Anche Prime Video introdurrà la pubblicità

Il servizio di streaming continuerà a essere incluso nell'abbonamento ad Amazon ma per non avere interruzioni si dovrà pagare un sovrapprezzo

(Prime Video)
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Amazon ha fatto sapere che dal 2024 introdurrà delle interruzioni pubblicitarie all’interno delle serie tv e dei film disponibili sulla sua piattaforma di streaming Prime Video. Attualmente Prime Video è incluso nell’abbonamento al servizio di consegne veloci Prime (il cui costo in Italia era aumentato significativamente lo scorso settembre) e continuerà a esserlo con l’aggiunta della pubblicità. Chi non vorrà avere interruzioni invece potrà pagare un sovrapprezzo che negli Stati Uniti sarà di 2,99 dollari al mese.

Questa novità verrà introdotta in Canada, Germania, Regno Unito e Stati Uniti a partire dall’inizio del prossimo anno e successivamente anche in Italia, Francia, Spagna, Messico e Australia, anche se non è ancora noto se e come varierà il sovrapprezzo per l’abbonamento senza pubblicità da paese a paese.

L’arrivo degli spot pubblicitari sulle piattaforme di streaming è una novità recente nelle strategie di concorrenza tra i servizi del settore, che finora erano state portate avanti soprattutto con grandi e ambiziosi investimenti in grado di attirare attori e registi noti dell’industria dello spettacolo. A novembre del 2022 Netflix aveva introdotto l’opzione Netflix Base, un piano di abbonamento più economico (in Italia costa 5,49 euro al mese) ma che prevede interruzioni pubblicitarie. Lo stesso ha fatto più recentemente Disney+, che in Italia e altri paesi introdurrà da novembre un nuovo piano di abbonamento “Standard con pubblicità” al prezzo di 5,99 euro al mese.

Tra le cause di questo nuovo approccio dei servizi di streaming c’è la cosiddetta subscription fatigue (letteralmente “sovraccarico da abbonamenti”), dovuta alla crescente concorrenza nel settore, che ha portato in pochi anni a un aumento continuo dell’offerta. Tanta concorrenza ha costretto molte delle persone a un’inevitabile selezione dei servizi a cui abbonarsi, rendendo più comune la disiscrizione dalle piattaforme meno utilizzate e interessanti, e spingendo le piattaforme di streaming a dover trovare nuove fonti di ricavo e nuovi incentivi per i clienti.

In questo senso l’operazione di Prime Video è un po’ diversa da quelle di Netflix e Disney+ perché all’introduzione delle pubblicità non corrisponde un’opzione più vantaggiosa per gli utenti in termini economici.

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