La paradossale polemica sul colore della pelle della Sirenetta

In un film della Disney la interpreterà un'attrice afroamericana: molte persone, infastidite, sostengono che non sia realistico

Dal trailer di "La Sirenetta"
Dal trailer di "La Sirenetta"
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Lo scorso fine settimana ad Anaheim, in California, si è svolto D23 Expo, l’evento fieristico biennale in cui Disney presenta le sue più importanti novità. Tra queste c’era l’atteso trailer del film La Sirenetta, che uscirà nel 2023 e sarà – come già successo per molti altri – la versione in live action (cioè con attori veri) del famoso cartone animato del 1989. Col trailer è stato rivelato per la prima volta che Ariel, la sirena protagonista della storia, sarà interpretata dalla cantante e attrice afroamericana Halle Bailey e sarà quindi una Sirenetta con la pelle molto più scura di quella bianca del personaggio d’animazione.

La reazione di una parte del pubblico è stata la stessa di quando l’attore senegalese Omar Sy aveva interpretato la serie su Lupin nel 2021, o di quando nella serie tv Bridgerton del 2020 la regina Carlotta era stata impersonata dall’attrice di origini guyanesi Golda Rosheuvel. Sui social network la scelta di Bailey è stata molto criticata, provocando un dibattito online che è diventato poi un dibattito sulla stampa, negli Stati Uniti ma anche in Italia. Questo genere di polemiche, animate spesso da pregiudizi razzisti, non sono di per sé una novità, ma nel caso della Sirenetta la discussione ha raggiunto dimensioni forse inedite, tanto da apparire ridicola – oltre che sterile – a molte persone che invece non vedono nessun problema, anzi, nel fatto che l’attrice scelta per il ruolo sia nera.

È un momento in cui i rifacimenti cinematografici e televisivi vanno forte e succede sempre più spesso che, volendo riproporre storie e personaggi già noti, vengano fatte scelte di cast “originali”, orientate a superare i limiti della tradizionale rappresentazione bianca del cinema americano. Solo per citare i due esempi più recenti, la serie tv House of Dragon, ispirata all’immaginario del Trono di Spade, e la serie Gli anelli del potere, ispirata alla saga del Signore degli anelli, hanno incluso diverse attrici e attori non bianchi: una grossa novità rispetto ai film e alla serie da cui derivano (e che non sono neanche così vecchi).

Un altro caso recente è stato il rifacimento Disney di Pinocchio, uscito la scorsa settimana, dove la Fata Turchina è interpretata dall’attrice britannica Cynthia Erivo, che oltre a essere nera ha anche i capelli cortissimi e appare quindi molto diversa dalla fatina originale del film.

In tutti questi casi le critiche razziste non sono mancate, almeno sui social network. Solitamente fanno leva su due argomenti principali: da un lato sulla percepita rottura del legame nostalgico tra gli spettatori e i personaggi a cui erano affezionati da giovani, e dall’altro sulla presunta debolezza di un’industria cinematografica che rinuncia ai propri capisaldi per assecondare la cultura del cosiddetto “politicamente corretto”. In un articolo uscito sul Fatto Quotidiano, l’attrice Francesca Petretto ha per esempio sostenuto che «mutare le fattezze di un personaggio ormai storico, amatissimo e presente in ogni libro, t-shirt o zaino dei nostri figli, non ti ergerà improvvisamente a paladino dell’inclusione. Servirà solo a rovinare un sogno».

Il video del trailer pubblicato da Disney su YouTube è stato riempito di commenti polemici o provocatori, e ha ricevuto un milione e mezzo di “pollici in basso” (un dato che al contrario dei “like” è visibile solo con un’estensione apposta). Un utente di Twitter ha usato un programma informatico per modificare l’immagine di Halle Bailey nel trailer e “sbiancarla” (non solo modificandole il colore della pelle, ma cambiandole completamente i tratti del viso) e ha rassicurato i suoi follower del fatto che avrebbe fatto lo stesso con tutte le scene del film una volta uscito. Il suo account è stato sospeso da Twitter e riabilitato poco dopo.

In una argomentazione che più di altre è stata giudicata ridicola e paradossale, molte persone hanno provato a sostenere che non sia possibile che una sirena abbia la pelle nera, usando ragionamenti che implicitamente riconducono le sirene alla realtà invece che all’immaginazione.

Alcuni hanno ipotizzato che le sirene non abbiano bisogno della melanina per vivere in fondo al mare, dove non arriva la luce del sole, e per questo hanno certamente la pelle bianchissima. Altri ancora hanno seguito un approccio filologico, sostenendo che visto che la storia originale è stata scritta da un autore danese, Hans Christian Andersen, allora anche la sua protagonista deve essere danese e quindi bianca. Trascurando che la storia originale di Andersen è molto diversa da quella della Disney.

C’è stato anche qualcuno che ha provato a rispondere seriamente alla questione della melanina o a disquisire della provenienza geografica delle sirene secondo la leggenda. Più spesso chi era in disaccordo ha provato a far notare l’assurdità di andare in cerca di ragioni incontestabili per cui la Sirenetta non possa essere nera.

L’attrice Linda Carter si è inserita nel dibattito ricordando che si sta pur sempre parlando di una donna che è metà pesce, che vive in fondo al mare e il cui migliore amico è un granchio parlante. Sul Guardian Stuart Heritage ha fatto anche notare che considerato il poco entusiasmo che hanno riscosso i film in live-action di Disney fino a qui, «ci sono molte valide ragioni per non guardare La Sirenetta», anche senza mettersi a discutere della scelta dell’attrice.

 

Dopo giorni di dibattiti online, l’argomento che sembra aver preso il sopravvento e aver forse chiuso la polemica, almeno per ora, è quello dell’importanza di dare a bambine e bambini dei personaggi in cui identificarsi. Online hanno infatti cominciato a circolare decine di video – più o meno spontanei, più o meno commoventi – fatti da genitori afroamericani alle loro figlie, che guardando per la prima volta il trailer della Sirenetta reagiscono con stupito entusiasmo al fatto che sia «come me».