Qual è la soglia giusta per il salario minimo?

Per alcuni 9 euro lordi all'ora sono troppi, per altri troppo pochi: la discussione in parlamento è stata rinviata ma si continuerà a parlarne

(Oli Scarff/Getty Images)
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Alla Camera è stata approvata la sospensione dell’esame parlamentare della proposta di legge sul salario minimo che i principali partiti di opposizione avevano presentato insieme. La sospensione è stata votata dai partiti della maggioranza – Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – che sono da sempre contrari a una legge che avrebbe l’obiettivo di introdurre in Italia un salario minimo, cioè una soglia minima oraria di compenso stabilita per legge, uguale per tutti i lavoratori a prescindere dalla mansione che svolgono. La discussione riprenderà a settembre, ma il dibattito politico prosegue ed è concentrato soprattutto su alcuni aspetti tecnici della proposta, come il livello della soglia: il testo delle opposizioni la fissa a 9 euro lordi all’ora, che per alcuni sono troppi e per altri troppo pochi.

La questione della soglia del salario minimo può sembrare centrale nelle discussioni intorno alla misura, ma in realtà è solo una delle tante da considerare: e secondo molti dovrebbe essere anche una delle ultime da stabilire, coinvolgendo prima sindacati, imprese ed esperti.

Una soglia decisa dall’alto, senza prima un’adeguata riflessione preliminare, potrebbe generare distorsioni sul mercato del lavoro oppure non produrre gli effetti desiderati: se l’importo è troppo basso, per esempio, la misura non sarà in grado di garantire stipendi adeguati; se invece è troppo alto, rischia di essere addirittura controproducente perché diventa difficile garantire che la soglia venga rispettata, favorendo il lavoro nero e la disoccupazione.

«La premessa banale è che nessuno conosce il livello giusto del salario minimo, motivo per cui gli economisti sono generalmente ossessionati con il metodo» con cui si arriva a una cifra, dice Andrea Garnero, economista dell’OCSE, l’organizzazione che raggruppa i 35 paesi più industrializzati al mondo. Solitamente la costruzione di uno schema di salario minimo prevede un insieme di regole «che valgano per sempre»: in base a quelle, poi, il livello viene aggiustato nel tempo a seconda di come va l’economia. In Italia al contrario la discussione è partita da una cifra da fissare per legge, che col tempo però potrebbe rivelarsi inadeguata.

Coma fa notare il giuslavorista ed ex senatore Pietro Ichino su lavoce.info, anche con l’introduzione di un salario minimo in Italia il sistema resterebbe comunque poco trasparente, perché con le regole attuali è difficile per un lavoratore o una lavoratrice capire la retribuzione oraria che pagano le aziende. Capire quale sia il compenso minimo a cui si ha diritto non è immediato, i contratti spesso sono vari e complessi, e in caso di contenzioso persino i giudici fanno fatica a stabilirlo: non è chiaro per esempio se debbano essere incluse nel calcolo la tredicesima e l’eventuale quattordicesima, il trattamento di fine rapporto, i benefit aziendali e così via.

Perciò uno dei primi punti da capire volendo introdurre un salario minimo è cosa includerà. Spiega Garnero che «questa è una discussione tutta italiana, perché negli altri paesi il salario minimo è la paga di base», cioè la paga oraria, mentre in Italia la complessità dei contratti e delle norme sul lavoro rende complicata una definizione univoca.

Secondo Garnero uno dei grandi pregi del salario minimo è la sua semplicità: è «una cifra che deve essere conosciuta da tutti», così che il lavoratore possa capire facilmente a che cosa ha diritto e se l’azienda lo sta pagando quanto dovrebbe. Il testo della proposta di legge attualmente in discussione indica 9 euro come la soglia per il “trattamento economico minimo”, ma non è molto chiaro a cosa si riferisca con questa espressione. Secondo l’Osservatorio sui Conti Pubblici dovrebbe coincidere con quello che nei contratti è definito come il “minimo tabellare”, ossia la paga di base che quindi non comprende le mensilità aggiuntive (come tredicesima o quattordicesima) e altre voci dello stipendio come il TFR, quella somma che spetta al lavoratore al termine di qualsiasi rapporto di lavoro.

Nei contratti il minimo tabellare non è definito in termini orari ma in termini di retribuzione mensile, e dividendo per il numero di ore previste dal contratto si ricava la retribuzione oraria. Secondo l’Osservatorio sarebbe questo il parametro che deve rispettare la soglia di almeno 9 euro lordi: se così fosse, sarà più alta non solo la paga oraria ma anche la retribuzione complessiva, che comprende altre voci e che è il costo effettivo per l’azienda.

Una volta capito cosa deve includere il salario minimo, deve essere stabilito il metodo di calcolo. Solitamente si usa calcolare il salario minimo sulla base del salario orario mediano, cioè quel livello che sta esattamente a metà nella distribuzione dei redditi tra la popolazione: non lo raggiunge il 50 per cento delle persone e lo supera il restante 50 per cento. Si usa il valore mediano perché è meno influenzato dai valori più alti e più bassi dei salari rispetto alla media tra tutte le retribuzioni. Nella maggior parte dei paesi che hanno un salario minimo questo è fissato a una soglia compresa tra il 40 e il 60 per cento del salario mediano. Superano il 70 per cento solo paesi non paragonabili all’Italia, come la Colombia, il Cile e il Costa Rica.

La soglia di 9 euro lordi all’ora può essere considerata bassa da un certo punto di vista, in particolare se la si confronta con l’inflazione che ha fatto aumentare molto i prezzi e il costo della vita. Ma visto che gli stipendi italiani sono notoriamente piuttosto bassi, secondo Garnero potrebbe essere al contrario troppo alta: 9 euro è oltre il 75 per cento del salario mediano in Italia, che diventerebbe uno dei paesi col salario minimo più alto a livello internazionale. Un livello così alto rischia di non risolvere i problemi che dovrebbe, e molte aziende, soprattutto quelle più piccole e al Sud, si ritroverebbero a pagare stipendi più alti di quanto possono realmente permettersi.

Anche l’ex presidente dell’INPS, Tito Boeri, storico sostenitore del salario minimo, è contrario all’introduzione di una cifra in questa fase, soprattutto quella proposta dalle opposizioni. In un articolo scritto insieme all’economista Roberto Perotti ha proprio criticato l’inadeguatezza della cifra di 9 euro per il mercato del lavoro italiano e ha scritto che «la legge sul salario minimo dovrebbe prevedere, come di norma avviene negli altri paesi, l’istituzione di una commissione sui bassi salari, con tecnici indipendenti ed esperti nominati dalle parti sociali, che formuli proposte al parlamento sul livello appropriato del salario minimo, sulla base di riscontri oggettivi sul nostro mercato del lavoro».

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Spesso gli esperti di economia del lavoro citano come virtuoso il metodo con cui venne introdotto il salario minimo nel Regno Unito. Nel programma elettorale con cui il leader laburista Tony Blair vinse le elezioni nel 1997 c’era l’introduzione del salario minimo, senza però una cifra definita a priori: una volta al governo istituì la Low Pay Commission, una commissione composta da esperti, sindacalisti e datori di lavoro, che aveva come compito quello di definire una soglia di salario minimo. Il salario minimo entrò in vigore nel 1999 a un livello relativamente basso, 3,6 sterline all’ora. Da allora è stato gradualmente aggiustato anche a seconda degli effetti che produceva sul mercato del lavoro, che venivano costantemente monitorati: oggi è di 10,42 sterline all’ora.

Secondo Garnero, ed è un’opinione diffusa tra gli esperti, la definizione della soglia dovrebbe essere il punto di arrivo e non quello di partenza di tutto il processo per l’introduzione del salario minimo. E questo sia per cercare il livello più congeniale al sistema economico, in modo che non crei distorsioni, sia per creare una condivisione a livello politico tra i partiti e le parti sociali. Nel Regno Unito la sperimentazione e l’osservazione costante dei risultati hanno consentito di creare una sorta di «unanimità politica e sociale sul tema, tanto che dal 2015 sono i conservatori a spingere di più» sull’aumento del salario minimo, dice Garnero. Eppure storicamente la battaglia politica sul salario minimo appartiene ai partiti di sinistra.

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