Le pubblicità stranissime dei giochi per il cellulare, spiegate

Affollano i social network, sono spesso incomprensibili e in molti casi promettono giochi che non esistono

(Advertising Standards Authority)
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Storicamente nel settore dei videogiochi si è adottata una certa licenza artistica nel pubblicizzare i propri prodotti. Negli anni Novanta, per esempio, succedeva spesso che le illustrazioni sulle copertine dei videogiochi dessero l’idea che la grafica fosse molto più avanzata di quella che poi veniva effettivamente offerta. E nel 2009 fece molto discutere la campagna di marketing del videogioco multiplayer Evony, che per mesi diffuse decine di pubblicità che mostravano donne nude, spesso prese dagli stessi stock di foto usati per illustrare le copertine dei DVD porno, benché il gioco dall’ambientazione medievale non contenesse in realtà alcun elemento erotico.

Negli ultimi anni tattiche simili sono state adottate da vari produttori di videogiochi per smartphone, noti in inglese come mobile games. Frequentando social network come Facebook, Instagram, Twitter e ora TikTok, ma anche motori di ricerca come Google, è piuttosto facile imbattersi in varie pubblicità progettate per stupire e attrarre gli utenti, convincendoli a scaricare le app dei giochi, che sono sempre gratuite ma contengono tantissima pubblicità o richiedono poi il pagamento di microtransazioni con l’avanzare della partita. Spesso, peraltro, queste pubblicità non hanno niente a che fare con i videogiochi che promuovono, come scoprono a loro spese gli utenti.

Data la grandezza ridotta degli schermi per cellulare e il numero limitato di azioni che è possibile svolgere rispetto a un computer o a una console, è relativamente difficile, e sicuramente costoso, produrre mobile games davvero innovativi in termini di esperienza di gioco. Esistono varie case di produzione indipendenti che investono soprattutto sull’innovazione grafica o su ambientazioni inaspettate per creare mobile games fuori dal comune. Ma tantissime delle app che si trovano sugli store sono pensate esclusivamente per massimizzare gli introiti, e propongono giochi “hypercasual”, ovvero pensati per giocatori occasionali, che giocano soltanto da cellulare o al massimo da computer. Le loro meccaniche sono perlopiù viste e riviste, spesso ispirate pesantemente a giochi più famosi come Candy Crush, il popolarissimo e longevo videogioco che richiede di allineare file di dolcetti dello stesso colore all’interno di griglie diverse.

Per spiccare all’interno di un mercato tanto saturo, molti sviluppatori si rivolgono a società di acquisizione di utenti, cioè società di marketing specializzate nell’aiutare le aziende ad acquisire nuovi clienti, pagandole per pubblicare decine di annunci diversi, in modo che gli algoritmi di distribuzione delle pubblicità sui social network li mostrino a molte categorie di utenti. Talvolta, le aziende investono di più nella pubblicità che nell’effettivo sviluppo del gioco, contando sul fatto che nel gran numero di persone che scaricheranno l’app perché attratti dalla pubblicità, ci sarà una minoranza significativa che non la disinstallerà subito dopo.

Spesso gli annunci che ottengono più attenzione sono i più bizzarri, e ancora più spesso non riflettono l’effettiva esperienza di gioco che ci si trova poi davanti quando si scarica l’app. Per esempio circolano molte pubblicità che mostrano personaggi intrappolati in situazioni di pericolo, che hanno bisogno di essere salvati. Attorno a loro, sullo schermo, ci sono blocchi, pareti o travi di vario tipo che tengono momentaneamente a bada ciò che minaccia il personaggio: acqua, rifiuti tossici o mostri che potrebbero raggiungerlo e farlo annegare, contaminarlo o mangiarlo, per esempio.

La pubblicità di solito suggerisce che il gioco richiederà all’utente di spostare questi blocchi nell’ordine corretto, in modo da allontanare la minaccia dal personaggio e tirarlo fuori dal pericolo. Nei video mostrati, quasi sempre l’animazione mostra scelte platealmente sbagliate, anche quando la soluzione sembra semplice, inducendo gli spettatori a pensare che avrebbero trovato subito la soluzione corretta.

Quando si scarica poi il gioco in questione si scopre però che quelle meccaniche sono presenti soltanto in minima parte, per esempio all’interno di alcuni minigiochi, oppure come intervallo animato non giocabile, e che la maggior parte del videogioco ruota invece attorno a una dinamica del tutto diversa: quasi sempre qualcosa che assomiglia più a Candy Crush o a Tetris.

Alcune aziende sono più note per questo genere di strategia di marketing di altre. Il già citato Evony, per esempio, è ricomparso pochi anni fa in una versione per smartphone, continuando però a fare forte affidamento sulle pubblicità ingannevoli per attirare utenti. E nel 2020 varie pubblicità relative a giochi dell’azienda Playrix, una delle maggiori società sviluppatrici di giochi per dispositivi mobili al mondo, sono state messe al bando dall’Advertising Standards Authority, l’organizzazione di autoregolamentazione del settore pubblicitario nel Regno Unito.

 

In quel caso si trattava di annunci relativi ai mobile games Homescapes e Gardenscapes: due giochi molto simili a Candy Crush, in cui al giocatore viene chiesto di abbinare una serie di tre o più blocchi dello stesso colore o forma. Le pubblicità mostravano però delle situazioni molto diverse, per esempio una scena in cui una donna doveva scappare da un ladro che era entrato in casa sua aprendo le porte giuste. Playrix si difese sostenendo che quel genere di esperienza di gioco era presente in Homescapes e Gardenscapes, ma sotto forma di minigioco disponibile una volta superata una ventina di livelli, e quindi che molti utenti non l’avevano vista perché non avevano avuto la pazienza di giocare abbastanza a lungo. Da allora i giochi sono stati modificati per includere quella sezione verso l’inizio della partita, ma rimane comunque una componente secondaria dell’app nel complesso.

Una schermata di Homescapes

Altrettanto insolite sono le pubblicità del gioco Lily’s Garden, che cercano di attirare l’attenzione del pubblico mostrando scene melodrammatiche in cui il fidanzato della protagonista flirta con sua madre, o in cui lei finge di essere incinta per non essere lasciata. In realtà, anche in questo caso si tratta di un gioco stile Candy Crush in cui quelle scene sono in secondo piano, e non il genere di gioco immersivo in cui è possibile guidare le scelte della protagonista come invece parrebbe dai video.

Su TikTok, poi, da qualche tempo si è sviluppata anche una pratica più complessa: quella di pubblicare pubblicità che somigliano a normali video in cui un creator annuncia di voler provare un videogioco per smartphone virale, promettendo di dire poi ai suoi follower se vale la pena giocarci o meno. Dopo averci giocato per un po’, commentandolo man mano ad alta voce come farebbe un normale influencer sulla piattaforma, assicura che il gioco in questione non è una fregatura e che è davvero come promette di essere. In realtà non è così, il gioco – uno pubblicizzato così si chiama X-Hero – è anche in questo caso diverso da come viene promosso.

«Nel corso del tempo e attraverso test rigorosi, alcuni esperti di marketing di giochi per dispositivi mobili hanno scoperto che è più efficace presentare qualsiasi gioco come un puzzle piuttosto che dire alla gente di cosa si tratta effettivamente», spiega il giornalista Neil Long sul sito di settore Eurogamer. «Se riesci a convincere abbastanza persone a giocare al tuo gioco, una certa percentuale deciderà di restare anche se è stata convinta a giocare a un gioco diverso da quello che pensava di aver scaricato, e alcune di loro finiranno per spendere abbastanza soldi da permettere allo sviluppatore di trarne un profitto».

Secondo l’esperta di marketing Silvija Lazanin, una parte del problema è anche che le aziende vogliono evitare di dare l’impressione di aver copiato per l’ennesima volta Candy Crush. «Quando le persone vedono annunci con quel genere di meccanismo, spesso non prestano loro molta attenzione», scrive. «I pubblicitari preferiscono allora utilizzare annunci falsi per nascondere il vero gioco in una confezione scintillante, piena di storie accattivanti».

Il fenomeno è abbastanza diffuso da aver generato diversi meme, video su YouTube in cui si mostra effettivamente come sono questi giochi e addirittura un intero videogioco per computer che costa 10 euro, non contiene alcuna pubblicità, e permette semplicemente agli utenti di giocare ai minigiochi che vedono da anni negli annunci sui social network: si chiama Yeah! You Want “Those Games,” Right? So Here You Go! Now, Let’s See You Clear Them!.

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