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  • Venerdì 10 novembre 2023

Le proteste della destra spagnola contro l’accordo di governo tra socialisti e indipendentisti catalani

Il motivo è la possibilità che venga concessa un'amnistia agli organizzatori del referendum per l’indipendenza della Catalogna

Un gruppo di manifestanti fa il saluto fascista a Madrid, giovedì sera (AP Photo/Andrea Comas)
Un gruppo di manifestanti fa il saluto fascista a Madrid, giovedì sera (AP Photo/Andrea Comas)
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Da settimane a Madrid e in altre città spagnole un numero crescente di manifestanti di destra ed estrema destra protestano contro le trattative per formare un’alleanza di governo tra il primo ministro uscente, il socialista Pedro Sánchez, e il partito indipendentista catalano di centrodestra Junts per Catalunya, guidato da Carles Puigdemont.

Le manifestazioni più numerose sono state giovedì sera a Madrid, dopo che in mattina Sánchez e Puigdemont avevano trovato un accordo che prevede la possibilità che gli organizzatori del referendum del 2017 per l’indipendenza della Catalogna, tra cui lo stesso Puigdemont, ottengano un’amnistia in seguito a un voto del parlamento che verrà indetto dopo la formazione del governo: l’amnistia bloccherebbe i processi in corso e annullerebbe le condanne già emesse per tutti i leader catalani coinvolti. Ed è proprio la possibilità che venga concessa un’amnistia il motivo principale delle proteste dei partiti di destra ed estrema destra.

Secondo il quotidiano spagnolo El Paìs i manifestanti a Madrid erano circa ottomila, mentre a Granada se ne sono riuniti altri tremila. Il giornale racconta che «nonostante la tensione e la violenza verbale, a Granada le manifestazioni sono state generalmente pacifiche, benché numerosi partecipanti vestiti da neonazisti abbiano mostrato atteggiamenti esaltati o aggressivi». A Madrid, invece, alcuni gruppi di estrema destra «hanno lanciato petardi e razzi contro le squadre antisommossa» che alla fine li hanno caricati.

In un altro articolo approfondito sulle violenze, sempre El Paìs ha raccontato di gruppi di giovani che verso le 10 di sera hanno cominciato a lanciare contro gli agenti in tenuta antisommossa «tutti gli oggetti che avevano in mano, facendo volare in aria le sedie dei ristoranti e dei bar che hanno trovato sul loro cammino e tutto l’arredo urbano su cui sono riusciti a mettere le mani».

Nelle ultime settimane le fonti d’intelligence della polizia spagnola avevano avvisato che era molto probabile che alle manifestazioni si sarebbero uniti gruppi neonazisti pronti ad aumentare il livello di violenza, ma un agente degli stessi servizi di intelligence ha detto al Paìs che alcuni di loro hanno seguito gli schemi di comportamento dei principali gruppi ultras di Madrid: fermarsi in un bar vicino alle manifestazioni, aspettando un segnale comune prima di unirsi alle proteste e «scatenare tutta la loro violenza».

In tutto sono state arrestate 15 persone per disordine pubblico, mentre non si sa ancora se ci siano stati feriti. Già martedì la polizia aveva usato proiettili di gomma e fumogeni per disperdere una parte dei manifestanti che avevano cercato di oltrepassare le barriere attorno alla sede del Partito socialista spagnolo, a cui Sánchez appartiene: erano state ferite 39 persone, tra cui 10 manifestanti e 29 poliziotti.

I vigili del fuoco spengono dei container dati alle fiamme durante la manifestazione di giovedì sera fuori dal quartier generale del Partito socialista spagnolo (AP Photo/Andrea Comas)

Giovedì sera alla protesta nella capitale si è unito anche il leader del partito di estrema destra Vox, Santiago Abascal, che è stato applaudito dagli altri manifestanti ma non ha voluto prendere parola pubblicamente. Nei giorni precedenti Vox aveva assunto un ruolo più attivo nelle proteste: Abascal ha chiesto una «mobilitazione permanente, costante e crescente» contro l’amnistia.

Gli altri partiti di centrodestra, a partire dal Partido Popular (il principale partito d’opposizione), stavano chiedendo ai propri sostenitori di protestare contro l’amnistia da settimane: speravano infatti di riuscire a fare pressione per impedire la formazione di un nuovo governo Sánchez dopo non essere riusciti a crearne uno di centrodestra. L’accusa mossa dalla destra è che Sánchez stia usando l’amnistia solo per garantire la propria sopravvivenza politica, che l’iniziativa violi la Costituzione e che incoraggi gli indipendentisti catalani a tentare una nuova secessione, minacciando l’unità territoriale della Spagna. L’ex primo ministro del Partido Popular José María Aznar è arrivato a descrivere Sánchez come «un pericolo per la democrazia costituzionale spagnola».

Nella pratica, l’accordo tra Sánchez e Puidgemont prevede che Junts si impegni a votare la fiducia a un nuovo governo Sánchez e che in cambio il PSOE promuova una legge di amnistia che, se sarà approvata in parlamento, bloccherà i processi in corso e annullerà le condanne già emesse per tutti i leader coinvolti, fra cui appunto Puigdemont. Il voto di fiducia nel parlamento spagnolo dovrebbe tenersi già nei primi giorni della settimana prossima. Il nuovo governo Sánchez sarà comunque un governo di minoranza (come quello attuale) composto dal PSOE e da Sumar, una formazione di sinistra radicale. Ma sarà sostenuto, oltre che da Junts, anche da altri partiti minori o regionali come Bildu, una formazione autonomista basca, che non avranno loro rappresentanti nel governo (quello che si chiama in genere appoggio esterno). La concessione dell’amnistia era ed è considerata controversa da molti, inclusi alcuni politici del PSOE.