Molti a Hollywood non sopportano più Rotten Tomatoes

Il popolare sito che aggrega recensioni e assegna una percentuale ai film è diventato estremamente influente, forse troppo

(AP Photo/Anupam Nath, file)
(AP Photo/Anupam Nath, file)
Caricamento player

Da 25 anni uno dei metodi più utilizzati online per farsi un’idea riguardo al gradimento dei film al cinema o in streaming è consultare Rotten Tomatoes, sito che aggrega recensioni in lingua inglese e le sintetizza in una percentuale che esprime quante di queste siano positive. Il sistema prevede che un film viene considerato “rotten”, cioè marcio, se la percentuale di recensioni aggregate è inferiore al 60% e “fresh”, cioè maturo, se superiore (un pomodoro rosso identifica il verdetto visivamente). Se poi le recensioni positive sono più del 75% del totale il film è etichettato come “certified fresh”, cioè dalla freschezza certificata.

La percentuale viene calcolata in base alle recensioni che il sito aggrega e linka (con una piccola anteprima del testo), ognuna a sua volta etichettata come “fresh” o “rotten” a seconda che promuova o meno il film. Oltre a questo giudizio poi c’è anche la percentuale di gradimento del pubblico, che segue criteri simili ma a partire dalle segnalazioni degli utenti del sito, ed è identificato con un’icona diversa: un sacchetto di popcorn (e quindi non indica se il film è considerato “fresh” o “rotten”, come succede per la critica). Il sito è americano, ma è utilizzato e noto ampiamente anche in Italia.

Rotten Tomatoes in sostanza non esprime un proprio giudizio né ha dei critici o del personale incaricato alla valutazione dei film: semplicemente i redattori del sito cercano, leggono e aggregano le recensioni online, per poi sintetizzarne la posizione. Eppure è periodicamente accusato da chi i film li fa (registi ma più spesso produttori) di influire sulla vendita dei biglietti e quindi sugli incassi dei film. Nel 2017 ci fu un’ondata particolarmente dura di critiche perché, per una coincidenza, diversi film importanti e attesi avevano ricevuto critiche negative e quindi erano presentati con un punteggio basso su Rotten Tomatoes. La cosa aveva dato l’impressione di una sorta di atteggiamento ostile nei confronti di Hollywood, e il sito era stato accusato di disincentivare la pratica di andare al cinema.

Era capitato tra gli altri all’adattamento di Baywatch (18%), di La mummia (16%), a King Arthur (29%) e a I pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar (30%). In molti nell’industria avevano imputato il problema al fatto che il sistema è influenzabile da gruppi organizzati, che pubblicano in blocco recensioni negative su siti esterni e poi le inseriscono su Rotten Tomatoes, abbassando la percentuale. Altri più in generale sono contrari al fatto che il risultato dell’aggregazione di qualche decina di pareri possa influenzare l’affluenza in sala di milioni di persone. Il produttore Brett Ratner, il cui film Batman v Superman aveva ricevuto un punteggio di 27%, aveva definito Rotten Tomatoes: «La cosa peggiore che esista nella cultura cinematografica di oggi».

Quando fu fondato nel 1998 dagli studenti della USC (University of Southern California, una delle università più importanti per quanto riguarda gli studi di cinema) Senh Duong, Patrick Y. Lee e Stephen Wang, Rotten Tomatoes era programmato interamente a mano e le recensioni erano cercate una per una. Oggi c’è una squadra di 30 persone che lavora al mantenimento del sito e una serie di pratiche è automatizzata, ma non la valutazione dei film. Spesso è semplice decidere se una recensione sia positiva o meno, e quindi se alzerà la percentuale o la abbasserà, perché molti siti includono un voto in stelle o in numeri. In altri casi però, se la valutazione numerica manca, può essere complicato stabilire se il complesso di pregi e difetti elencati alla fine diano o no un bilancio positivo. Secondo la stessa dirigenza di Rotten Tomatoes non è raro che le case di distribuzione facciano notare che certe recensioni che il sito etichetta come negative in realtà sono più positive. Talvolta il voto viene corretto.

La differenza rispetto al 1998 è che all’epoca i critici erano meno di oggi (come anche le testate) e i film erano di più, mentre oggi blog, podcast, canali YouTube e testate che scrivono recensioni sono aumentate, mentre i film di cui si parla di più sono diminuiti. Uno dei pregi riconosciuti a Rotten Tomatoes sta proprio nell’aggregare fonti diverse mettendole sullo stesso piano. Se si guarda alle recensioni della categoria “top critics” ci sono i critici più importanti e riconosciuti a prescindere che scrivano su testate molto lette oppure più piccole o locali. La cosa evita la fossilizzazione su un tipo di opinioni e favorisce un ricambio.

Sei anni dopo la fondazione, Senh Dung vendette l’azienda a IGN Entertainment, che a sua volta fu acquisita da News Corp nel 2005. Rotten Tomatoes è stato quindi per molto tempo sotto la stessa proprietà della 20th Century Fox. Nel 2010 fu venduto ancora alla startup Flixster che fu poi comprata dalla Warner, finendo di nuovo sotto uno studio di produzione importante. Nel 2016 infine Fandango, una società del gruppo Comcast che possiede anche la Universal Pictures, comprò Flixster lasciando una piccola percentuale di proprietà alla Warner. Rotten Tomatoes quindi appartiene ai maggiori studios americani anche se ha sempre stroncato i film dei propri proprietari. Ad oggi il bollino con il pomodoro (o quello ancora più prestigioso “certified fresh”) è utilizzato in molte sedi per accompagnare i film, come ad esempio sulle piattaforme di noleggio.

Nel 2017 una ricerca della National Research Group commissionata dagli studi hollywoodiani dimostrò che circa il 50% del pubblico che frequenta abitualmente le sale (non solo giovane ma anche sopra i 45 anni) controlla spesso il sito per informarsi prima di una decisione. L’82% del campione intervistato inoltre era più incline a vedere un film se questo aveva una percentuale alta di recensioni positive e al contrario meno incline se la percentuale era bassa. Eppure, sempre nel 2017, uno studio della USC sostenne invece che non esista correlazione tra le percentuali di Rotten Tomatoes e l’incasso dei film. Molto spesso inoltre, sempre secondo lo studio, le percentuali della critica e quelle del pubblico su Rotten Tomatoes tendono a coincidere, cosa che indicherebbe una sorta di allineamento tra il giudizio complessivo delle recensioni e il gradimento delle persone.

I problemi di Rotten Tomatoes sembrano in effetti emergere soprattutto a ridosso dell’uscita dei film maggiori, e poi a risolversi con il passare delle settimane e l’equilibrarsi dei contributi e delle recensioni. Spesso l’accoglienza della critica è molto diversa da quella del pubblico e alle volte gruppi organizzati di utenti pubblicano recensioni negative su siti o blog creati appositamente, caricandole poi su Rotten Tomatoes perché abbassino la percentuale di voto attribuita alla critica (pratica nota come “review bombing”).

Nonostante le recensioni dei critici che scrivono su testate considerate importanti siano separate dalle recensioni di blog o podcast nati da poco e scarsamente influenti, anche quelle meno rilevanti contribuiscono alla grande media che forma il giudizio più sintetico (“fresh” o “rotten”). Trenta o anche cinquanta recensioni su siti inventati apposta possono quindi influire sulla percentuale che gli utenti vedono non appena un film esce in sala almeno per le prime ore o i primi giorni, quando le recensioni di un grande film sono poche. Di solito poi passate un paio di settimane le recensioni pubblicate su siti esterni che influiscono sulla media della critica di Rotten Tomatoes, che poi è la più importante e consultata, possono anche superare le 200 nel caso di un film come Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno.

Pochi mesi fa il regista M. Night Shyamalan, nelle interviste promozionali per il suo nuovo film Bussano alla porta, aveva parlato di Rotten Tomatoes esprimendo un’opinione in passato condivisa da molti altri, cioè che il sito abbia introdotto una stortura nel sistema e che molto di quello che Hollywood produce oggi venga da questa stortura. «Nel 1998 [anno di fondazione di Rotten Tomatoes, ndr] le cose non stavano come oggi, eravamo un’industria di film originali e si decideva quali fare chiedendosi cose come ‘Avranno un impatto?’, ‘È qualcosa che non abbiamo mai visto prima?’, quelli erano i metri di valutazione […] Oggi un gruppo di 200 persone dice quel che pensa sia arte e il pubblico riceve la loro reazione aggregata. O almeno è quello che vedi. Il sistema prende molte più decisioni senza che lo sappiamo».

Tra critici e addetti ai lavori c’è chi pensa che il proliferare di film che sono tratti da proprietà intellettuali (cioè la cui storia o i cui personaggi sono già marchi registrati, come avviene per i film da fumetti, per gli adattamenti di romanzi, i sequel, i remake, le linee di giocattoli e via dicendo), quella che viene considerata come una crisi di contenuti originali, venga dall’esigenza di compiacere quei fan che si fanno sentire online su siti come Rotten Tomatoes e che si pensa possano guidare il successo di un film. Al contrario un film originale, che non fa riferimento a niente di noto, ha bisogno di più tempo e fiducia per farsi vedere. I film di M. Night Shyamalan nel 50% dei casi hanno ricevuto percentuali negative su Rotten Tomatoes: l’ultimo, Bussano alla porta, al momento ha un punteggio di 67%, quindi “fresh”, una cosa che al regista non capitava dal 2016.

È vero che film molto importanti che prendono posizioni nette su questioni che vengono percepite come politicizzate, come per esempio Black Panther (il primo film di supereroi Marvel con protagonisti afroamericani che propone una figura eroica di origine africana), possono essere vittime di “review bombing”. Tuttavia per molti di quelli la percentuale va equilibrandosi nel tempo. Oggi il gradimento di Black Panther è altissimo: 96% dalla critica e 79% dagli spettatori. Rotten Tomatoes ha spesso spiegato di essere costantemente al lavoro per individuare e rimuovere finte recensioni mirate a screditare i film per ragioni ideologiche o politiche.

Anche per questo dal 2019 gli utenti possono postare le proprie recensioni solo dopo che i film escono in sala (per quanto possa sembrare strano, prima potevano farlo in anticipo). In certi casi, quando una mobilitazione politica contro un film è attesa come è capitato recentemente per il remake di La sirenetta, in cui la protagonista è interpretata da un’attrice di origine afroamericana e il cast è stato scelto per rappresentare etnie diverse, le società di distribuzione impongono un embargo alla pubblicazione delle recensioni molto vicino all’uscita del film, o lo stesso sito Rotten Tomatoes tarda a pubblicare le recensioni e la percentuale che sintetizza il giudizio della critica, per evitare il bombardamento fino all’ultimo momento.

È vero però anche il contrario. Recentemente un utente ha fatto notare su Twitter che film accolti negativamente al momento della loro presentazione a Cannes, come Indiana Jones e il quadrante del destino e Elemental, poi una volta usciti hanno visto un miglioramento radicale di percentuale. La spiegazione più logica è che sia dovuto alla grande quantità di recensioni positive arrivate da quella parte di utenti o di stampa che non era a Cannes e ha potuto vedere il film solo poco prima dell’uscita o direttamente in sala, e che lo ha apprezzato. Al contrario, la stampa che va a Cannes è quella professionale e poco influenzabile, meno fan e generalmente più equilibrata. Questo andamento rivela secondo molti come Rotten Tomatoes non sia affidabile, perché il primo voto frutto della particolare contingenza della presentazione a un pubblico ristretto rappresenta la valutazione reale (cioè negativa) della critica, mentre il secondo (quello che come sempre aggrega tutti i contributi) dimostra cosa accade ai film quando sono vittima del fandom.

Queste pratiche tese a influenzare la percezione del gradimento di un film però non sono né nuove né praticate solo online. Per controllare le recensioni (e quindi anche il gradimento dei primi giorni su Rotten Tomatoes) gli studios spesso organizzano proiezioni in anteprima a inviti con un tipo di pubblico già fan, o con alcuni critici che sanno essere più ricettivi per il tipo di film in questione, così da partire con un pacchetto di recensioni positive. Prima di internet lamentele simili erano rivolte alle recensioni sui quotidiani e alla stessa maniera in certi casi si evitava di proiettare film per la stampa se questi erano a forte rischio stroncatura (anche in Italia: ad esempio per decenni Aurelio De Laurentiis non ha proiettato i suoi film di Natale, noti anche come cinepanettoni, alla critica), oppure li si faceva vedere solo ai critici che già si sapeva essere amanti del genere. Da quando esiste, Rotten Tomatoes consente anche a parte del pubblico (se organizzato) di avere un ruolo in questo processo.

– Leggi anche: L’epoca d’oro dei fandom