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  • Venerdì 3 novembre 2023

Le polemiche sui manifesti degli israeliani rapiti

Sono apparsi sulle strade delle città americane e non solo, ma in molti li stanno strappando per protesta

Un manifesto strappato a New York (Edna Leshowitz/ZUMA Press Wire)
Un manifesto strappato a New York (Edna Leshowitz/ZUMA Press Wire)

Nelle ultime settimane nelle strade di molte città negli Stati Uniti, in Australia e anche in alcune città europee hanno cominciato ad apparire manifesti che mostrano le facce di alcuni degli oltre 200 civili israeliani rapiti da Hamas durante l’attacco del 7 ottobre. I manifesti sono simili a quelli usati per le persone scomparse: c’è una grande scritta “kidnapped”, rapito, su sfondo rosso, assieme a una foto della persona e a un breve testo. Sono stati ideati da due artisti israeliani e in poco tempo, grazie a una campagna online, si sono diffusi in molte città del mondo, messi dalle persone che vogliono denunciare la brutalità dell’attacco di Hamas e più in generale dimostrare solidarietà a Israele.

Ma soprattutto negli Stati Uniti attorno a questi manifesti si è generata una certa polemica: molte persone hanno cominciato a strapparli, in parte per disprezzo e rabbia nei confronti di Israele, che spesso sfociano nell’antisemitismo, e in parte perché ritengono che l’attenzione pubblica si dovrebbe rivolgere piuttosto ai bombardamenti e all’invasione di terra che l’esercito israeliano sta facendo sulla Striscia di Gaza. Questa polemica, che ha dimensioni tutto sommato contenute, si è ingigantita soprattutto sui social network, dove la discussione sui manifesti degli israeliani rapiti si è inserita in un contesto di estrema polarizzazione provocato dalla guerra tra Israele e Hamas.

I manifesti sono stati inventati da due artisti israeliani, Nitzan Mintz e Dede Bandaid, che si trovavano a New York nei giorni del massacro di Hamas. Un paio di giorni dopo decisero di avviare una campagna di sensibilizzazione nei confronti degli ostaggi, disegnarono i manifesti (chiedendo il permesso alle famiglie delle persone rapite, hanno detto) e cercarono di distribuirli a mano ai passanti per le strade di New York, come se fossero volantini. Come hanno raccontato al giornale americano USA Today, inizialmente quasi nessuno era interessato.

A quel punto Mintz e Bandaid decisero di rendere pubblici online i file dei manifesti, in modo che chiunque potesse scaricarli, stamparli e appenderli in giro per le proprie città: in qualche giorno l’iniziativa si è diffusa enormemente. A New York e in molte altre città americane, ma anche in Australia e a Londra, i manifesti sono diventati molto comuni per strada. Il New York Times, raccontando la storia, ha scritto che in alcune città i manifesti sono «onnipresenti». Anche in Italia la loro versione tradotta ha avuto una certa diffusione, anche se limitata a manifestazioni specifiche.

Un manifesto durante una manifestazione di commemorazione per le persone rapite davanti alla Sinagoga di Roma (AP Photo/Gianfranco Stara)

Si sono accorti dei manifesti anche i giornali, che hanno cominciato a parlare dell’iniziativa di Mintz e Bandaid, e i social network, dove i manifesti sono diventati l’oggetto di post e video molto visualizzati.

Questa grande diffusione, però, ha creato anche reazioni contrarie. Alcune persone hanno cominciato a strappare dai muri e dai pali i manifesti degli israeliani rapiti, come forma di protesta contro i bombardamenti massicci e l’invasione di terra che l’esercito di Israele sta mettendo in atto sulla Striscia di Gaza, e in generale contro le politiche di Israele. In altri casi i volti sui manifesti sono stati sfigurati con scritte e segni di pennarello. Alcune persone hanno cominciato a filmarsi mentre strappavano i manifesti o, più di frequente, sono state filmate da altre mentre li strappavano. I video sono finiti sui social network e alcuni di questi sono stati visti milioni di volte.

Ben presto, soprattutto grazie al ruolo dei social network che hanno contribuito a ingigantire la polemica, i manifesti hanno assunto un valore simbolico. Chi li strappa ci vede una forma di propaganda a favore di Israele, in un momento in cui Israele sta bombardando la Striscia di Gaza. Miles Grant, un attivista di New York, ha detto al New York Times che a lui è capitato di strappare i manifesti dei rapiti perché mancano del contesto: «Perché [il massacro di Hamas] è avvenuto e quali sono i fatti che hanno portato a tutto questo? I manifesti non ne parlano, e penso che sia intenzionale», ha detto Grant, che è ebreo e si definisce «non sionista». Altre persone che strappano i manifesti hanno posizioni meno articolate, e nei video le si sente dire cose come «Fuck Israel», cioè «Vaffanculo Israele».

Alcuni attivisti sostengono inoltre che i manifesti delle persone israeliane rapite siano una forma di provocazione. In un video che è molto circolato online Rafael Shimunov, un attivista per la pace ebreo, ha detto che molti manifesti sono stati affissi attorno a un ristorante palestinese a New York, come forma di incitamento all’odio.

 

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Dall’altra parte, moltissime persone dicono che strappare i manifesti delle persone israeliane rapite sia a sua volta una forma di incitamento all’odio, e che affiggere per strada manifesti per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle persone rapite non significhi sminuire le morti dei palestinesi nella Striscia di Gaza, o negare il contesto in cui avviene il conflitto israelo-palestinese.

«Questa campagna non si è limitata a portare consapevolezza attorno alle persone rapite, ma ha reso evidente quanto siamo odiati come comunità», ha detto Nitzan Mintz, una delle autrici dei manifesti, che è ebrea e ha ricondotto questi gesti agli episodi di antisemitismo che si sono visti nel mondo in queste settimane.

La polemica attorno ai manifesti ha avuto conseguenze reali: un dentista in Florida è stato licenziato dopo essere stato filmato mentre strappava i manifesti. Ci sono state poi grosse discussioni soprattutto nei campus universitari, dove il livello del dibattito è generalmente più radicale: alcuni studenti ebrei hanno raccontato di non sentirsi più sicuri nelle loro università, e che la polemica attorno ai manifesti ha alimentato un clima d’odio.

Uno dei problemi principali è che, poiché i manifesti possono essere scaricati e stampati da chiunque, non è davvero chiaro con quali intenzione siano affissi, anche se la campagna originale dice che il suo obiettivo è soltanto quello di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale e cercare di spingere per la liberazione degli ostaggi. Il risultato comunque è che attorno ai volti e ai nomi di persone israeliane civili uccise o tenute prigioniere si è sviluppata una contesa violenta e spregiudicata, come molte di quelle che riguardano il conflitto israelo-palestinese. In certe occasioni i manifesti sono stati anche modificati per cambiarne il significato. A New York hanno cominciato a circolare versioni alterate in cui, al posto della scritta “Rapito”, c’è la scritta “Occupante”. Alcuni di questi manifesti alterati mostrano le foto di bambini israeliani rapiti.