• Mondo
  • Lunedì 16 ottobre 2023

I coloni israeliani spingeranno Israele a una nuova guerra in Cisgiordania?

Lo sostiene un editoriale non firmato di Haaretz, che cita l'alto numero di palestinesi civili uccisi in Cisgiordania dopo l'attacco di Hamas

Scontri tra abitanti palestinesi e soldati israeliani a seguito di una manifestazione di sostegno per la Striscia di Gaza nella città di Ramallah, in Cisgiordania (AP Photo/Nasser Nasser)
Scontri tra abitanti palestinesi e soldati israeliani a seguito di una manifestazione di sostegno per la Striscia di Gaza nella città di Ramallah, in Cisgiordania (AP Photo/Nasser Nasser)

Sabato il quotidiano israeliano Haaretz ha pubblicato un editoriale non firmato, ossia un articolo di opinione che esprime la posizione ufficiale del giornale, in cui fa alcune ipotesi riguardo ai possibili sviluppi della situazione in Cisgiordania, il territorio che Israele occupa dal 1967 ma che la stragrande maggioranza della comunità internazionale ritiene che appartenga ai palestinesi. Secondo Haaretz i coloni israeliani, che in Cisgiordania sono difesi dall’esercito israeliano, potrebbero approfittare della situazione di caos nella Striscia di Gaza per far valere i propri interessi ed espandere le proprie colonie, innescando così un nuovo ciclo di violenze. Il titolo dell’editoriale è infatti: «I coloni stanno cercando di trascinare Israele in una guerra in Cisgiordania».

Dall’inizio dell’attacco di Hamas, il 7 ottobre, sono aumentati notevolmente gli scontri armati tra abitanti palestinesi e coloni israeliani. Nella settimana tra il 7 e il 14 ottobre oltre mille palestinesi sono stati feriti in Cisgiordania e 56 sono stati uccisi: è un numero molto alto, considerando che finora il mese con il maggior numero di morti palestinesi era stato ottobre del 2005, quando furono uccise 47 persone.

L'11 ottobre, per esempio, tre palestinesi sono stati uccisi con colpi di arma da fuoco e altri 11 sono stati feriti dalle forze armate israeliane e da alcuni coloni nella città di Qusra, nel distretto di Nablus. In mattinata alcuni coloni israeliani avevano attaccato la città e sparato contro civili e ambulanze.

Il giorno successivo, sempre a Qusra, sono stati uccisi altri due palestinesi, un uomo di 62 anni e il figlio di 25, durante uno scontro con alcune decine di coloni che si erano organizzati per impedire il passaggio delle ambulanze che portavano i corpi dei tre palestinesi uccisi il giorno prima nel luogo del loro funerale. Haaretz ha raccontato che nei giorni precedenti l'attacco a Qusra alcuni coloni avevano fatto circolare su WhatsApp dei messaggi intimidatori rivolti agli abitanti palestinesi, con frasi come: «Non abbiamo linee rosse. Vi puniremo e vi useremo come esempi. Vi faremo un'imboscata!».

Secondo Haaretz i numerosi episodi di violenza contro i palestinesi di questi giorni sarebbero in qualche modo avvallati dal governo e dall'esercito israeliano, nonostante alcune dichiarazioni "di facciata": per esempio, un video circolato sui social media mostra un colono che spara a un palestinese a Hebron mentre un soldato israeliano assiste alla scena, senza intervenire.

Sabato un portavoce dell'esercito israeliano ha chiesto ai coloni di «non interferire con le operazioni anti-terrorismo» e ha ribadito che la sicurezza è una responsabilità «dell'esercito soltanto», quindi non dei residenti. Secondo Haaretz però si tratta di comunicazioni di facciata, anche perché intanto il governo israeliano ha annunciato che fornirà circa mille fucili d'assalto ai coloni in Cisgiordania. Inoltre, diversi esponenti del governo di Benjamin Netanyahu sono noti per aver sempre approvato l'espansione delle colonie: alcuni di loro vivono da sempre in una colonia, come il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich.

Secondo altre analisi pubblicate da alcuni giornali internazionali, come l'Economist e il Wall Street Journal, è possibile che i palestinesi e i gruppi radicali attivi in Cisgiordania reagiscano alle violenze dei coloni e approfittino della situazione di caos per far valere le proprie rivendicazioni. Un eventuale intensificarsi delle violenze in Cisgiordania sarebbe un grosso problema per l'esercito israeliano, che sta dedicando la maggior parte delle proprie risorse alla risposta contro Hamas.

Finora il governo ha arrestato 330 persone in Cisgiordania dall'inizio dell'attacco, tra cui 190 considerati possibili collaboratori di Hamas. Molte strade sono state chiuse e i luoghi in cui in passato ci sono state grosse proteste sono sottoposti a rigidi controlli, per esempio la zona tra le città di Nablus e Ramallah.

Il funerale di due palestinesi uccisi in Cisgiordania durante uno scontro con i soldati israeliani, il 9 ottobre (AP Photo/Nasser Nasser)

Michael Milshtein, responsabile del forum sugli studi palestinesi al centro Moshe Dayan dell'Università di Tel Aviv, ha detto al Wall Street Journal di essere «molto preoccupato» per quello che sta succedendo in Cisgiordania, anche se crede sia ancora presto per dire cosa succederà: «La domanda è se le persone palestinesi si faranno dissuadere da quello che vedono a Gaza, oppure se sceglieranno di dimostrare solidarietà».

La qualità di vita dei palestinesi che vivono in Cisgiordania è un filo migliore rispetto a quella degli abitanti della Striscia di Gaza: per questo gli abitanti della Cisgiordania sono considerati meno inclini a iniziare una rivolta, dato che avrebbero più da perdere. Anche l'Autorità Palestinese, ente che in teoria governa in Cisgiordania ed è espressione del partito relativamente moderato Fatah, ha poco interesse in un confronto dato che moltissime delle sue attività dipendono proprio dalle concessioni di Israele, come la possibilità per gli abitanti palestinesi della Cisgiordania di spostarsi e lavorare nel paese. L'Autorità Palestinese gestisce inoltre buona parte degli aiuti economici che arrivano dall'estero: e un eventuale sostegno a una lotta armata potrebbe danneggiare la sua immagine di fronte ai partner internazionali.

– Leggi anche: La posizione complicata dei politici palestinesi moderati

Negli ultimi anni però anche in Cisgiordania sono cresciuti alcuni gruppi radicali, e già da mesi le Nazioni Unite stanno denunciando un inasprirsi delle violenze e degli scontri tra israeliani e palestinesi: lo scorso luglio almeno 3mila palestinesi erano fuggiti dal campo profughi di Jenin a causa di una violenta operazione dell'esercito israeliano. Per ora i gruppi radicali presenti in Cisgiordania stanno manifestando sostegno ad Hamas, senza avviare azioni più ampie. È possibile però che la situazione cambi.

– Leggi anche: La cronologia del conflitto israelo-palestinese

La regione della Cisgiordania si trova fra Israele, Giordania e mar Morto e fu occupata militarmente da Israele nel 1967, con la guerra dei Sei giorni. Oggi sulla carta è controllata dall'Autorità palestinese e quindi da Fatah, ma in realtà Israele ha ancora un'enorme influenza sul territorio: i cittadini palestinesi sono soggetti alla legge militare israeliana e a un controllo piuttosto capillare, con frequenti checkpoint e blocchi militari. Dal 1967 sono state create in Cisgiordania molte colonie israeliane, ossia insediamenti in territorio palestinese di cittadini israeliani considerate illegali dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale. Negli anni i governi di destra guidati da Netanyahu le hanno progressivamente espanse. Oggi esistono poco meno di 300 colonie, in cui abitano circa 700mila israeliani.

– Leggi anche: Cosa sono le colonie israeliane