L’ultimo cacciatore di balene d’Islanda

L'ottantenne Kristján Loftsson è uno degli uomini più ricchi del paese e resiste nonostante le restrizioni del governo e le proteste ambientaliste

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Nel 2023 Giappone, Norvegia e Islanda sono gli unici paesi che permettono ancora la caccia alle balene per fini commerciali, che dal 1986 è vietata dalla Commissione baleniera internazionale per contrastare l’estinzione progressiva della specie. In Norvegia viene cacciata principalmente la balenottera minore, la cui popolazione è stabile, ma in Islanda viene ancora cacciata e venduta la balenottera comune (Balaenoptera physalus), uno degli animali più grandi del mondo e considerato a rischio di estinzione dall’Unione mondiale per la conservazione della natura.

A portare avanti questa attività c’è una sola società che si chiama Hvalur ed è di proprietà di Kristján Loftsson, un uomo di ottant’anni che è rimasto l’unico cacciatore di questo tipo di balene in Europa nonostante alcune recenti restrizioni del governo islandese e le continue proteste degli ambientalisti. Attualmente è uno degli uomini più ricchi d’Islanda dato che da tempo ha diversificato la sua attività e dirige tra le altre un’importante azienda di prodotti per la pesca quotata in borsa e una società di investimenti. La caccia alle balene rappresenta una parte sempre minore dei suoi guadagni (quest’anno ha catturato 23 balene), ma è considerata da Loftsson una questione di principio, un rifiuto ostinato contro quella che lui definisce una «brigata anti-tutto».

Loftsson è una personalità nota in Islanda ma la sua è una figura molto controversa e divisiva. Al giornalista del Guardian Daniel Boffey ha detto che per lui è «un onore» essere paragonato al Capitano Achab, il protagonista del romanzo di Herman Melville Moby Dick che vuole a tutti i costi vendicarsi di un’enorme balena bianca che gli ha staccato una gamba.

Kristján Loftsson ha iniziato a lavorare sulle baleniere, le navi per cacciare le balene, da adolescente insieme al padre, che aveva fondato la Hvalur negli anni Quaranta. Il suo ruolo era quello dell’avvistatore, ossia la persona che scruta il mare in cerca di balene da cacciare. Quando il padre morì nel 1974, Loftsson ereditò l’azienda e ha portato avanti l’attività fino a oggi, in ostinata opposizione rispetto all’opinione pubblica, i gruppi animalisti e le normative nazionali e internazionali. Fra gli anni Settanta e Ottanta si è scontrato più volte con attivisti per i diritti degli animali: nel 1986 gli attivisti della Sea Shepherd Conservation Society affondarono due sue baleniere a Hvalfjörður, un fiordo a nord della capitale, Reykjavík. Nell’intervista con il Guardian Loftsson ironizza sul fatto che in quel momento quelle due navi non venissero utilizzate dalla sua compagnia e che essendo assicurate lui non ci avesse rimesso niente.

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A quel tempo le balenottere comuni erano già considerate una specie a rischio in alcune parti del mondo, fra cui l’Alaska, ma gli animalisti contestavano principalmente il modo in cui questo animale veniva cacciato: le balenottere comuni sono il secondo animale più grande al mondo dopo la balenottera azzurra e sono in media lunghe 18 metri, anche se la più grande mai individuata arrivava fino a 26. Per uccidere questo enorme animale il più velocemente possibile vengono utilizzati da molto tempo degli arpioni a cui viene aggiunta una carica esplosiva che detona quando lo colpisce. Le proteste animaliste contro Loftsson e la sua attività persistono ancora oggi: all’inizio di settembre 2023 due donne si sono arrampicate sul nido di corvo di una delle sue baleniere, il luogo di osservazione in cima all’albero di una nave, e ci sono rimaste per 34 ore, nonostante l’intervento della polizia.

Negli ultimi decenni l’opposizione della comunità internazionale alla caccia delle balene per fini commerciali è cresciuta. Dopo il divieto da parte della Commissione baleniera internazionale nel 1986 l’Islanda è uscita dalla Commissione e ci è rientrata solo nel 2002, quando le venne garantito il permesso di continuare a cacciare balene, un’attività che per secoli ha costituito una parte importante dell’economia islandese.

Nel 2006 l’Islanda ha però fissato delle quote per la caccia alle balene. Il permesso quinquennale della Hvalur per cacciare 161 balenottere a stagione scadrà a dicembre e la ministra della Pesca e dell’Agricoltura, Svandís Svavarsdóttir, ha detto che potrebbe non essere rinnovato. Le sue ragioni sono legate al fatto che la caccia alle balene è considerata crudele ed è molto mal vista, ma anche alla consapevolezza che non porti più alcun vero guadagno, dato che la domanda è bassissima. Loftsson l’ha definita «una stalinista».

Le ragioni esposte da Svavarsdóttir non sono infondate. Come spiega al Guardian l’attivista Valgerður Árnadóttir le balene sono molto importanti per l’ecosistema perché portano in superficie dei nutrienti di cui si cibano i pesci. La proliferazione della fauna marina è fondamentale per il settore della pesca, che costituisce l’8,1 per cento del PIL islandese. Árnadóttir definisce la pesca di balene un vero e proprio abuso per via del dolore che causa agli animali.

Quest’anno infatti l’azienda di Loftsson ha dovuto iniziare la stagione della caccia in ritardo e apportare delle modifiche alla sua attrezzatura perché il governo islandese ne aveva temporaneamente vietato la caccia, per poi riammetterla a settembre con delle regole più stringenti, dopo la pubblicazione di uno studio dell’Autorità alimentare e veterinaria islandese che affermava che nel 2022 alcune balenottere comuni avevano impiegato fino a due ore prima di morire dopo essere state arpionate più volte.

In più, la carne di balena non viene più consumata molto in Islanda e viene venduta praticamente solo nei negozi per turisti. Secondo un recente sondaggio, il 29 per cento degli islandesi sostiene si debba continuare a venderla ma il 42 per cento si oppone, il 9 per cento in più di quanto aveva registrato un analogo sondaggio nel 2022. Loftsson vende quasi tutta la sua carne in Giappone, dove è considerata una prelibatezza, ma i guadagni, ormai neanche troppo alti, di una sola azienda non compensano il danno di immagine di cui risente l’intero paese. Alcune celebrità, come Leonardo DiCaprio, si sono per esempio impegnate a non andare più a girare film in Islanda per questo motivo.

Sashimi di balena (Junko Kimura/Getty Images)

Secondo quanto dichiarato da Árnadóttir al Guardian, Loftsson continua ad avere il permesso di cacciare anche perché elargisce fondi a molti partiti islandesi, in particolare il Partito dell’Indipendenza, un partito conservatore della maggioranza. Recentemente è stata presentata in parlamento una proposta di legge per vietare totalmente la caccia alle balene. Loftsson dice di essere abbastanza tranquillo e di essere convinto che alla fine il governo gli rinnoverà il permesso.

Nonostante la balenottera comune sia classificata come una specie vulnerabile dall’Unione mondiale per la conservazione della natura, Loftsson sostiene che i divieti alla caccia alle balene siano eccessivi rispetto a quelli riservati a molte altre specie in situazioni simili. Negli ultimi anni la popolazione della balenottera comune è cresciuta, ma quasi solo nel mare dell’Antartide, quindi dalla parte opposta del mondo rispetto all’Islanda. Alcuni sostengano che la sua ostinazione derivi da una promessa fatta al padre in punto di morte, ma Loftsson dice di farlo solo perché possiede l’attrezzatura e perché le balene sono una risorsa che può essere utilizzata, anche in modi diversi da quelli che già conosciamo: Loftsson ha spiegato al Guardian che sta cercando di capire se può vendere la sua attività di caccia alle balene come carbon credit, cioè come forma di compensazione per le emissioni di anidride carbonica, visto che le balene ne producono parecchia con i loro spruzzi. In realtà le balene stimolano la crescita del fitoplancton, che cattura l’anidride carbonica. Dato che ci sono più di 30mila balenottere comuni nei mari dell’Islanda e la quota attuale di pesca è 160 all’anno, Loftsson dice che, volendo, si può «continuare a cacciare per sempre».

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