Ora a Gaza gli ospedali sono al centro di tutto
Israele li attacca perché sostiene ospitino le basi operative di Hamas, la popolazione li usa come rifugi dai bombardamenti
Da ormai alcuni giorni buona parte delle operazioni militari dell’esercito israeliano nel nord della Striscia di Gaza sta avvenendo vicino agli ospedali, dove Israele ritiene che siano collocati i comandi operativi di Hamas. Gli ospedali sono anche i luoghi dove si sta raccogliendo la maggior parte della popolazione che non è fuggita verso il sud della Striscia, e almeno all’inizio della guerra erano considerati un luogo sicuro dove cercare riparo dai bombardamenti israeliani. In questi giorni però anche gli ospedali sono diventati degli obiettivi militari, e sono stati colpiti i parcheggi e gli edifici adiacenti. Migliaia di persone continuano comunque a concentrarsi in queste strutture, per assenza di alternative.
Gli ospedali ancora operativi a Gaza sono sempre di meno: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha detto venerdì che ormai 20 dei 36 ospedali di Gaza sono chiusi o non operativi e che 50 delle 72 cliniche mediche hanno smesso di funzionare.
Anche gli ospedali che non sono direttamente oggetto di bombardamenti o coinvolti nei combattimenti devono operare in condizioni sempre più difficili per la carenza di materiale medico, di personale, di medicine e soprattutto di carburante, fondamentale per i generatori che garantiscono l’energia elettrica necessaria per l’illuminazione e le strumentazioni mediche. Filtri d’aria e ventilatori sono per lo più stati spenti per risparmiare energia, cosa che insieme al sovraffollamento e alla carenza d’acqua sta aumentando il rischio di infezioni ed epidemie.
Il chirurgo Ghassan Abu-Sittah ha detto al settimanale statunitense Time di aver acquistato personalmente bottiglie di aceto e detersivo da lavatrice per pulire le ferite dei pazienti: «Ogni giorno che passa devi scendere a qualche compromesso in più».
Ma alcuni dei più importanti ospedali di Gaza sono anche al centro delle operazioni militari dell’esercito israeliano. Giovedì è stato coinvolto l’ospedale Al Quds, uno dei più importanti dell’area, che ospita anche 14mila profughi ed è gestito dalla Mezzaluna Rossa, corrispettivo locale della Croce Rossa: i suoi dipendenti hanno raccontato che la struttura è stata circondata dai mezzi militari israeliani.
Sempre giovedì il ministero degli Esteri indonesiano ha denunciato che bombardamenti nella notte avevano danneggiato l’ospedale Indonesiano di Gaza, a Beit Lahia, che nella serata di venerdì è rimasto senza elettricità e acqua. Venerdì gli scontri maggiori sono stati segnalati intorno agli ospedali al Rantisi (dove c’erano 16mila profughi), l’unico a fornire servizi di medicina pediatrica, e Al Shifa. Quest’ultimo è il più grande della Striscia di Gaza: oltre ai malati e a un gran numero di cadaveri che non trovano più posto nelle celle frigorifere, ospita oltre 50mila profughi, secondo fonti locali e le Nazioni Unite.
L’esercito israeliano ha chiesto più volte l’evacuazione di questi e altri ospedali, operazione che è però ritenuta impossibile dallo staff medico: non solo perché non sarebbe possibile spostare un numero così alto di malati, alcuni in terapia intensiva, ma anche per la mancanza di strade praticabili e di mezzi sicuri con cui fare i trasferimenti.
Israele considera gli ospedali obiettivi militari perché ritiene che Hamas nasconda al suo interno, o nei tunnel sottostanti alle strutture, alcuni dei suoi centri operativi. In particolare la zona intorno all’ospedale al Shifa è stata definita dal portavoce dell’esercito «il cuore» delle attività operative e di intelligence di Hamas. In alcune conferenze stampa sono state mostrate foto e presunte prove di come i miliziani palestinesi abbiano nascosto nelle vicinanze o nei tunnel sotto l’ospedale alcune strutture militari, compresi mortai per lanciare razzi e missili.
In base alle Convenzioni di Ginevra che regolano la condotta nei conflitti armati, gli ospedali perdono la loro protezione legale dagli attacchi se vengono utilizzati per atti ostili e operazioni militari: diventerebbero quindi obiettivi legittimi, a patto che gli attacchi avvengano dopo un avvertimento efficace e che preveda un chiaro ultimatum. Israele si sta appellando a questo per definire legittime le proprie operazioni, Hamas e i dirigenti degli ospedali in questione hanno negato che le strutture vengano utilizzate con fini militari.
Mohammad Abu Salmiya, direttore generale dell’ospedale di al Shifa, ha detto ad Al Jazeera: «Non passa un secondo senza che una bomba cada vicino all’ospedale: questa è una guerra contro gli ospedali e contro la popolazione palestinese». Dall’inizio della guerra sono stati uccisi 135 membri del personale medico, secondo il ministero della Salute di Gaza (controllato da Hamas).
#BREAKING| Casualties reported in Israeli strikes in the vicinity of the Indonesian Hospital in northern #Gaza. pic.twitter.com/rrktuEcqaQ
— Quds News Network (@QudsNen) November 9, 2023
Negli ultimi giorni è stato difficile ritenere queste strutture “sicure” per la popolazione civile. Anche chi non ha bisogno di cure mediche spesso sta continuando a restare lì, perché ogni soluzione alternativa è considerata peggiore: sono gli unici luoghi in Gaza dove, saltuariamente e fra grandi difficoltà, è ancora possibile trovare energia elettrica per ricaricare gli smartphone (con cui mettersi in contatto con i parenti) e una connessione internet.
Anche i giornalisti che ancora riescono a lavorare a Gaza usano gli ospedali come centro operativo per inviare materiale o comunicare al telefono. Agli ospedali arrivano spesso anche i camion di aiuti che riescono a superare il varco di Rafah, tra la Striscia di Gaza e l’Egitto: a volte le distribuzioni di acqua e beni di prima necessità vengono organizzate nelle vicinanze delle strutture.