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  • Giovedì 17 agosto 2023

La Spagna è più vicina a un nuovo governo di Pedro Sánchez

Grazie a un accordo tra i Socialisti e gli indipendentisti catalani di Carles Puigdemont per eleggere la presidente della Camera

Pedro Sánchez durante un comizio a luglio in vista delle elezioni (EPA/KAI FOERSTERLING)
Pedro Sánchez durante un comizio a luglio in vista delle elezioni (EPA/KAI FOERSTERLING)
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Giovedì a Madrid si è riunito per la prima volta il parlamento spagnolo, a tre settimane dalle elezioni politiche di fine luglio in cui nessuna coalizione è riuscita a ottenere una maggioranza sufficiente per formare il governo. Durante la riunione è stata eletta presidente della Camera la socialista Francina Armengol, grazie a un accordo tra il Partito Socialista (PSOE) e Junts per Catalunya (detto più semplicemente Junts), un partito indipendentista catalano di centrodestra. Il voto di Junts per Armengol è particolarmente importante perché rende più probabile che il partito catalano sosterrà la coalizione di sinistra anche per la formazione del nuovo governo, evitando quindi che si vada a nuove elezioni.

Attualmente infatti la situazione tra le coalizioni di sinistra e di destra è di perfetta parità: la maggioranza assoluta della Camera del parlamento spagnolo è di 176 seggi ed entrambe le formazioni ne hanno 171. La coalizione di sinistra è formata dal Partito Socialista (PSOE), dal partito di sinistra radicale Sumar e da alcuni piccoli partiti regionali baschi e catalani. La coalizione di destra è formata dal Partito Popolare (PP) e dal partito di estrema destra Vox. Con questa configurazione, i due principali candidati per diventare primo ministro (Pedro Sánchez del PSOE e Alberto Núñez Feijóo del PP) hanno 171 voti a testa.

Da queste formazioni restano fuori due partiti: il minuscolo partito Coalizione Canaria, che ha una sola deputata, e Junts per Catalunya, guidato dallo storico leader catalano Carles Puigdemont. Puigdemont era stato governatore della Catalogna nel periodo del referendum illegale per l’indipendenza del 2017, e per questo era stato perseguito dalla giustizia spagnola: attualmente si trova in esilio in Belgio, a Waterloo, per sfuggire all’arresto.

Le elezioni di luglio hanno fatto di Puigdemont il fattore determinante: saranno lui e Junts a decidere se in Spagna ci sarà un governo, o se invece si andrà di nuovo a elezioni. I sette deputati di Junts, uniti ai 171 già a disposizione delle due coalizioni, consentirebbero di superare la maggioranza assoluta di 176 seggi.

Che Junts possa sostenere la coalizione di destra è impensabile: soprattutto gli estremisti di Vox hanno fatto della repressione delle istanze autonomiste catalane una delle loro più importanti promesse elettorali. I negoziati sono tutti tra Junts e la coalizione di sinistra di Pedro Sánchez, che negli scorsi anni si è mostrato molto dialogante con le forze catalane e che è già sostenuto da un altro partito autonomista di centrosinistra, ERC.

I negoziati tra Junts e Sánchez sono molto complicati, ma il voto di giovedì mattina per Armengol, che ha sempre avuto posizioni piuttosto aperte nei confronti dei movimenti regionali spagnoli, fa ben sperare per la formazione di una maggioranza di governo con all’interno anche il partito indipendentista catalano.

La situazione mantiene comunque un certo grado di incertezza. Tra i vari leader indipendentisti catalani, Puigdemont è stato spesso il più massimalista e contrario a ogni accordo con l’establishment nazionale spagnolo, sia di destra sia di sinistra. Nella scorsa legislatura i deputati di Junts avevano votato contro nel voto di fiducia a Sánchez, e non hanno praticamente mai appoggiato le sue proposte di legge. Mercoledì su X (l’ex Twitter) Puigdemont ha scritto che c’è ancora «una profonda sfiducia, basata su fatti reali».

Le notizie sui negoziati tra Junts e la sinistra sono ancora piuttosto vaghe, ma quasi tutti i giornali spagnoli sono concordi nel sostenere che Puigdemont stia facendo richieste ambiziose. Tra queste, vorrebbe che tutte le persone coinvolte nei processi per il referendum catalano ricevessero l’amnistia e che il catalano diventasse una delle lingue ufficiali usate nel parlamento spagnolo. Non è ancora chiaro nemmeno come risponderà Sánchez, che nella scorsa legislatura aveva già fatto alcune aperture. Tra le altre cose, aveva concesso la grazia ai leader indipendentisti incarcerati in Spagna (ma non a Puigdemont, che era scappato) e di fatto eliminato il reato di sedizione, di cui erano stati accusati i leader catalani.