Quanto influiscono le bombe a grappolo nella controffensiva dell’Ucraina

Sono molto efficaci in campo aperto e potrebbero contribuire a uno sfondamento a sud, ma sembrano meno decisive contro le trincee russe

(AP Photo/Efrem Lukatsky, File)
(AP Photo/Efrem Lukatsky, File)
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Nella prima settimana di luglio l’amministrazione statunitense del presidente Joe Biden approvò l’invio di bombe a grappolo all’Ucraina. Il governo di Volodymyr Zelensky le chiedeva da tempo, ma la decisione ha suscitato un ampio dibattito e molte critiche: sono armi molto controverse per i possibili danni collaterali che provocano sulla popolazione civile, e sono state vietate da una convenzione dell’ONU firmata da più di 100 paesi tra cui però non compaiono Stati Uniti, Russia (che le usa da tempo nella guerra) e Ucraina.

Due mesi dopo l’inizio della fornitura di bombe a grappolo da parte degli Stati Uniti, l’esercito ucraino le sta effettivamente utilizzando sul campo, anche in modo abbastanza intenso. Queste armi si sono rivelate molto efficaci in determinate situazioni, soprattutto in quelle in cui l’esercito nemico si trova in campo aperto, mentre sembrano meno decisive per superare o mettere in crisi le linee difensive organizzate in trincee.

I vertici militari ucraini considerano comunque le bombe a grappolo uno strumento già irrinunciabile, che non solo ha ovviato alla crescente carenza di munizioni tradizionali, ma che in alcune occasioni ha cambiato positivamente le prospettive e alzato il morale dell’esercito impegnato nella controffensiva. Secondo le interpretazioni più ottimistiche di ufficiali ed esperti militari le bombe a grappolo sono già risultate decisive per indebolire la resistenza russa sul fronte meridionale, mantenere sotto pressione quella sul fronte orientale e respingere gli assalti nemici nel nord-est.

Le bombe a grappolo (in inglese chiamate cluster bombs) vengono utilizzate a partire dalla Seconda guerra mondiale e sono contenitori che trasportano decine o centinaia di bombe più piccole, note anche come “submunizioni”. Possono essere sganciate da un aereo o lanciate da terra o da mare. Quelle inviate dagli Stati Uniti all’Ucraina sono in realtà “munizioni a grappolo”, nel senso che non sono bombe lanciate dagli aerei ma munizioni di artiglieria da 155mm che devono essere lanciate da terra con gli obici, con una gettata di circa 25 chilometri. Quando raggiungono un’altezza prestabilita, a seconda dell’area interessata che può essere ampia quanto diversi campi da calcio, si aprono e le bombe al loro interno si distribuiscono, “a grappolo” sull’area sottostante. Ci sono vari tipi di submunizioni ma quasi tutte sono progettate per esplodere al momento dell’impatto.

I resti inesplosi di una bomba a grappolo in Libano (AP Photo/Mohammed Zaatari, File)

La loro efficacia ma anche la loro pericolosità a anni di distanza per la popolazione civile sono legate al cosiddetto “dud rate”, cioè quante submunizioni delle bombe a grappolo rimangono inesplose. Il governo americano al momento dell’invio segnalava un dud rate particolarmente basso, ma in realtà non ci sono informazioni certe sul tipo specifico di bombe (oltre che sul numero) inviate all’esercito ucraino.

Questo particolare funzionamento delle munizioni a grappolo le rende molto efficaci quando si tratta di colpire soldati o mezzi nemici in campo aperto: un attacco con bombe a grappolo causa esplosioni contemporanee su un’area anche piuttosto ampia e può causare grandi e diffuse perdite. Gli effetti sono molto visibili ad esempio in un video verificato dal New York Times relativo a uno scontro nel villaggio di Urozhaine: in quella occasione l’esercito russo fu costretto al ritiro.

Secondo quanto riferito da ufficiali americani fino a oggi le bombe a grappolo sarebbero state utilizzate dall’Ucraina per colpire concentrazioni di truppe russe, sistemi di artiglieria e di contraerea, depositi di munizioni, veicoli e stazioni radar. In ottica difensiva sono state utilizzate in più di un’occasione per provare a rompere gli assedi di particolari porzioni di territorio o piccole città: è stato citato il caso della città di Kupiansk, nella provincia di Kharkiv, dove queste armi stanno contribuendo alla resistenza ucraina. Si stima che le forze ucraine utilizzino circa 8.000 munizioni di artiglieria al giorno: fra queste centinaia sarebbero bombe a grappolo.

Le stesse caratteristiche che le rendono efficaci in un bombardamento su obiettivi “diffusi” sono invece un difetto quando si tratta di colpire bersagli specifici. Secondo molti analisti militari le cluster bombs si starebbero rivelando per lo più inefficaci nei tentativi di far crollare e poi assaltare le linee difensive organizzate in trincee, soprattutto nelle regioni di Donetsk e Zaporizhzhia: il problema principale è l’impossibilità di dirigerle con precisione verso obiettivi definiti e limitati.

La fabbricazione di munizioni di artiglieria da 155 mm in un’azienda statunitense (AP Photo/Matt Rourke)

L’amministrazione statunitense ha comunque già confermato che l’invio di questo tipo di armi continuerà, anche per la difficoltà di reperire e fornire all’Ucraina munizioni tradizionali.

Oltre ai discorsi sulla loro efficacia, rimane molto dibattuta l’etica del loro utilizzo, anche in un contesto di guerra: una delle condizioni indicate al momento della fornitura era che l’Ucraina non le impiegasse in aree dove avrebbero potuto colpire la popolazione civile. Nonostante le rassicurazioni dell’esercito, il rispetto di questa indicazione pare particolarmente complesso e difficilmente verificabile. Questo tipo di munizioni però era già utilizzato da entrambi gli eserciti, con armi per lo più di produzione sovietica, prima della decisione del governo americano.

– Leggi anche: Cosa sono le bombe a grappolo