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  • Martedì 8 agosto 2023

La cittadina australiana dove si vive sottoterra

Si chiama Coober Pedy ed è un importante sito minerario, ma in superficie fa troppo caldo

Coober Pedy
(Mark Kolbe/ Getty Images)
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Alcune persone potrebbero aver sentito parlare della cittadina australiana di Coober Pedy per via della World Solar Challenge, una gara automobilistica organizzata nell’entroterra australiano riservata ai mezzi che vanno a energia solare. Oppure perché il parco che si estende sul suo territorio, perlopiù desertico, è stato spesso scelto dalle grandi produzioni di Hollywood per le riprese di film come Mad Max oltre la sfera del tuonoPitch Black o Pianeta rosso. O ancora perché è nota anche come la “capitale mondiale dell’opale” per via delle grandi quantità del minerale che si estraggono nell’area.

Coober Pedy però è anche un posto molto molto caldo, motivo per cui decine delle case che la compongono si trovano nel sottosuolo, scavate nella roccia. L’associazione per gli affari e per il turismo locale ha stimato che più o meno la metà dei circa 2.500 abitanti del posto viva proprio sottoterra, dove ci sono anche ristoranti, hotel, chiese.

Coober Pedy si trova circa 850 chilometri a nord-ovest di Adelaide, nello stato dell’Australia Meridionale. Fu fondata nel 1915, quando vennero scoperti i primi giacimenti di opale, e ancora oggi è abitata soprattutto da persone che lavorano nelle miniere o in attività collegate all’estrazione mineraria. Nel suo paesaggio si notano dune, edifici sparsi e qualche arbusto qua e là, e come ha osservato la rivista Condé Nast Traveler la cittadina è in sé piuttosto «eccentrica»: ha un cinema drive-in che ricorda ai clienti di non portare con sé esplosivi, cartelli che segnalano di fare attenzione a non cadere nei buchi scavati nella terra e un campo da golf dove si gioca perlopiù di sera e con palline che si illuminano al buio, perché tendenzialmente di giorno fa troppo caldo.

Parte del suo fascino però deriva proprio dalle abitazioni scavate nell’arenaria, di cui di fatto in superficie ci sono poche tracce, se non gli sbocchi degli impianti di ventilazione e in qualche caso gli ingressi che danno sull’esterno. Tra le altre cose nel sottosuolo di Coober Pedy ci sono un campeggio dove si possono piantare tende, bar, negozi e un centinaio di case composte da camere da letto, cucine, bagni e salotti, a volte arredate in maniera ricercata e almeno in un caso dotate di piscina.

L’amministrazione locale dice che Coober Pedy deve il proprio nome alle parole di una lingua aborigena che possono essere tradotte più o meno come “uomo bianco in un buco”, un’espressione che descrive piuttosto fedelmente ciò che ha reso famoso il posto. Furono proprio le persone che lavoravano nelle miniere a cominciare a dormire nelle stanze ricavate dai tunnel delle miniere stesse o a scavare le prime case nella roccia per ripararsi dal caldo.

Un recente articolo di BBC Future spiega che nei mesi estivi più caldi – gennaio e febbraio, trattandosi di emisfero australe – le temperature della zona possono arrivare anche a superare i 50 °C, mentre in inverno le minime scendono a 2 o 3 °C. Sottoterra invece la temperatura resta costante, attorno ai 22-23 °C, l’ideale per non patire né il caldo né il freddo.

La gran parte di queste case fu costruita nel periodo di massima espansione delle miniere di opale, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta, sia usando gli esplosivi impiegati nelle miniere stesse, sia con strumenti più semplici. Thomas Hammermeister, un costruttore del posto, ha detto di essere «cresciuto letteralmente con vanga e piccone»: parlando con il canale tv inglese Channel 4, ha raccontato che da ragazzino tornava a casa da scuola, faceva i compiti e poi il padre gli «metteva in mano un martello pneumatico e diceva ‘comincia a spaccare, facciamo un’altra stanza’».

In generale questi locali sotterranei devono essere costruiti ad almeno 4 metri di profondità per evitare che i loro soffitti crollino e devono avere un buon sistema di ventilazione che assicuri la circolazione dell’ossigeno e la fuoriuscita dell’umidità. A detta dei residenti, vivendo sottoterra si risparmia sull’utilizzo dell’aria condizionata e uno dei vantaggi è che le case si possono appunto allargare senza chiedere troppi permessi. Jason Wright, che vive in una di queste abitazioni da tempo, sostiene che siano anche piuttosto sicure in caso di terremoti e dice che non ci sono insetti (il livello di sicurezza degli edifici sotterranei comunque dipende da quanto sono ampi e articolati e dalla loro profondità).

Rispetto alle case in superficie di grandi città come Adelaide quelle sotterranee di Coober Pedy costano significativamente meno. BBC Future osserva che in generale la maggior parte però è piuttosto spoglia e che molte avrebbero bisogno di qualche lavoro di manutenzione.

Le case sotterranee di Coober Pedy sono conosciute anche come “dugouts” e sono diventate un’attrazione turistica per chi visita quella parte dell’Australia. Non sono tuttavia un caso unico e non sono né il più grande né il più antico insediamento di case scavate nella roccia e costruite più o meno interamente sottoterra.

Quella di sfruttare il sottosuolo, la roccia o le grotte naturali per ripararsi dal caldo e dal freddo oppure ancora a scopo difensivo è un’abitudine nota da millenni, dalla Cina alla Tunisia, dal Sudamerica all’Iran, dove per esempio si trova Kandovan, un villaggio costruito nella pietra abitato ancora oggi. Il caso simile più noto in Italia è quello dei Sassi di Matera, Patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO, un insieme di edifici ricavati dalla roccia e a volte scavati interamente nella terra. C’è poi l’antica Derinkuyu, in Cappadocia, nella Turchia centrale: un’enorme città sotterranea su più livelli che fu abitata quasi ininterrottamente per secoli e che in caso di emergenza poteva ospitare fino a 20mila persone.

Nella città canadese di Montreal, dove nei giorni più freddi dell’inverno le temperature possono arrivare anche a -30 °C, esiste invece una specie di città sotterranea più moderna (RÉSO) fatta di chilometri e chilometri di tunnel che collegano cinema, negozi, hotel, appartamenti, ristoranti e centri commerciali costruiti su vari livelli.

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