Una scoperta che cambierebbe un pezzo di mondo

Trovare un superconduttore che funzioni a temperatura ambiente è da anni l’obiettivo di ricerche spesso fumose: n’è da poco uscita una

magnete superconduttore
Un magnete fluttua su un materiale superconduttore raffreddato con azoto liquido in un laboratorio alla University of California, San Diego, il 15 luglio 1987 (AP Photo)
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Un gruppo di studiosi sudcoreani ha di recente pubblicato una ricerca di cui tra studiosi ed esperti di fisica, chimica e tecnologia si parla da giorni, con grande interesse ma anche estrema cautela. Nella ricerca viene descritto un materiale, soprannominato LK-99, apparentemente dotato di superconduttività – cioè quasi nessuna resistenza al passaggio di corrente elettrica – a temperatura e pressione ambiente. I superconduttori esistono da decenni, ma funzionano soltanto a temperature bassissime (nell’ordine di -200 °C): condizione che implica alti costi di utilizzo e riduce in concreto le applicazioni possibili.

La scoperta di superconduttori che funzionino a temperatura e pressione ambiente sarebbe dirompente e avrebbe ripercussioni pratiche sull’efficienza delle reti, dei sistemi e degli impianti elettrici, su cui si basa gran parte delle nostre attività e degli strumenti che utilizziamo ogni giorno. Renderebbe inoltre possibili tecnologie e progressi scientifici solo in parte prevedibili: dal passaggio di corrente senza alcuna dispersione ai trasporti a levitazione magnetica su larga scala, per esempio.

Anche per gli interessi economici legati all’eventuale sfruttamento industriale di un materiale del genere, la scoperta di superconduttori a temperatura e pressione ambiente alimenta da decenni un’intensa ricerca, con annunci frequenti ma risultati che si sono poi spesso dimostrati inaffidabili o difficili da replicare. Per il momento i ricercatori sudcoreani – un gruppo del Quantum Energy Research Centre, a Seul – ha condiviso la scoperta in due articoli in formato preprint, che devono quindi ancora essere sottoposti a una revisione indipendente (peer-review).

Uno degli aspetti più raccontati della ricerca – a parte alcune ipotesi difficili da verificare riguardo alle relazioni complicate tra gli autori – è che il materiale LK-99 si ottiene a partire da elementi relativamente comuni come piombo, rame e fosforo. Questa caratteristica dovrebbe teoricamente rendere più semplice per altri studiosi e laboratori ripetere in breve tempo gli esperimenti del gruppo sudcoreano. Ma se nei prossimi giorni i risultati dovessero essere smentiti da prove sperimentali di ricercatori terzi, come molti credono probabile, non sarebbe la prima volta negli ultimi anni.

Anche nel caso in cui la ricerca si dimostrasse inattendibile i superconduttori sono comunque un argomento di grande interesse nella comunità scientifica e oggetto di esperimenti in molti laboratori di tutto il mondo. E già soltanto dimostrare che questi materiali possono esistere e rendere gli esperimenti facilmente replicabili, come ha scritto il chimico statunitense Derek Lowe sul sito di Science, sarebbe un gigantesco passo in avanti. In poche parole i superconduttori permetterebbero di annullare la dispersione di corrente elettrica, al momento inevitabile in condizioni normali: «praticamente tutto ciò che funziona con l’elettricità ne risentirebbe», ha scritto Lowe.

Per comprendere cosa sia un superconduttore è utile riassumere a grandi linee come funziona il passaggio della corrente elettrica attraverso i normali conduttori, nei comuni apparecchi e dispositivi che utilizziamo tutti i giorni. Quando gli elettroni scorrono attraverso un materiale conduttivo normale, come per esempio un filo di alluminio, incontrano un certa resistenza, diversa a seconda del materiale, ma che in ogni caso riduce la corrente elettrica a parità di tensione applicata: è come se “rimbalzassero” sugli atomi come macchine dell’autoscontro. Questi “rimbalzi” provocano una dispersione sotto forma di calore: minore sarà la resistenza, maggiore sarà la conduttività del materiale e minori le perdite.

In alcuni casi, come nelle stufe elettriche o nei forni, la resistenza viene utilizzata appositamente per sfruttare la dissipazione dell’energia. Una tensione elettrica viene applicata alla resistenza della stufa o del forno (il nome proprio è resistore: la resistenza è una grandezza), che si oppone al passaggio della corrente e si scalda, provocando una caduta di tensione: attraverso un fenomeno noto come effetto Joule l’energia elettrica viene così convertita in energia termica.

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In tutti gli altri casi la perdita di una parte più o meno grande di energia elettrica attraverso il conduttore è un effetto secondario non voluto, che si cerca di ridurre (è il motivo per cui i fili elettrici sono fatti di rame e non di alluminio, più economico ma meno efficiente). Tra gli studiosi di elettromagnetismo ci si è chiesti a lungo se fosse possibile ridurre la resistenza dei conduttori fino a renderla marginale, così da ottenere una superconduttività. E attraverso le ricerche portate avanti dal fisico olandese Heike Kamerlingh Onnes, premio Nobel nel 1913, furono scoperti alcuni materiali che permettono il passaggio della corrente elettrica quasi senza opporre resistenza.

Kamerlingh Onnes scoprì che alcuni conduttori metallici si comportavano in modo insolito se portati a bassissime temperature. Quando particolari materiali vengono raffreddati fino a raggiungere temperature vicine allo zero assoluto (-273,15 °C) gli elettroni non “rimbalzano” più come in un autoscontro: si uniscono in coppie che scivolano tra gli atomi senza generare resistenza. Per questa ragione i materiali dotati di questa proprietà furono definiti superconduttori e sono da decenni al centro di numerosi studi ed esperimenti.

Nella seconda metà degli anni Ottanta furono scoperti materiali che si comportano da superconduttori a temperature meno basse dello zero assoluto, nell’ordine di -200 °C, e per questo definiti superconduttori ad alte temperature. Per quanto siano comunque difficili da ottenere in ambienti non sperimentali e comuni, queste temperature possono essere raggiunte utilizzando refrigeranti molto diffusi come l’azoto liquido. La scoperta, per cui il fisico svizzero Alexander Müller e il tedesco Georg Bednorz vinsero il Nobel nel 1987, segnò un passaggio importante per la ricerca, dal momento che la ampliò tra i laboratori che non disponevano delle costose tecnologie di raffreddamento necessarie per lavorare sui primi superconduttori.

La transizione allo stato di superconduttore conferisce inoltre al materiale una seconda proprietà, dovuta al cosiddetto effetto Meissner, dal nome del fisico tedesco Walther Meissner, che lo osservò e descrisse negli anni Trenta. A causa di questo effetto i superconduttori respingono i campi magnetici: si comportano all’apparenza come materiali diamagnetici (cioè quelli che hanno una magnetizzazione con verso opposto al campo), ma il fenomeno che genera l’espulsione del campo magnetico è di tipo diverso.

Questa proprietà, peraltro sfruttata in un tipo di tecnologie superconduttive utilizzate da alcuni treni a levitazione magnetica, è spesso mostrata in diversi esperimenti in cui dei magneti posti su materiali superconduttori fluttuano perché i loro campi magnetici sono completamente respinti o fortemente ridotti dal materiale superconduttore. Nel caso dei treni a levitazione magnetica l’utilizzo di superconduttori fa sì che non ci sia contatto con i binari e che i treni debbano quindi fare i conti soltanto con l’attrito dell’aria.

Il principale limite dei superconduttori, inclusi i cosiddetti superconduttori ad alte temperature, è che funzionano a temperature bassissime o ad altissima pressione, o entrambe le cose. Negli ultimi anni sono stati scoperti dei composti che sono superconduttori a temperature relativamente alte, ma che funzionano soltanto se compressi a una pressione di un milione di atmosfere (per avere un riferimento, la pressione in fondo alla fossa delle Marianne, a 11mila metri di profondità, è di circa 1100 atmosfere).

In concreto sono condizioni molto difficili da ricreare in contesti quotidiani, che rendono i superconduttori di fatto privi di applicazioni pratiche che non siano economicamente molto dispendiose. Alcuni dei macchinari più diffusi per fare le risonanze magnetiche, per esempio, utilizzano dei superconduttori che permettono di creare un campo magnetico molto forte senza surriscaldarsi e senza richiedere un enorme consumo di energia. Ma quei superconduttori devono essere mantenuti a una temperatura molto bassa, appunto: che è una delle ragioni dei costi molti alti di questi apparecchi.

Per essere rivoluzionario un superconduttore dovrebbe permettere di trasportare corrente elettrica senza resistenza a temperatura e pressione ambiente. Questa scoperta permetterebbe di sviluppare non soltanto strumenti diagnostici più economici, trasporti a levitazione magnetica e chip per computer e smartphone ultraveloci ed efficienti, per esempio, ma avrebbe ricadute sul perfezionamento di moltissime altre tecnologie, dai filtri a radiofrequenza agli acceleratori di particelle. E il fatto di rendere quasi nulla la resistenza permetterebbe, in generale, di avere linee e circuiti elettrici molto più efficienti e di utilizzare molta meno energia di quanta ne sia necessaria oggi.

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Proprio per la quantità di interessi in ballo e di persone che ci lavorano da tempo, la ricerca sui superconduttori ha prodotto nel corso degli anni anche numerose delusioni. A marzo del 2023 un gruppo di ricerca della University of Rochester, nello stato di New York, aveva annunciato la scoperta di un nuovo materiale superconduttore a temperatura ambiente (ma pressione molto alta), sviluppato a partire dal lutezio, un elemento metallico piuttosto raro.

La ricerca era stata accolta con scetticismo per via della reputazione di uno degli autori, il ricercatore singalese Ranga Dias, docente di ingegneria meccanica e fisica alla University of Rochester. In precedenza Dias era stato accusato di aver falsificato dei dati per rendere più eclatanti i risultati di altre sue ricerche, una delle quali era stata ritirata dalla rivista Nature.

Anche la recente ricerca del gruppo sudcoreano ha generato molte perplessità tra gli scienziati sentiti dalle più importanti riviste internazionali di divulgazione scientifica. Il testo dei due articoli condivisi su ArXiv, la principale piattaforma utilizzata per la condivisione di articoli in formato preprint, è stato giudicato piuttosto raffazzonato e superficiale da alcuni fisici che hanno riscontrato diverse imprecisioni, incoerenze e altre stranezze.

L’interesse per questa ricerca, di cui da giorni si discute molto anche tra appassionati su Twitter e Reddit, è stato tuttavia notevolmente sostenuto e accresciuto da altri aspetti laterali. Da una parte la relativa semplicità della procedura con cui è possibile ottenere il materiale LK-99 ha reso possibile avviare esperimenti di verifica tuttora in corso in altri laboratori e anche a livello amatoriale. Dall’altra parte il fatto che la scoperta sia descritta in due diversi articoli preprint, molto simili ma caricati a poche ore di distanza l’uno dall’altro, ha stimolato la curiosità di molti e suggerito una serie di ipotesi più o meno realistiche.

Il primo articolo, caricato su ArXiv il 22 luglio 2023, cita come autori tre ricercatori sudcoreani: Sukbae Lee, Ji-Hoon Kim e Young-Wan Kwon. Nell’articolo la scoperta del superconduttore è descritta come l’inizio di «una nuova era per l’umanità»: come segnalato dalla rivista New Scientist, i tre autori avevano peraltro presentato ad agosto 2022 una domanda per un brevetto di fabbricazione di un composto ceramico superconduttore.

Poche ore più tardi un secondo articolo, in larga parte simile al primo, è stato caricato su ArXiv da uno dei suoi sei autori, Hyun-Tak Kim, ricercatore di fisica del College of William & Mary a Williamsburg, negli Stati Uniti, non presente come autore nel primo articolo. Soltanto Sukbae Lee e Ji-Hoon Kim sono citati come autori di entrambi gli articoli: a loro è attribuita l’invenzione del materiale LK-99 nel 1999 (il nome è formato dalle iniziali dei due ricercatori e dall’anno della scoperta).

Hyun-Tak Kim, che ha caricato il secondo documento e ha lavorato a lungo alla ricerca, ha detto a New Scientist che l’articolo in cui non è citato come autore – quello pubblicato per primo – è stato condiviso a sua insaputa e senza il suo consenso. E l’ipotesi al momento più accreditata è che uno dei tre autori del primo articolo, Young-Wan Kwon, non più affiliato con il centro di ricerca, abbia caricato il documento su ArXiv senza nemmeno il consenso degli altri due coautori, Sukbae Lee e Ji-Hoon Kim.

Un’ipotesi circolata molto sui social ma piuttosto romanzesca e priva di conferme è che Kwon abbia caricato e attribuito soltanto a tre autori il primo articolo, quello in cui Hyun-Tak Kim non compare come autore, perché non più di tre persone possono condividere il premio Nobel, e limitare il numero di autori sarebbe un tentativo di anticipare altri ricercatori del gruppo e ridurre le ambiguità sui meriti in caso di successo della ricerca.

Avere risposte definitive sulla solidità della ricerca del gruppo sudcoreano richiederà altro tempo, necessario per la revisione degli articoli e per portare a termine i tentativi di replicare i risultati da parte di altri gruppi. Tuttavia, dal momento che la sintesi di LK-99 è giudicata relativamente semplice, i tempi potrebbero essere più brevi rispetto a quelli solitamente necessari in altri casi in cui i superconduttori oggetto di ricerca utilizzano elementi più difficili da reperire e procedure più complicate da eseguire.

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