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  • Martedì 3 ottobre 2023

L’ONU ha approvato una missione per contrastare le bande criminali ad Haiti

Le stesse che hanno preso di fatto il controllo del paese: a guidare le forze di peacekeeping sarà il Kenya

Membri della gang "G9 and Family" nella capitale Port-au-Prince (AP Photo/Odelyn Joseph)
Membri della gang "G9 and Family" nella capitale Port-au-Prince (AP Photo/Odelyn Joseph)

Lunedì sera il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una missione di sicurezza della durata di un anno per aiutare Haiti a contrastare la crescente violenza delle bande criminali che hanno preso il controllo del paese e in particolare della capitale Port-au-Prince. La missione sarà guidata dal Kenya, che aveva offerto il proprio intervento alcuni mesi fa, ma vi parteciperanno più di dieci paesi, compresi alcuni caraibici come Giamaica, Barbados e Antigua e Barbuda.

La risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU, composto da 15 membri, è stata votata favorevolmente da tredici, con l’astensione di Russia e Cina, due dei cinque stati che hanno il potere di veto e che quindi possono bloccare l’approvazione di qualsiasi misura presa dall’organo. Il potere di veto è stato usato in diverse occasioni negli ultimi anni, rendendo complicati i lavori del Consiglio di sicurezza.

Un intervento dell’ONU ad Haiti era stato prospettato da varie parti nell’ultimo anno e invocato più volte dallo stesso governo haitiano. Circa 3.000 persone sono state uccise ad Haiti da ottobre e giugno per la violenza delle bande criminali, che controllano ampie parti del territorio e circa l’80 per cento della capitale. Le gang hanno aumentato il loro controllo sul paese, esercitato con uccisioni, rapimenti ed estorsioni, dopo l’omicidio nel 2021 del presidente Jovenel Moise: da allora non sono più state organizzate elezioni e il vuoto di potere nel paese è stato occupato dalle bande, spesso in lotta fra loro e spesso meglio armate e più numerose delle forze di polizia locali.

Il Kenya manderà nel paese 1.000 uomini, probabilmente appartenenti alla forza paramilitare Unità di Servizio Generale (GSU), che in patria interviene in caso di manifestazioni violente o attacchi terroristici. La missione prevede che le forze di sicurezza controllino aeroporti, porti, scuole, ospedali e gli incroci principali delle strade del paese. Dovranno condurre anche operazioni mirate in collaborazione con la polizia haitiana e ristabilire le condizioni per poter tenere delle elezioni: le ultime sono state nel 2016.

La scelta di affidare la guida della missione al Kenya e non al Dipartimento delle Operazioni di pace dell’ONU, come consueto per le operazioni di peacekeeping, è piuttosto inusuale, ma è stata un fattore decisivo per l’approvazione, tramite astensione, da parte di Russia e Cina. Gli Stati Uniti finanzieranno la missione con 100 milioni di dollari e ne hanno stanziati altri 100 per assistenza medica, trasporti aerei, comunicazione e servizi di intelligence.

Il segretario alla Difesa statunitense Lloyd J. Austin, e il ministro della Difesa keniano Aden Duale firmano un accordo il 25 settembre (AP Photo/Khalil Senosi)

Le forze di sicurezza del Kenya in passato sono però state molto criticate per violazioni dei diritti umani, corruzione e uso eccessivo della forza. In patria sono stati segnalati casi di uccisioni extragiudiziali e arresti arbitrari. La questione è stata sottoposta al Consiglio di Sicurezza dell’ONU ad agosto da Amnesty International, fra gli altri. Altri osservatori esprimono dubbi sulla possibilità delle forze kenyane di adattarsi in breve tempo a un ambiente nuovo, con barriere linguistiche. Le reazioni del governo haitiano alla risoluzione sono state molto positive, mentre l’opinione pubblica è divisa: da una parte si riconosce la necessità impellente di un aiuto esterno, dall’altra si ricordano i fallimenti delle precedenti missioni: l’ultima è durata dal 2004 al 2017.