In Emilia-Romagna ci sono ancora oltre 300 strade chiuse

Dopo l'alluvione molti comuni hanno iniziato i lavori a loro spese, mentre il governo ha stanziato solo 80 milioni di euro

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Una frana sulla strada a Casola Valsenio, in provincia di Ravenna (ANSA/EMANUELE VALERI)
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Alla fine della settimana è prevista la riapertura della strada provinciale 33 a Fontanelice, che collega le province di Bologna e di Ravenna attraverso l’Appennino tosco romagnolo. La strada era stata distrutta da una frana durante l’alluvione di metà maggio che ha interessato l’Emilia-Romagna, e che causato danni per miliardi di euro. Negli ultimi mesi gli abitanti del paese avevano diffuso diversi appelli per sollecitare l’inizio dei lavori di ripristino.

All’inizio di agosto, anche per via della notevole risonanza mediatica ottenuta dai video, il commissario per la ricostruzione Francesco Figliuolo aveva fatto un sopralluogo nella zona e sono arrivati i primi fondi per l’inizio dei lavori. Molti altri paesi e territori sono stati meno fortunati: secondo l’ultima ricognizione della regione ci sono ancora oltre 300 strade chiuse e moltissime altre in cui la circolazione è limitata.

La pioggia caduta durante l’alluvione aveva causato piccole e grandi frane che avevano interrotto migliaia di strade. Gli abitanti di molti paesi erano rimasti isolati per giorni a causa dei crolli e molte zone erano state evacuate in elicottero perché impossibili da raggiungere. Alla fine di maggio, una decina di giorni dopo l’alluvione, l’ordine dei geologi dell’Emilia-Romagna aveva contato oltre mille frane in 54 comuni, 305 delle quali “significative”. A queste vanno aggiunti i piccoli smottamenti e i danni più lievi che avevano comunque reso più complicato il transito.

Dopo aver messo in sicurezza i ponti e le strade principali, le più trafficate ed essenziali per i collegamenti, durante l’estate le cose sono andate a rilento. La regione e i comuni hanno messo i primi soldi per i progetti di ricostruzione, ma da parte del governo ci sono stati diversi tentennamenti e ritardi sui fondi più consistenti destinati al ripristino delle infrastrutture.

Il governo ha approvato due decreti dedicati alle alluvioni in Emilia-Romagna: uno a inizio giugno, da circa 2,2 miliardi di euro – cifra che alcune analisi giornalistiche hanno ricostruito essere in realtà solo 1,6 miliardi – e uno a inizio luglio, da 2,7 miliardi di euro. Ai decreti, tuttavia, sono seguiti pochi provvedimenti concreti immediati per via dei ritardi nella nomina del commissario straordinario Francesco Figliuolo, operativa dalla prima settimana di luglio, un mese e mezzo dopo l’alluvione. Diversi amministratori hanno protestato perché costretti ad anticipare i soldi per le opere più urgenti.

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Uno smottamento su una strada di Casola Valsenio, in provincia di Ravenna (ANSA/EMANUELE VALERI)

Anche molti privati sono già intervenuti per riparare i danni ad abitazioni, aziende o proprietà personali, anticipando i cantieri a proprie spese. A Faenza, una delle città dove sono state danneggiate più case e palazzi, la maggior parte dei soldi per la ricostruzione è stata messa a disposizione da istituzioni private come banche, cooperative e fondazioni.

– Leggi anche: In Romagna i soldi per la ricostruzione arrivano soprattutto dai privati

L’impegno degli enti locali è stato essenziale anche per la sistemazione delle strade. La scorsa settimana la regione ha fatto una nuova ricognizione per capire cosa è stato fatto e cosa c’è da fare. Finora sono state riaperte 754 strade, il 51% delle 1.481 danneggiate in totale, di cui la maggior parte si trova in zone montuose o collinari. Le strade ancora chiuse sono 322: 48 in provincia di Bologna, 187 nella provincia di Forlì-Cesena, 59 a Ravenna, 12 a Rimini, 16 a Modena. Sono invece 405 le strade con limiti di circolazione.

Al momento la struttura commissariale ha stanziato 80 milioni di euro e nelle prossime settimane è atteso un ulteriore provvedimento da oltre 700 milioni di euro. L’assessore regionale alla Mobilità Andrea Corsini dice che sono fondi preziosi, ma ancora lontani dai bisogno dei territori colpiti: «Il nostro impegno a fianco degli enti locali continuerà in modo serrato per far procedere i cantieri necessari, ma anche per ricordare al governo di mantenere le promesse fatte».

I soldi non servono soltanto a finanziare i cantieri, ma anche a pagare i tecnici chiamati a fare i sopralluoghi nei comuni. Negli ultimi mesi ingegneri, architetti e geometri della regione hanno affiancato i tecnici comunali per capire come intervenire e disegnare i progetti di ripristino. Considerato il numero delle strade ancora chiuse ne servirebbero molti altri, altrimenti la ricostruzione rischia di essere troppo lenta e subire continui ritardi.

Oltre alle conseguenze causate dalla chiusura delle strade diverse persone devono fare i conti con la chiusura del tratto romagnolo della ferrovia faentina. Il tratto tra Faenza e Marradi, in Toscana, è stato sostituito da autobus, ma dall’inizio della scuola i mezzi sono quasi sempre pieni ed è complicato rispettare le coincidenze. I sopralluoghi più recenti non hanno dato molte speranze perché risulta che ci siano 170 frane che rischiano di danneggiare i binari nel tratto da San Martino in Gattara a Fognano, nel comune di Brisighella. I disagi sono soprattutto per gli studenti delle scuole superiori sia del versante romagnolo che della zona dell’Alto Mugello: il percorso in autobus ha allungato di molto il tempo di ritorno a casa. Finora le tante prese di posizione di politici e amministratori per chiedere quando la situazione tornerà alla normalità non hanno avuto risposte.