“Caronte”, “Cerbero”, “Minosse”

Sono tre dei nomi usati dai media per indicare le ondate di calore: non sono scelti da un ente ufficiale, ma dal sito di previsioni ilMeteo che si ispira alla Divina Commedia

Una strada di Orvieto, 18 luglio 2023 (ANSA/Gianluigi Basilietti)
Una strada di Orvieto, 18 luglio 2023 (ANSA/Gianluigi Basilietti)
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Molti giornali italiani e stranieri si riferiscono all’ondata di calore che in questi giorni sta interessando l’Italia con un nome proprio, “Caronte”. Si fa qualcosa del genere anche per uragani e tempeste, i cui nomi però sono scelti da servizi meteorologici pubblici o dal coordinamento tra vari paesi, rispettando precisi criteri condivisi. I nomi delle ondate di calore che riguardano l’Italia invece sono un’iniziativa indipendente del popolare sito di previsioni ilMeteo: da anni sono usati dai media sebbene l’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) delle Nazioni Unite sia contraria ad attribuire nomi alle ondate di calore.

Antonio Sanò, presidente di ilMeteo e inventore dei nomi italiani delle ondate di calore, racconta: «Nel giugno 2012 ci fu un’ondata di caldo e siccome in altri paesi c’era già la tendenza a dare nomi, decisi di farlo anche io e diedi il nome “Scipione l’Africano” all’ondata di calore arrivata a giugno a causa dell’anticiclone africano». Il nome venne poi adottato anche da alcuni giornali e quindi pochi giorni dopo, all’inizio di luglio, Sanò replicò l’iniziativa, chiamando “Caronte” la successiva ondata di calore: «Mandai un comunicato all’Ansa con il nuovo nome e dopo cinque minuti era sulla prima pagina del Corriere della Sera».

Anche l’attuale ondata di calore è stata chiamata “Caronte” da ilMeteo perché è a sua volta arrivata a luglio. I nomi degli uragani assegnati dalla WMO vengono scelti a partire da una lista di nomi femminili e maschili decisa all’inizio di ogni anno: un nome può essere ripetuto se sono passati almeno sei anni dall’ultima volta in cui era stato usato, e sono esclusi solo i nomi usati per uragani così distruttivi che risulterebbe inappropriato e disorientante riutilizzare. Sanò invece ripropone sempre lo stesso nome per ogni ondata di calore che secondo i criteri di ilMeteo ha caratteristiche simili, e spesso sono ispirati alla Commedia di Dante Alighieri.

Parlando della prima “Caronte”, Sanò spiega: «Feci questa associazione mentale: nel linguaggio popolare si dice fa un caldo “infernale”, l’inferno per antonomasia è quello della Divina Commedia in cui Caronte è il traghettatore delle anime. C’era questa analogia col mese di luglio e quindi scrissi “Arriva Caronte che ci traghetterà nel cuore dell’estate”». Anche “Minosse”, un altro nome usato da ilMeteo per le ondate di calore, è un personaggio dell’Inferno, e così “Cerbero”: le associazioni tra le ondate di calore e i nomi di ilMeteo sono prima di tutto metaforiche e quindi qualitative, e poi sono legate al periodo in cui si verificano, mentre non rispondono a definiti intervalli di temperature.

«Caronte causa caldo opprimente su tutta l’Italia e sul Mediterraneo e si verifica nella prima parte del mese di luglio», continua Sanò: «“Cerbero” è un nome che abbiamo usato per la prima volta quest’anno: sapevamo che l’ondata di calore non sarebbe stata la prima, cioè “Scipione”, e nemmeno la più forte, quella che traghetta nel cuore dell’estate, cioè “Caronte”, quindi è stato scelto un nome nuovo».

La WMO definisce come ondata di calore un periodo di vari giorni e notti in cui si registrano temperature inusualmente più alte rispetto alla media di quello stesso luogo per un trentennio di riferimento. Ogni paese poi può adottare definizioni più precise in base alle valutazioni dei propri servizi meteorologici nazionali (in Italia di solito si parla di ondata di calore quando si verifica un periodo di almeno 3 giorni consecutivi in cui la temperatura media giornaliera è significativamente superiore alla media del periodo 1981-2010 o 1991-2020). In generale non c’è comunque un’unica temperatura di soglia oltre la quale si parla di ondata di calore: è diversa da località a località, sulla base della relativa storia climatica. Questa è una delle ragioni per cui sarebbe difficile dare nomi condivisi alle ondate di calore.

Un’altra è che mentre tempeste e uragani sono fenomeni che si possono identificare con precisione e per cui è molto facile fare previsioni precise, le ondate di calore sono meno definite e possono avere conseguenze molto diverse in territori diversi: c’è il rischio che quindi un’indicazione associata a un nome preciso sia corretta per una zona e meno per un’altra.

Per Sanò il vantaggio dell’uso dei nomi è comunicativo: «La scienza può diffondersi solo se diventa per tutti e i nomi sono un modo per avvicinare la gente a questo argomento: negli ultimi anni c’è stato un aumento dell’interesse per la meteorologia anche grazie a un modo di comunicare che abbiamo introdotto anche noi, più popolare, complice il cambiamento climatico».

Anche altre persone che si occupano di clima avevano ipotizzato che attribuire dei nomi propri alle ondate di calore potesse essere utile per motivi di comunicazione, e in particolare per far prendere coscienza a più persone possibili dei rischi legati a questi fenomeni. Per questo nell’ottobre del 2022 la WMO Services Commission, una delle commissioni dell’organizzazione, si era riunita per valutare questa possibilità, ma aveva concluso all’unanimità che non convenisse farlo per varie ragioni.

In aggiunta a quelle già citate, una ragione è che non è mai stato provato con degli studi appositi che nominare le ondate di calore aiuti a ricordare i rischi corsi in passato in occasione di ondate precedenti e che aiuti a capire bene i rischi attuali. Per la WMO c’è inoltre il rischio che l’uso di nomi non ufficiali riduca l’autorevolezza degli enti pubblici che sono deputati a dare indicazioni e allerte sul meteo.

«Dare dei nomi alle ondate di calore mette l’attenzione su aspetti sbagliati», ha ribadito la WMO in un comunicato del 18 luglio: «Dare un nome proprio a una singola ondata di calore è fuorviante per l’attenzione del pubblico e dei media, li distoglie dai messaggi più importanti, quelli che riguardano chi è a rischio e come bisogna occuparsene». In pratica per la WMO la pratica di assegnare nomi non ufficiali può creare confusione nella comunicazione e conseguenze negative, oltre a far perdere tempo ai servizi meteorologici pubblici.

IlMeteo esiste dal 2000 ed è diventato particolarmente popolare dal 2010, cioè da quando ha iniziato a diffondersi l’uso delle app sugli smartphone. Stando ai dati della società di rilevazione Audiweb aggiornati allo scorso maggio ha poco più di 6 milioni di utenti unici al giorno. La sua pratica di assegnare nomi propri alle ondate di calore è stata criticata dal Servizio meteorologico dell’Aeronautica Militare, l’unico ente pubblico che produce previsioni nazionali del tempo in Italia. L’editoriale di un numero della Rivista di meteorologia aeronautica dello scorso anno diceva che l’attribuzione di questi nomi avrebbe «poco a che fare con un’analisi seria di ciò che accade da un punto di vista meteorologico».

Dal 2021 il Servizio meteorologico dell’Aeronautica Militare, che peraltro contribuisce alle previsioni della WMO, assegna i nomi alle perturbazioni cicloniche più intense che interessano il Mediterraneo centrale, che poi sono usati in tutta Europa per identificarle.