, e che quindi non sia utilizzabile in questo momento. Smotrich intende comunque usare 1,2 miliardi del fondo per aumentare lo stipendio degli insegnanti nelle scuole ultraortodosse e la sicurezza delle colonie. L’opposizione ha criticato questa decisione, sostenendo che tutto il “fondo di coalizione” dovrebbe essere usato per la guerra.

Nei prossimi giorni, comunque, Smotrich dovrebbe presentare una proposta di budget statale aggiornata alle spese di guerra: allora si capirà in che modo sarà usato il “fondo di coalizione”.