La Bibliothèque publique d'information del Centre Pompidou, a Parigi (il Post)

Il “motore di ricerca umano” composto da 600 bibliotecari francesi

Si chiama Eurekoi, è pubblico e promette di rispondere a qualsiasi domanda o richiesta di consigli personalizzata entro 72 ore

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Nei primi anni Duemila, con la rapida adozione di internet e la convinzione da parte di alcuni che avrebbe presto portato alla diffusione libera e gratuita della conoscenza, si cominciò a parlare con insistenza dell’imminente obsolescenza delle biblioteche. «C’è spazio per domandarsi come faranno le biblioteche a competere con la possibilità di scaricare un intero libro online, a un costo minimo o nullo, invece di trascinarsi fino alla biblioteca più vicina», scriveva per esempio la Technology Review del prestigioso Massachusetts Institute of Technology nel 2005. «I servizi di stampa su richiesta si stanno diffondendo rapidamente, e i dispositivi di lettura elettronica continueranno a migliorare fino a rivaleggiare con la risoluzione e la comodità dei libri normali. A quel punto, l’unico motivo impellente per andare fisicamente in biblioteca sarà vedere una copia di un libro che non è stato ancora digitalizzato, o che è stato digitalizzato ma non è scaricabile a causa delle restrizioni sul copyright».

Già allora, molti bibliotecari rispondevano che le biblioteche non servono soltanto a contenere libri cartacei e a prestarli gratuitamente, e che internet non avrebbe potuto rivaleggiare con le loro altre funzioni. Per esempio offrire uno spazio sicuro, caldo e accogliente per tutti per lavorare, studiare, leggere o fare altre attività, senza bisogno di pagare alcunché. Ma anche mettere a disposizione del pubblico esperti il cui lavoro principale è quello di aiutare le persone a trovare informazioni – o, come dicono i professionisti del settore, «soddisfare i propri bisogni informativi» – indirizzandole verso libri, documenti o servizi che possano rispondere con completezza alle loro domande. È quello che nel gergo dei bibliotecari si chiama “servizio di reference”.

Il fatto che negli ultimi vent’anni un numero crescente di persone abbia cominciato a cercare risposte ai propri “bisogni informativi” online, prima grazie a motori di ricerca come Google e più di recente ponendo domande a chatbot come ChatGPT, ha portato i bibliotecari a interpellarsi ulteriormente sul proprio ruolo. Hanno digitalizzato le proprie collezioni, messo in comune i propri cataloghi con molte altre biblioteche per permettere alle persone di prendere in prestito libri che si trovano altrove, aggiunto e-book ed e-reader, ma anche riviste, film, a volte addirittura videogiochi, e messo a disposizione computer per chi non ne aveva uno. Sono rimasti dei posti importanti per chi ha bisogno di un posto tranquillo per studiare o leggere, nonché per organizzare eventi culturali e dibattiti. E hanno ideato nuovi servizi che puntano sulla grande differenza che esiste tra porre una domanda a un algoritmo che privilegia contenuti “ottimizzati” per apparire in cima alle ricerche, come fa Google, e porla a un essere umano che ha dei propri gusti personali, ma che ha anche studiato per individuare risposte informate e affidabili.

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È quello che sta facendo con un certo successo Eurekoi, piattaforma franco-belga che invita chiunque a porle qualsiasi domanda, curiosità o richiesta di consiglio: la promessa è quella di far rispondere entro tre giorni a una rete di oltre 600 bibliotecari provenienti da 52 biblioteche della Francia o del Belgio francofono, fungendo sostanzialmente da “motore di ricerca umano”.

Non è un progetto unico nel suo genere: a Bologna, per esempio, esiste il servizio di reference digitale cooperativo “Chiedilo alla biblioteca”, attraverso cui otto biblioteche della città, diverse per natura e dimensioni, collaborano per rispondere alle domande dei cittadini sempre entro tre giorni, e dal 2014 esiste anche “Chiediloanoi”, un servizio di reference svolto da sei biblioteche pubbliche di diverse città del nord Italia. Per grandezza della rete, numero di richieste pervenute e ampiezza dei temi su cui si esprime, Eurekoi è però un esperimento particolarmente impressionante.

Eurekoi si chiama così dal 2015, ma esiste dal 2006: «prima avevamo una hotline telefonica per rispondere alle domande a distanza» racconta Caroline Lamotte, una delle persone che coordina il progetto nella Bibliothèque publique d’information, la principale biblioteca pubblica di Parigi, che ha la propria sede all’interno del Centre Pompidou.

«Per molto tempo si è trattato soltanto di un servizio di documentazione, in cui i bibliotecari indirizzavano gli utenti verso i documenti o le opere che potevano loro servire. Ma dal 2017 abbiamo aggiunto un servizio di raccomandazione: prima di romanzi e fumetti, poi di film e serie tv. Quest’anno abbiamo aggiunto i consigli di giochi da tavolo». Eurekoi è finanziata dal ministero della Cultura e della Comunicazione francese e dal Servizio di lettura pubblica della Comunità francese del Belgio.

La biblioteca del Centre Pompidou (il Post)

La piattaforma mette molto in chiaro i modi in cui ritiene di differenziarsi da «motori di ricerca, forum e enciclopedie»: queste risorse, dice il sito di Eurekoi, propongono troppe informazioni in modo indistinto, non rendono ben chiaro chi stia consigliando qualcosa o il motivo per cui sta privilegiando una specifica fonte d’informazione, e non è detto che siano affidabili. I bibliotecari della rete, invece, offrono «una risposta personalizzata, accurata, documentata». Che non si limita a riportare le ultime discussioni su un tema, ma offre un contesto e una visione d’insieme spesso necessaria a capire effettivamente una risposta.

Per farlo, coinvolgono decine di biblioteche pubbliche locali, tra cui alcune molto specializzate in specifici campi. «Rispondere alle domande del pubblico è solo una parte della missione e delle attività del personale delle biblioteche che fanno parte della rete, e normalmente un singolo bibliotecario risponde a una singola domanda», racconta Lamotte. «Ma a volte, soprattutto se la domanda è molto specialistica, ci rivolgiamo ai bibliotecari che hanno accesso a specifici archivi: per esempio quello di Brest è specializzato in oceanografia, la biblioteca della Città delle Scienze di Parigi si occupa di questioni scientifiche, le domande su arte e archeologia vengono gestite dalla biblioteca dell’eccellente Istituto nazionale di storia dell’arte». Gli unici temi su cui si rifiutano, per deontologia, di dare risposte sono eventuali dubbi medici o legali: in quei casi dicono all’utente di consultare figure professionali specialistiche.

Nel caso l’utente non cerchi risposte ma consigli – anche molto specifici, come «fumetti postapocalittici che parlano di tecnologia e ambiente», «opere per spiegare l’incarcerazione di un genitore a un bambino molto piccolo» o «film in cui i camper hanno un ruolo centrale» – si tende invece a girare la domanda alla biblioteca più vicina all’utente, in modo da valorizzare anche le collezioni delle biblioteche locali.

Eurekoi chiede a ogni bibliotecario che partecipa al progetto di accompagnare i propri consigli con una breve argomentazione, una spiegazione di perché un certo libro a loro è piaciuto o perché pensano che possa essere giusto per la persona che ha chiesto il consiglio. «È questo il plusvalore di un bibliotecario, dopotutto», dice Lamotte. «Presentare un’opera, spiegare il perché, far venire voglia di leggerla. Eurekoi fa un po’ un lavoro di militanza sull’utilità delle biblioteche, in questo senso».

Migliaia di domande a cui è già stata data una risposta sono disponibili e consultabili sul sito di Eurekoi: tra quelle pubblicate di recente c’è «Che metodi e libri mi consigliate per padroneggiare l’inglese in un mese?». La risposta è molto realista: «Alcuni siti web promettono di farti padroneggiare l’inglese in un mese, ma l’apprendimento di una lingua non equivale alla sua padronanza. Al di là della fantascienza (tutti sogniamo di imparare le cose anche la notte mentre dormiamo, magari usando gli elettrodi) sembra un obiettivo ambizioso, se non irrealistico. Come indica l’organizzazione di formazione linguistica Wall Street English, «Siamo realistici, non diventerai bilingue in 1 mese. Ma in 1 mese, se sei coscienzioso e motivato, puoi fare progressi significativi e sentirti più a tuo agio con la lingua». Il resto della risposta include moltissimi libri di testo, ma anche podcast da ascoltare o canali televisivi da guardare per migliorare l’inglese in modo divertente.

Una delle postazioni dei bibliotecari che lavorano a Eurekoi (il Post)

Nel 2019 erano arrivate 9.214 domande, nel 2020 9.580. Da lì in poi, il volume delle richieste è un po’ sceso: nel 2021 sono state 7.087, nel 2022 6.577. A porle sono soprattutto persone comuni, qualche universitario che sta cominciando la ricerca per la tesi, o studenti di medie e superiori che apprezzano l’aiuto con i compiti per casa. «Esiste una percentuale significativa di utenti che sono persone che non utilizzano affatto le biblioteche. Quindi è anche un modo per far conoscere il loro lavoro», spiega Lamotte.

Il progetto ha tre obiettivi principali, dice Lamotte. Il primo è quello di cooperare a livello nazionale per aiutare anche biblioteche locali più piccole e con meno fondi a offrire un servizio innovativo agli utenti. Il secondo è quello di soddisfare i bisogni informativi del pubblico, anche quando le persone non vanno più fisicamente in biblioteca: «Parlando con qualcuno in biblioteca è semplice scambiarsi qualche domanda: magari ti dicono che gli è piaciuto L’eleganza del riccio e vorrebbero leggere qualcosa di simile, o che stanno cominciando a interessarsi di ecologia ma non sanno da dove iniziare. Eurekoi vuole permettere agli utenti di avere delle risposte molto personalizzate alle loro domande, anche a distanza». Il terzo obiettivo è quello di valorizzare la collezione delle singole biblioteche e mettere in mostra l’esperienza e la specializzazione del personale, ricordando al contempo il ruolo ancora importante che i bibliotecari svolgono nonostante gran parte del pubblico abbia ormai accesso a internet.

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«Non penso che avrebbe alcun senso per noi posizionarci come rivali di Google o ChatGPT. Sarebbe come mettere Davide contro Golia. E poi noi usiamo molto Google e altri motori di ricerca per proporre al pubblico articoli di giornale, ricerche accademiche open source e altre risorse online», dice Lamotte. Nei prossimi mesi il progetto intende allargarsi per incoraggiare gli utenti a sottoporre loro questioni spinose e divisive rispetto a cui non sono riusciti a farsi un’idea, aiutandoli a distinguere tra fonti autorevoli e credibili da una parte e fonti faziose o informazioni false dall’altra.

«La sfida oggi è quella di far percepire al pubblico la differenza tra un professionista delle fonti che può aiutarti a costruire le tue conoscenze e un algoritmo che si basa sull’inferenza statistica come ChatGPT o Bard», dice Laura Ballestra, presidente dell’Associazione italiana biblioteche. «Non devo solo soddisfarti: il Manifesto UNESCO delle biblioteche pubbliche, aggiornato nel 2022, dice a chiare lettere che è compito della biblioteca insegnare a usare gli strumenti digitali e informativi. La speranza è quella di riportare le persone a farsi domande e a lavorare come lavorano i bibliotecari: senza accontentarsi della prima risposta, ma guardando l’origine di quella risposta. È una professione dall’etica molto forte».

Secondo Lamotte, la principale sfida rimangono i fondi necessari a portare avanti il progetto e ad allargarlo, come sperano di fare: essendo pubblica, infatti, l’esistenza di Eurekoi dipende dalla volontà dei governi di continuare a stanziare fondi per tenerla aperta. Un tema molto simile esiste anche rispetto alle biblioteche italiane: da anni anche istituzioni molto grandi e importanti, come le Biblioteche nazionali di Napoli, Roma e Firenze, hanno ridotto i propri orari di apertura a fronte di un numero insufficiente di dipendenti. Secondo un rapporto ISTAT del 2019, solo il 10 per cento delle biblioteche pubbliche italiane ha un bibliotecario assunto. Il 9 per cento fa ricorso a bibliotecari esternalizzati, mentre il 52 per cento utilizza volontari o stagisti. Nelle periferie e nel sud Italia, poi, le biblioteche sono significativamente meno capillari.

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