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  • Mercoledì 19 luglio 2023

L’Egitto ha graziato Patrick Zaki

Lo ha deciso il presidente Abdel Fattah al Sisi dopo che ieri lo studente dell'università di Bologna era stato condannato a tre anni di carcere

(ANSA/ CALO')
(ANSA/ CALO')
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Mercoledì il presidente dell’Egitto, Abdel Fattah al Sisi, ha concesso la grazia a Patrick Zaki, l’attivista e studente egiziano dell’università di Bologna che era stato detenuto per quasi due anni tra il 2020 e il 2021 con motivazioni politiche, e che ieri era stato condannato a tre anni di carcere. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto in un video pubblicato sui social network che Zaki arriverà domani in Italia. Ha anche detto di aver discusso con al Sisi della questione sin dal suo primo incontro con il presidente egiziano a novembre e di aver «sempre riscontrato da parte sua attenzione e disponibilità».

Martedì si era svolta la prima udienza del processo a Zaki a Mansura, in Egitto, dopo che negli ultimi mesi era stata rinviata molte volte: Zaki era stato condannato a tre anni e i suoi avvocati avevano detto di non aver ricevuto spiegazioni sulle accuse a suo carico. La condanna però era definitiva e non permetteva appelli, perché era stata fatta da un tribunale speciale egiziano istituito durante il periodo dello stato di emergenza per la sicurezza disposto da Al Sisi nel 2017 (che è durato 4 anni, fino a ottobre del 2021, ma in cui rientrava ancora il caso di Zaki).

Si era quindi parlato fin da subito della grazia presidenziale come una delle pochissime possibilità rimaste a Zaki per evitare il carcere. Zaki aveva già scontato un anno e 10 mesi di carcere e con la condanna avrebbe dovuto scontare un altro anno e 2 mesi. Dopo la condanna martedì era stato portato in un commissariato di polizia a Mansura, dove aveva potuto incontrare la madre e dove aveva trascorso la notte.

Zaki era stato arrestato in Egitto a febbraio del 2020 con accuse che avevano a che fare con un suo articolo d’opinione critico nei confronti del governo egiziano. L’articolo, pubblicato nel 2019 sul giornale online Daraj, criticava il governo per il trattamento riservato in Egitto alla comunità cristiana copta (a cui la famiglia di Zaki appartiene). Su queste basi era stato accusato di «diffusione di notizie false dirette a minare la pace sociale», «incitamento alla protesta sociale senza permesso», «istigazione a commettere atti di violenza e terrorismo», «gestione di un account social che indebolisce la sicurezza pubblica» e «appello al rovesciamento dello stato»: tutte accuse giudicate false e pretestuose dagli osservatori indipendenti.

Nel 2020 Zaki frequentava un master in Studi di genere e delle donne all’università di Bologna ed era partito in aereo per l’Egitto per trascorrere dei giorni con la sua famiglia. Arrivato in aeroporto però era stato arrestato, e secondo il racconto del suo avvocato era stato torturato in vari modi: bendato e portato a Mansura, la sua città natale, era stato poi picchiato, spogliato, sottoposto a scosse elettriche, abusato verbalmente e minacciato di stupro. Nei mesi successivi era stato trasferito dal carcere di Mansura alla prigione di Tora, al Cairo, nota per ospitare i prigionieri politici, ed era stato detenuto in condizioni dure e degradanti. Per molti mesi gli era stata negata la possibilità di comunicare con l’esterno e di ricevere visite dalla famiglia.

L’8 dicembre del 2021 era stato scarcerato per decisione di un tribunale, in attesa delle udienze successive, fino alla condanna di ieri e alla grazia ricevuta oggi.