I migranti lasciati di fronte ai municipi di Vicenza, senza spiegazioni

I loro trasferimenti li ha organizzati la prefettura dando poco o nessun preavviso ai sindaci dei comuni coinvolti

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(LaPresse/Marco Dal Maso)
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Martedì mattina tre migranti provenienti dalla Tunisia si sono ritrovati nella piazza principale di Cornedo Vicentino, un comune di 11.700 abitanti in provincia di Vicenza. Erano stati portati lì su un furgone dopo aver trascorso qualche giorno in un centro di accoglienza a Mestre. Non sapevano dove erano finiti e soprattutto dove andare o cosa fare, così si sono seduti su una panchina di fronte alla chiesa. Li ha notati per caso il sindaco, Francesco Lanaro, uscendo dal municipio. C’è voluto un po’ per capire che erano i migranti assegnati al suo comune dalla prefettura di Vicenza.

Senza nessun tipo di informazione o indicazione, Lanaro si è mosso per trovare loro una sistemazione. «Ho dato loro dell’acqua e tre panini al formaggio», ha detto il sindaco. «Devo ringraziare il parroco e la Caritas perché in poco tempo siamo riusciti a trovare alcuni locali dove ospitarli». Uno dei tre è un minore non accompagnato, che dice di avere 15 anni: come tutti gli altri, aveva con sé solo una fotosegnalazione e nessun altro documento. «È stato scaricato in piazza senza nessuna spiegazione e senza considerare le tutele che sono dovute in questi casi: è un fatto grave, non capisco come sia potuta accadere una cosa simile», ha detto Lanaro.

Un’altra quindicina di migranti sono stati trattati allo stesso modo in altri paesi: lasciati nelle piazze davanti ai municipi o alle poste. È un modo di “riassegnare” i migranti che non si era ancora visto finora e non è chiaro il motivo per cui la prefettura abbia deciso di iniziare a usarlo.

Lunedì il sindaco di Altavilla Vicentina, Carlo Dalla Pozza, è stato avvisato dalla prefettura dell’arrivo di alcuni migranti nella notte. Si è alzato nelle prime ore del giorno per accoglierli, ma alla fine non si è presentato nessuno. Soltanto in mattinata Dalla Pozza è stato avvisato che c’erano tre migranti seduti sui gradini del municipio, lasciati pochi minuti prima da un furgone. «È vero che avevamo ricevuto una sorta di preavviso dalla prefettura, ma mi aspettavo che me li affidassero, non che li abbandonassero in piazza», ha detto il sindaco.

Anche a Sovizzo è successa la stessa cosa. Tre migranti sono stati trovati dal vicesindaco Paolo Centofante davanti all’ufficio postale. Le amministrazioni si sono ingegnate per trovare una sistemazione, nella maggior parte dei casi improvvisata. A Castelgomberto due persone originarie del Mali e una del Gambia sono state ospitate negli spogliatoi del campo di calcio. «Abbiamo dato loro un piatto di pasta e sistemato tre brandine, un frigo e un microonde negli spogliatoi, non potevamo mica farli stare per strada», ha detto il sindaco Davide Dorantani.

Il modo piuttosto inusuale con cui i migranti sono stati affidati ad alcuni comuni è il sintomo di una certa difficoltà nella gestione dell’accoglienza che potrebbe aggravarsi nei prossimi mesi. La prefettura di Vicenza è stata costretta ad assegnare migranti ai comuni con scarso o nullo preavviso a causa dell’impossibilità di gestirli in altro modo perché mancano le strutture.

Al momento il Veneto ospita 7.445 persone di cui 6.703 nei CAS, i centri di accoglienza straordinaria, e 742 accolti e gestiti dai comuni in collaborazione con le parrocchie e le associazioni. I CAS si affiancano ai centri di prima accoglienza (CPA) e servono ad accogliere i migranti richiedenti asilo, cioè persone fuggite dal proprio paese in attesa che venga riconosciuto loro lo status di rifugiati. In teoria i CAS furono pensati come strutture, appunto, straordinarie, ma col tempo sono diventate le più diffuse e sostengono di fatto il sistema dell’accoglienza in Italia.

Il prefetto di Vicenza, Salvatore Caccamo, ha spiegato che spesso nei CAS sono ospitate persone oltre la capienza consentita e l’unica soluzione era coinvolgere i comuni. Dall’inizio dell’anno secondo i dati del ministero dell’Interno sono sbarcate in Italia 73.414 persone, mentre nello stesso periodo dello scorso anno erano state 31.333: al Veneto è stata assegnata una quota del 6 per cento di tutti i migranti arrivati in Italia. Il presidente Luca Zaia ha spiegato ai sindaci che nei prossimi mesi potrebbero servire spazi per ospitarne altre quattromila.

Per questo la regione ha proposto un protocollo per la gestione dei migranti in collaborazione con l’ANCI, l’associazione dei comuni, e le prefetture. “Pochi, per tutti” è il principio su cui si basa il protocollo. L’idea è di evitare la creazione di grandi centri di accoglienza come l’ex base militare di Cona, in provincia di Venezia, dove il 3 gennaio del 2017 una richiedente asilo della Costa d’Avorio, Sandrine Bakayoko, morì per tromboembolia polmonare mentre era nella doccia. Nel centro di Cona c’erano circa 1.300 richiedenti asilo ospitati in condizioni precarie. Dopo la morte di Bakayoko protestarono, occuparono il centro e rinchiusero 25 operatori della cooperativa Ecofficina nella struttura: la situazione si risolse solo a tarda notte.

«Mai più un’altra Cona, l’accoglienza sarà diffusa», ha detto Zaia, che ha proposto di distribuire i migranti tra quasi tutti i comuni del Veneto. Il piano della regione è di rinforzare la rete di accoglienza chiamata SAI, acronimo di Sistema di accoglienza e integrazione, che ha sostituito il SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), introdotto dal primo “decreto sicurezza” nel 2018 e che a sua volta aveva rimpiazzato il modello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Al di là del cambio di nome, il sistema è più o meno sempre lo stesso e si basa sulla partecipazione volontaria degli enti locali.

– Leggi anche: Migranti, rifugiati, profughi, richiedenti asilo

L’obiettivo è estendere la rete dei comuni disponibili per evitare altri casi simili a quelli segnalati a Vicenza. Il presidente dell’ANCI Veneto, il sindaco di Treviso Mario Conte, ha spiegato che in questo modo si eviterà «l’effetto scaricabarile» avvenuto in passato con la gestione dei migranti basata esclusivamente sulla logica dell’emergenza, nonostante il flusso di arrivi sia costante da anni. Secondo Conte non ci sono alternative all’accoglienza diffusa: «Solo così possiamo dare una risposta importante. Perché, ed è bene che si capisca, una risposta va data, non è opzionale. O ci viene imposta o ci strutturiamo».

In Veneto la mancanza di alternative è un problema soprattutto politico. La Lega amministra la regione, le province e la maggior parte dei comuni, e la vittoria della destra alle ultime elezioni non permette agli amministratori locali di scaricare la colpa degli sbarchi sul governo. Come è più volte accaduto negli ultimi anni, per esempio durante la pandemia, Zaia ha scelto un orientamento molto istituzionale, forte di un largo consenso personale. Ma per i sindaci è più complicato gestire il consenso e le reazioni della popolazione dopo anni di violenta campagna contro i migranti portata avanti dalla Lega. I malumori sono già evidenti.

Intervistati dal Corriere del Veneto, diversi sindaci hanno accolto l’idea della regione con reazioni che vanno dal poco entusiasmo all’evidente contrarietà, e in generale sottolineano il fatto che, secondo loro, il territorio avrebbe già fatto la sua parte. «Lo Stato faccia lo Stato, non possono essere i sindaci a farsi carico di questi problemi», ha detto Marcello Bano, sindaco di Noventa Padovana. «Quando avrò case disponibili le darò ai miei cittadini. Per i profughi veri abbiamo già dato disponibilità, non possiamo andare oltre. Qualsiasi aumento di carico sarebbe considerato un atto di guerra e verrà come tale gestito». Altri sindaci leghisti sono meno irruenti. Alessandro Aggio, sindaco di Cona, dice di essere favorevole solo se parteciperanno anche gli altri comuni. «Ma spero che Cona sia l’ultimo coinvolto, visto che ha già dato».

I sindaci che si sono trovati i migranti in piazza si sono appellati al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, per chiedere una gestione migliore dell’accoglienza, e Piantedosi ha chiamato il prefetto di Vicenza per capire cosa non ha funzionato. Giovedì era in programma una riunione tra la prefettura e una sessantina di sindaci sul tema dell’accoglienza, ma l’intervento dei sindaci ha generato una certa tensione tra le parti e l’incontro è saltato.